Il Rome Independent Film Festival apre con White Paradise di Gillaume Renusson

Abbiamo intervistato il regista del thriller a sfondo sociale con Denis Ménochet (As bestas) e Zar Amir Ebrahimi (premiata a Cannes per Holy Spider), in arrivo a marzo per No.Mad.

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Un avvio all’insegna del thriller e della riflessione sulle dinamiche e derive della nostra attualità quello del 22° RIFF – Rome Independent Film Festival (16-24 novembre) con il film White Paradise – Sopravvissuti (Les survivants, a marzo nelle sale italiane per No.Mad Entertainment), presentato il 17 novembre al Nuovo Cinema Aquila con la partecipazione del regista Guillaume Renusson.

Al centro, l’incontro tra Samuel (Denis Ménochet) e Chehreh (Zar Amir Ebrahimi): lui è rimasto da poco vedovo con una figlia piccola, tormentato dal senso di colpa per l’incidente che ha causato la morte della moglie. Lei è una migrante afghana irregolare inseguita dalla polizia. I due si incontrano casualmente nella baita di Samuel sulle Alpi Italiane, dove l’uomo si è cupamente ritirato e dove la donna cerca scampo dal gelo dell’inverno a 3000 metri di altezza.

La trama, racconta il regista, prende spunto «non da una sola, ma da più storie vere: ho incontrato molti rifugiati con cui ho girato dei corti. Mentre scrivevo White Paradise volevo esplorare diversi temi, ma il principale era il parallelismo tra diversi dolori: quello di chi, come Samuel, ha perso qualcuno e soffre di depressione per questo, e quello di una rifugiata come Chehreh che ha lasciato la sua terra». La vicenda prenderà una piega ad altissima tensione quando i due saranno raggiunti da una banda di residenti xenofobi decisi a dare la caccia ai migranti che tentano di attraversare la vicina frontiera.

Il western, non a caso, è un richiamo esplicito di Renusson, che tra le sue maggiori fonti di ispirazione cita, oltre a Essential Killing di Jerzy Skolimowski e Dersu Uzala – Il piccolo uomo delle grandi pianure di Akira Kurosawa, anche un memorabile (e innevato) esemplare italiano del genere, Il grande silenzio di Sergio Corbucci: «C’è stata una riedizione alcuni anni fa», ricorda il regista, «lo adoro, con un folle Klaus Kinski, e può essere letto come una denuncia del fascismo».

All’intensità di White Paradise, però, oltre alla suggestiva ambientazione sulle montagne ghiacciate, contribuiscono non poco le performance dei due interpreti principali: «Zar è Chehreh, anche lei ha lasciato il suo Paese, l’Iran, e durante il casting mi ha detto: “Io sono Chehreh”. Tra l’altro, le chiavi che il personaggio porta con sé nel film sono proprio quelle di Zar, della casa che ha lasciato a Teheran. L’idea mi è venuta quando stavo scrivendo il film: ero andato a una mostra fotografica dove l’autore aveva fotografato delle chiavi irachene nella sua mano, e la didascalia recitava: “Sono le mie chiavi ma so che non tornerò mai a casa».

Denis Ménochet e Zar Amir Ebrahimi in White Paradise.

Denis Ménochet, dal canto suo, «era a Londra quando ha letto la sceneggiatura, mi ha chiamato e mi ha chiesto se volessi raggiungerlo, mi sono detto: “Sto andando a Londra a passare tre giorni con Denis Ménochet, e anche se dicesse di no saranno stati comunque tre giorni con Denis Ménochet!”. Oggi è uno dei migliori amici, quando c’è stato lo stop della lavorazione a causa del Covid, all’inizio è stato orribile, non sapevo come ne saremmo potuti uscire, e durante tutti quei dieci mesi mi ha chiamato spessissimo, per sapere come stavo e dirmi di non preoccuparmi. Penso che abbiamo costruito questo film insieme».

Il film, infatti, ha avuto un iter lungo e travagliato a causa del Coronavirus e relativo lockdown, che ha costretto a interrompere le riprese, nel marzo 2020, dopo una sola settimana. «Ero preparato a tutto ma non a una pandemia», confessa Renusson, «ed era il mio primo lungometraggio! Non dimenticherò mai quando, davanti a quaranta persone, ho detto semplicemente: “Dobbiamo tornare a casa dalle nostre famiglie. Ma non è finita!”. Quando, dieci mesi dopo, ho detto nuovamente “Azione!” è stato molto toccante».

E, prima ancora del debutto di White Paradise, Ménochet e Ebrahimi hanno fatto in tempo a lavorare e ad essere acclamati rispettivamente in As bestas (dove l’attore francese interpreta proprio un immigrato) e Holy Spider, che è valso all’attrice il riconoscimento come miglior interprete femminile al Festival di Cannes: «È stato incredibile», rammenta il cineasta, «ero lì quando Zar Amir ha ricevuto il premio, ed è stata annunciata da Denis!».