“DIAMANTE NERO”: LA RECENSIONE

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Bande de filles Francia, 2014 Regia Céline Sciamma Interpreti Karidja Touré, Assa Sylla, Lindsay Karamoh, Mariétou Touré, Idrissa Diabaté, Idrissa Diabate, Simina Soumaré, Dielika Coulibaly Sceneggiatura Céline Sciamma Produzione Rémi Burah, Bénédicte Couvreur, Olivier Père Distribuzione Teodora Film Durata 2h e 52′

In sala dal 

18 giugno

colpo di fulmineLa via della ricerca della felicità, se sei una ragazza di origine africana cresciuta nella periferia della metropoli, passa per l’ingresso in una gang femminile, la violenza, la bullaggine, lo spaccio di droga. Ma anche per l’amicizia, la determinazione a esistere, la coscienza della propria trasformazione in donna. Marieme si unisce, con il nome di battaglia di Vic, a tre adolescenti afro come lei (si fanno chiamare Lady, Adiatou, Fily), toste, fragili, decise ad affrontare il mondo colpo su colpo, nonostante le costrizioni familiari, le difficoltà sociali, l’ambiente soffocante. Ma Marieme – che si prende cura delle sorelle, che è picchiata dal fratello maschilista e possessivo, che per una notte di sesso è marchiata come puttana – non vuole restare così, “dove non si va da nessuna parte”. A costo di perdersi.

Céline Sciamma è una regista che crede in quello che fa. Che rispetta i suoi personaggi adolescenti e il contesto in cui vivono. Come in Nassaince des pieuvres, 2007 e in Tomboy, 2011 (gli altri suoi pregevoli lungometraggi), pone la cinepresa alla loro altezza e ne segue contraddizioni e desideri, soprattutto evita le tentazioni (che a volte diventano peccati mortali) della sociologia e della presa di distanza documentaristica. Marieme/Vic è una ragazza nera di periferia, con tutto il diritto di essere se stessa, errori compresi. Ovviamente Sciamma ha studiato scrupolosamente il contesto, con assoluta fedeltà al realismo («La scintilla è arrivata dall’osservazione delle ragazze che incontro regolarmente Les Halles, in metro e a volte alla Gare du Nord: sempre in gruppo, rumorose e esuberanti. Per saperne di più, sono andata a cercarmi i loro blog, finendo per restare affascinata da quell’estetica, da quello stile, da quelle pose », dichiara), ma stimolandolo e trasformandolo in storia, in cinema, in emozione, “osando” persino dolciastri accompagnamenti musicali elettronici e la dissolvenza in nero per sottolineare la tenerezza, il pathos e anche il pudore. Inevitabile il pensare a film similari per ambientazione come L’odio o La schivata e notevole la performance della giovane Karidja Touré (che infatti ha ottenuto la nomination ai premi César, così come le musiche, il suono e, naturalmente, la regista).

Massimo Lastrucci

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