La santa piccola, intervista a Silvia Brunelli

0
silvia brunelli la santa piccola

La santa piccola è stato uno dei film selezionati per Biennale College 2021, e come da regolamento è piccolo anche il film, girato con un budget fisso che prevede quindi lo sviluppo prima di tutto dell’ingegno e del talento di chi nell’opera infonde la sua passione. In questo caso Silvia Brunelli, regista che dopo la Laguna ha provato anche l’emozione di Londra, nella rassegna From Venice to London, organizzata dall’Istituto di cultura italiano nella capitale britannica.

E presto volerà a New York, dove La santa piccola avrà anche il battesimo del Tribeca Film Festival. Per ora si gode l’essere arrivata nei cinema, pochi ma con eccellenti possibilità di moltiplicarsi nei prossimi giorni. Se siete a Roma, lo potete vedere al cinema Madison fino al 27 aprile, per scoprire le altre sale basta andare sui profili social del film.

LEGGI ANCHE: Tribeca Film Festival 2022, il programma della nuova edizione

La santa piccola di Silvia Brunelli racconta la storia di Lino e Mario

Due amici cresciuti insieme come fratelli. Tutti e due lavorano sodo, Lino in particolare per dare sollievo alla sua famiglia, una madre depressa e una sorellina, Annaluce, a cui vorrebbe dare il mondo. Invece succede il contrario, perché un giorno Annaluce diventa una santa, piccola per l’appunto, capace di fare miracoli. E le vite di tutti cambieranno, soprattutto quelle di Lino e Mario.

Abbiamo avuto una piacevole conversazione con Silvia Brunelli poche ore prima della presentazione del film a Venezia 78. Emozioni non da poco che hanno portato bene.

Silvia, una bella soddisfazione essere selezionati a Biennale College. Qualche anno fa qui c’era un gioiellino come Orecchie, e gli portò grande fortuna.

È stata una sorpresa, ma al di là del risultato finale è stato tutto il percorso fatto all’interno di Biennale College il vero regalo, una grande crescita professionale. Poi certo, se La santa piccola avesse la stessa fortuna del film di Alessandro Aronadio sarebbe bellissimo, ma la cosa più importante è che possa essere il primo di una lunga serie.

Parliamo di come è nata La santa piccola.

Nasce da un percorso di scrittura fatto insieme alla sceneggiatrice Francesca Scanu. Insieme ci siamo ritrovate ad affrontare i tempi ristretti richiesti da Biennale College che sfidano i progetti selezionati a tirar fuori una sceneggiatura prima e un film poi molto velocemente. Il film è tratto dal romanzo omonimo di Vincenzo Restivo, ma con Francesca abbiamo da subito intrapreso un processo di riscrittura e adattamento, il libro ha una storia totalmente diversa così come anche i toni lo sono

silvia brunelli la santa piccola

La cosa molto interessante è che si tratta di un film al maschile scritto da due donne.

Ma sai, non è stato difficile per noi immedesimarci nei nostri protagonisti, un po’ perché parte di quello che raccontiamo di loro viene dal bagaglio personale di esperienze mio e di Francesca, e dall’altra parte perché sono dei ragazzi, hanno diciotto, diciannove anni, e non è stato difficile andare a ritrovare le sensazioni di quegli anni che per un maschio sono spesso più spensierate e semplici di quelle che può avere una ragazza della stessa età.

Sei riuscita anche a immedesimarti in una realtà diversa dalla tua, quella di Napoli, tu che sei romana.

A Napoli ho lasciato un pezzo di cuore, nonostante la lavorazione del film sia stata veramente complessa. Napoli è una città difficile a livello di logistica e gestione, ancora di più per un set che si è dovuto confrontare con le procedure anti Covid in un quartiere come la Sanità che non ha spazi ampi. Non è stato facile, ma è stato bellissimo, un’esperienza immersiva e che mi ha permesso di mostrare anche un’altra faccia del quartiere e della città. Non quella della criminalità e del disagio, ma quella dell’umanità.

Naturalmente una parte importantissima del film è quella che riguarda la spiritualità contorta di cui diventa vittima la piccola protagonista. Come l’avete costruita?

Rivoluzionando il romanzo, in cui Annaluce è un personaggio di sfondo, non è la sorella del protagonista, non sappiamo praticamente niente di lei fino in pratica alla fine del racconto, quando scopriamo che è una bambina abusata e sfruttata dalla famiglia e che viene gettata nel vuoto dal padre. Invece noi da Annaluce siamo partite e con lei dalla magia che l’avvolge, perché i suoi miracoli possono essere anche frutto del caso, c’è un’unione continua tra sacro e profano, che è poi anche il modo in cui viene vissuta la religione a Napoli, un incrocio di superstizione, necessità e speranza, per chiunque, anche per chi non ci crede.