Frères ennemis, il polar amaro e secco di David Oelhoffen

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freres ennemis

LA STORIA – Quel che è per il cinema italiano di genere il territorio napoletano, lo è la periferia urbana meticcia per il cinema francese. Zona di confine, zona dove arrangiarsi è un obbligo e il crimine la conseguenza inevitabile. Un rapporto complesso lega il poliziotto Driss e il delinquente Manuel, un rapporto conflittuale che non dimentica il passato comune. “Perché ti lascino trattare con i tuoi amici.…” si domanda un collega di Driss “Proprio perché li conosco….non sono un corrotto io” risponde rabbiosamente lo sbirro. I destini dei due si incroceranno quando Manuel, mentre sta cercando di smerciare a dei boss zingari una partita di droga dal Marocco, scampa a un attentato e finisce sospettato dagli amici e soci di tradimento e omicidio.

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È un polar nella miglior tradizione del filone francese (amaro e secco, senza compiacimenti trucidi, con il privato “normale” che si contrappone alle gesta criminali) che il cineasta David Oelhoffen (di cui Venezia aveva già presentato qualche anno fa L’hote da Camus con Viggo Mortensen) gira in toni bigio-azzurri usando spesso la cinepresa a mano addosso ai protagonisti, i quali hanno quei volti che ti fanno chiedere: “Ma dove ho già visto questo qui?”. Risposta: il bandito è Matthias Schoenaerts, apprezzatissimo in A Bigger Splash e in action come Red Sparrow; lo sbirro dalla splendida faccia segnata è Reda Kateb, caratterista in Zero Dark Dirty della Bigelow, ma anche ottimo protagonista nella biografia dedicata a Django Reinhardt.