Dopo l’annuncio dei vincitori della 79esima edizione dei Nastri d’Argento, lunedì 16 giugno al Maxxi di Roma va in scena la cerimonia di premiazione del premio organizzato dal SNGCI, Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani, con il sostegno del MiC – Ministero della Cultura Direzione Generale Cinema e audiovisivo. Una serata di quelle da non perdere, per il cinema italiano, nella quale vedremo sfilare molti dei protagonisti della stagione e non solo, a partire dai vincitori dei Premi speciali come Andrea Segre e Marco Pettenello, Barbara Ronchi, la Parthenope Celeste Dalla Porta e Francesco Gheghi, fino a “l’esordiente più giovane della stagione” Rachele Potrich.
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Primo premio assegnato a Diamanti, film dell’anno. È salito sul palco tutto il cast diretto da Ferzan Ozpetek. Prende la parola Geppi Cucciari:
«Sono felicissima che questo gruppo abbia quest’oggi una celebrazione così bella. Quando si è saputo che Ferzan voleva mettere insieme tutte queste donne, si è molto temuto per la salubrità mentale delle medesime e per la sua. Invece sono nate delle amicizie. Questo film non è finito quando è finito, è una magia del cinema rimanere dentro. Noi tutte siamo tornate a casa con qualcosa che non ha solo a che fare con il lavoro. Grazie a Ferzan e a tutti noi, grazie»
Sale sul palco Francesca Comencini per Il treno dei bambini:
«Questo premio è bellissimo, voglio dire due cose. La prima è che sono molto contenta perché quest’anno, e anche l’anno scorso, ci sono stati dei film bellissimi. Sosteniamolo. I film erano bellissimi, sono bellissimi. E hanno dentro due cose: che o sono fatti da donne o hanno dentro un sacco di donne. E dunque penso che questo sia un enorme valore giunto per il cinema italiano, per tutti. E poi voglio dire una cosa un po’ più privata. Mio padre non era un uomo che si contentava ed era felice, cioè non era tanto contento. Stava sul cartonato che mia madre gli aveva messo sulla porta dell’ufficio: «Ridere fa bene». E io penso che stasera, vedendoci, forse un po’ contento sarebbe. Grazie, grazie mille, grazie. Un premio bellissimo, grazie»
Greta Scarano premiata per La vita da grandi:
«Grazie a tutti, grazie di cuore al sindacato dei giornalisti che ha aiutato tantissimo il film quando è uscito con le vostre recensioni positive avete scatenato un passaparola virtuoso che ci ha aiutato molto. Devo condividere questo premio che veramente mi emoziona tantissimo con i miei produttori, i miei distributori, tutto il cast artistico che ci ha messo tanto cuore. Tutte le persone che ci hanno lavorato e soprattutto chi questa storia l’ha vissuta per davvero, che sono i fratelli Dardenne, che mi hanno generosamente concesso l’opportunità di raccontare la loro storia. Io non voglio, come ha detto anche Libero in un bellissimo momento ai David qualche anno fa, non voglio rovinare la festa a nessuno, penso che questo possa essere un momento di bellissima celebrazione però mentre noi celebriamo la nostra arte, i nostri film, la nostra cultura a poche centinaia di chilometri in distanza da noi si sta consumando un genocidio che sta radendo al suolo anche la cultura, l’arte, la bellezza del popolo palestinese e siccome i nostri rappresentanti non si degnano neanche di dire delle parole di pietà nei confronti delle tante persone che sono state uccise in questi 19 mesi, io ritengo che sia doveroso che noi continuiamo a parlarne perché per me il silenzio e l’indifferenza non sono un’opzione. Grazie mille»
Barbara Ronchi premiata con il Premio Nino Manfredi
«Questo è uno dei premi più belli che abbia ricevuto. Mi ha commosso la motivazione. Non lo so, vedere accostato il mio nome a quello di Nino Manfredi è stato bello. È sempre stato uno dei miei riferimenti con la sua tragicommedia. Quella grazia lì, quella malinconia e ironia, è qualcosa che mi ha sempre accompagnato. Tant’è che in accademia, così per dirne una, c’è una fase che devi affrontare, oltre al monologo e al dialogo per entrare, che è quella della canzone. Devi portare una canzone e io la dovevo scegliere. All’inizio pensavo, beh, forse deve essere qualcosa che faccia sentire, non so, l’istinto, qualcosa che faccia sentire la forza, la potenza, però mi sentivo un po’ ridicola. Anche solo a pensare a questa cosa. Allora ho detto… io porto la mia canzone preferita. E la mia canzone preferita era Tanto pe Cantà. Quella è stata il mio ingresso in accademia, quindi è meraviglioso. È un cerchio che si chiude. Grazie»
Premiato come miglior attore Pietro Castellitto per Diva Futura.
«Non si recita mai da soli, quindi condivido questo premio con tutti gli altri attori e soprattutto attrici che hanno preso parte al progetto. Il grazie più grande va Giulia Steigerwalt che ci ha diretti, con la sua delicata potenza, e che mi ha dato moltissima fiducia fin da subito. Non ho mai avuto così tanta fiducia gratuita nella mia vita. Grazie a tutti voi»
Francesco Di Leva riceve il Nastro come miglio attore per Familia
«Volevo ringraziare la produzione di questo film. Vi voglio ringraziare perché in questi tempi, dove tutto sembra semplice, non è facile leggere una sceneggiatura e capire che è un film necessario dall’inizio, dalle pagine di una sceneggiatura. Voglio ringraziare Valentina Segre, non l’ho mai fatto pubblicamente. Grazie. Perché mi coccoli. Perché sei una agente strepitosa. Grazie perché prima di me sapevi che dovevo fare questo film.
Questo è l’anno delle maestranze, grazie al Ministro che finalmente ci sta ascoltando. Proprio in merito alle maestranze, il personaggio, che un po’ ce lo siamo dimenticati, è stato creato grazie a delle persone che hanno fatto questo film insieme a noi, che è Luca Costigliolo, che è il nostro costumista, e Maria Sansone, che ne ha curato il parrucco. Grazie ai loro dettagli io sono riuscito a calarmi in quello che è Franco Celeste, sono riuscito ad abitarlo. Ricordiamolo che questa è una storia vera, purtroppo. E appunto per questo dedico questo film a tutti gli uomini e a tutte le donne che si oppongono alla violenza. A tutti»
Francesco Gheghi premiato per Familia
«Volevo ringraziare Francesco Costabile per il suo momento, per averlo condiviso con me, e volevo ringraziare tutti gli attori del cast, ma soprattutto Francesco Di Leva e Barbara Ronchi, perché mi hanno sempre trattato come un giovane professionista, e non come un giovane fortunato, e questa è una cosa molto importante per me. È vero, sì, sono giovane, e la giovinezza è una cosa importante, è un privilegio. Ma ce ne accorgiamo solo invecchiando. Io ho 23 anni, e quello che mi vivo oggi per me è la vita. Volevo condividere e dedicare, per quello che vale, questo premio a tutti i bambini in tutte le parti del mondo a cui è stata tolta la possibilità di essere bambini e di crescere, di avere una giovinezza serena. Grazie»
Celeste Dalla Porta premiata con il Premio Biraghi per Parhenope
«È un premio importantissimo perché riconosce gli attori emergenti. Sono felicissima e orgogliosa di condividerlo con Francesco Gheghi e con tutti gli altri che ci saranno. Ringrazio tutte le persone con cui ho lavorato nel film e naturalmente Paolo Sorrentino, perché senza di lui non sarei qui. Grazie»
Premio per la sceneggiatura Nastri SIAE ad Andrea SEGRE e Marco PETTENELLO per Berlinguer – La grande ambizione
Marco Pettenello:
«Volevo fare un pensiero su questo nostro mestiere così bello, che io faccio ormai da diversi anni. Lo amo tantissimo, ma è diventata un’abitudine, una bellissima abitudine. C’è gente più giovane di noi, per cui fare quello che noi facciamo tutti i giorni è un sogno. E le circostanze più recenti fanno sì che la realizzazione di questo sogno sia diventata un po’ più difficile. Spero che questo cambi, perché abbiamo bisogno di nuove persone, nuove intelligenze, nuovi cuori, nuove idee»
Andrea Segre:
«Per fare il film abbiamo passato molti mesi in mezzo a tanti discorsi e tante riflessioni. Alcune abbiamo dovuto tagliarle, questo è il nostro mestiere. Però ce n’è una che ha scritto Enrico Berlinguer l’11 maggio del 1984 che non abbiamo potuto inserire nel film perché il film è fino a 1978. Ma mi sembra fondamentale leggerla oggi. Noi abbiamo deciso di leggerla insieme:
“Se il problema degli armamenti è visto come una rincorsa continua e reciproca tra le grandi potenze per ristabilire un equilibrio ritenuto alterato in questa o quell’area, per questo e quel tipo di arma, allora la spirale sarà sempre verso l’alto. La concezione dominante conduce a riarmarsi continuamente, con l’argomento che così si faciliterebbe il negoziato. Ciò è del tutto sbagliato, perché l’altra parte a sua volta reagisce e si innesca fatalmente un processo di misure e contromisure che non ha fine. Noi pensiamo che la logica debba essere un’altra. Quando si ritiene che si sia creato uno studio, la prima cosa da fare è il negoziato perché si torni alla situazione precedente. Solo così si può avviare un reale processo di riduzione graduale e bilanciata che è la premessa per arrivare a forme effettive di disarmo. Una condizione non sufficiente, ma certamente fondamentale per la salvaguardia della pace e per la costruzione di un nuovo sistema di relazioni internazionali”
Luca Zingaretti premiato per La casa degli sguardi:
«È un film frutto di una lunga ricerca, un pensiero che ha preso forma nel tempo.
Ci abbiamo pensato a lungo, abbiamo scritto molto, e spesso riscritto, perché non eravamo soddisfatti. Il primo materiale non ci convinceva. E alla fine ci siamo concessi il tempo giusto, il tempo che ogni film merita. Dalla scrittura al risultato finale è passato, credo, almeno un anno e mezzo. Il minimo indispensabile, se si vuole davvero entrare in una storia. Alle spalle c’era un libro. E, come sempre accade quando si lavora su un libro, si finisce per sezionarlo, per leggerlo e poi, in qualche modo, per tradirlo un po’. Io ripeto sempre quello che mi diceva Suso Cecchi d’Amico:
«Se ti troverai nella necessità di trasporre un libro in un racconto per immagini, ti troverai nella necessità di doverlo tradurre. Perché sono codici talmente diversi, che non funzionerebbe altrimenti»
E allora sì, l’abbiamo tradito, ma con rispetto. Perché volevamo restituire il senso più profondo di quel libro. E quando Daniele Mencarelli mi ha detto:
“Questo non è il mio libro, ma è il mio libro”.. beh, credo che abbiamo fatto centro.
«Questo film è stato un viaggio emotivo, un percorso speciale, e sì: sono molto felice che venga riconosciuto oggi. Voglio ringraziare il Sindacato Nazionale dei Giornalisti Cinematografici, perché questo premio viene proprio da voi. E se è vero che un premio è un riconoscimento, allora essere riconosciuti da chi racconta il nostro lavoro ogni giorno, e lo porta anche in giro per il mondo, è davvero importante. Quindi grazie, davvero. E grazie a tutte le persone che hanno fatto il film con me: dai macchinisti agli elettricisti, dai collaboratori più stretti a ogni singolo reparto. Perché io penso che un film sia sempre un’opera collettiva, in cui ognuno mette un pezzetto di sapienza, di amore, di pazienza. È così che si arriva, insieme, a qualcosa che, lasciatemi dire, è sì piccolo, ma anche grande. Infine, voglio ringraziare una donna a cui devo molto: la mia agente, Moira Mazzantini. Anni fa ci siamo fatti una promessa. E, fino ad ora, le abbiamo mantenute tutte»
Ludovica Nasti premiata con il premio Nuovo Imaie per La storia del Frank e della Nina:
«Per me è un grandissimo onore e una fortissima emozione. Ricevere un premio è sempre qualcosa che fa piacere. Ma per me, lo è ancora di più, perché mi è stato assegnato per un progetto che ho amato sin dall’inizio e per un personaggio, quello di Nina, che porterò per sempre dentro di me. Grazie a Fandango, ai produttori, e alla mitica Paola Randi, una regista unica, attentissima, che ha curato ogni minimo dettaglio del film. Le sono grata per avermi affidato un personaggio così bello, così pieno di senso. Nina è la donna che si riscatta. È una donna che ci crede fino in fondo: nell’amore per la vita, nell’amore per i figli, nell’amore, necessario, per se stessi. Porta con sé un messaggio importante, di speranza, per tutte le donne che vivono in silenzio la violenza domestica. Infine, questo premio, e può sembrare scontato, ma non lo è mai per me, lo dedico alla mia famiglia, che mi sostiene da sempre con una presenza costante. E lo voglio dedicare anche a Carolina, Riccardo e Rosa, tre bambini che ho incontrato pochi giorni fa all’ospedale oncologico Santobono di Napoli, che è stato anche il mio ospedale. Questo è anche il loro premio. Perché, proprio come Nina, anche loro meritano un riscatto. E io il mio riscatto l’ho avuto. E lo sto ancora avendo. Grazie di cuore»
Paolo Genovese e il cast di Follemente premiati con il Nastro alla miglior commedia:
«Un grazie enorme al Sindacato Nazionale dei Giornalisti Cinematografici Italiani per questo premio dedicato alla commedia. Non sono molti i festival che premiano questo genere, che invece è meraviglioso e nobilissimo. Un ringraziamento, ovviamente, anche a tutti i produttori. Questo è il quindicesimo anno del premio alla commedia, e non è stato un anno facile. Proprio per questo voglio dedicare questo premio non solo a chi è sul palco, ma a chi è dietro le quinte. Lo dedico alla mia troupe. Un gruppo di ragazzi e ragazze straordinari, che spesso non finiscono sui manifesti, ma che ci sono sempre, sul set, ogni giorno, a lavorare sodo. Tornano da un film all’altro, anche se a volte passano mesi difficili, e lo fanno con il sorriso. Senza di loro non potremmo raccontare nessuna storia. E non solo la mia troupe, ma tutte le troupe italiane. Persone ideali per la commedia, certo, ma anche per il dramma, come in questo momento. Sempre disponibili, sempre presenti. A loro va questa dedica. Grazie.»
Gabriele Mainetti premiato per la miglior regia per La città proibita
«Ringrazio il Sindacato per questo bellissimo premio. È stato il nostro tentativo un po’ audace di creare una combustione tra un dramma popolare e un kung fu movie. Da sempre mi trovo a difendere il cinema di genere, perché in Italia si frequenta ancora troppo poco, nonostante la grande tradizione che abbiamo alle spalle. Per questo motivo sono davvero felice che oggi sia stato riconosciuto un progetto così particolare. Un film d’arti marziali, un film di genere vero, ha bisogno di un produttore folle che creda nella visione e decida di seguirla fino in fondo. E io quel produttore l’ho trovato: grazie a Mario Gianani, per avermi sostenuto con così tanta fiducia e per aver affrontato con me quest’avventura decisamente fuori dagli schemi. L’idea era capire cosa potesse succedere se due culture così diverse entrassero davvero in un rapporto dialogico. Da una parte c’era il contesto italiano, con la sua umanità più popolare e viscerale, e dall’altra un universo completamente differente… Voglio ringraziare Enrico Borello, che è stato fondamentale, e soprattutto Yaxi, che è una stuntwoman e non un’attrice professionista. Un mio amico mi ha mandato il suo showreel su Instagram, dicendomi: “Guarda questa quanto mena!”. Io ho pensato: speriamo che sappia anche recitare… L’ho chiamata, abbiamo fatto un provino: aveva una storia incredibile, molto vicina a quella della protagonista. E da lì è nato tutto. È riuscita a portare sullo schermo un’intensità autentica, rara. Io mi innamoro prima delle anime, e poi degli attori»
Francesca Comencini per Il tempo che ci vuole
«Ringrazio profondamente le prime persone che hanno letto questa sceneggiatura: Marco Bellocchio, Simone Gattoni e Francesca Calvelli. Ricordo perfettamente il giorno in cui sono entrata in quell’ufficio in via Nomentana: era un giorno ancora segnato dalle mascherine, ma per me è stato uno dei più felici della mia vita. Ho sentito fiducia.
La fiducia di un maestro come Marco Bellocchio, che considero un valore preziosissimo.
Mi ha spinto, mi ha resa libera, e insieme a Simone Gattoni ha protetto questo film. Li ringrazio con tutto il cuore. Questo è un premio alla sceneggiatura, e la fiducia è fondamentale per chi scrive. Oggi penso a chi sta scrivendo adesso.
Penso soprattutto ai giovani e alle giovani sceneggiatrici e sceneggiatori, che hanno bisogno di questa fiducia, che devono potersi permettere anche di sbagliare, di sperimentare, di imparare. Devono avere accesso reale a questo mestiere, perché abbiamo bisogno delle loro storie, delle loro voci. È necessario un vero passaggio generazionale. Per questo motivo, nei due anni in cui ho avuto l’onore di essere presidente di Cento Autori, e oggi continuo a far parte del direttivo, mi sono impegnata, insieme alle altre associazioni degli autori, come ANAC ed EUG, su una battaglia che consideriamo cruciale:
l’introduzione di un contratto collettivo nazionale per sceneggiatori, sceneggiatrici, registi e registe. È inaccettabile che il nostro sia l’unico mestiere in questa filiera senza regole contrattuali. Serve una cornice minima, una “regola del gioco”, per citare un grande film, non per ideologia, ma per garantire accesso, sostenibilità e dignità professionale ai ragazzi e alle ragazze che vogliono scrivere e raccontare storie. Ci vorrà il tempo che ci vuole, ma siamo determinati. Insieme alle associazioni dei produttori, continueremo a discuterne, a confrontarci, e io sono certa che ci riusciremo. Grazie.»