“LE REGOLE DEL CAOS”: LA RECENSIONE

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A Little Chaos, Gran Bretagna, 2015 Regia Alan Rickman Interpreti Kate Winslet, Matthias Schoenaerts, Alan Rickman, Stanley Tucci, Helen McCrory Sceneggiatura Alison Deegan, Alan Rickman, Jeremy Brock Produzione Gail Egan, Andrea Calderwood, Bertrand Faivre Distribuzione Eagle Durata 1h e 52′.

In sala dal 

4 giugno

Nel 1682 Sabine De Barra, che lavora come paesaggista nei giardini e nelle campagne francesi, riceve un invito inatteso dall’artista di corte del Re Sole, André Le Notre: realizzare uno dei giardini principali del nuovo Palazzo di Versailles. Nel periodo concessole per costruire la sala da ballo all’aperto di Rockwork Grove, Sabine ha modo di sperimentare e conoscere da vicino le piccole e grandi rivalità di corte e di addentrarsi nell’intricata rete di regole ed etichette. Mentre tenta di fare i conti con una tragedia che riemerge prepotentemente dal passato, la donna riesce a superare le barriere sociali e a entrare addirittura in contatto con il Re, mentre il rapporto personale con André le regalerà comprensione, creatività e appagamento.

Una volta lo si sarebbe definito un “film per signore”, che non costituisce una categoria estetica, ma serve per far capire tono e ambientazione, stile e atmosfere. Di impianto teatrale, interpretato da un ottimo cast di attori di lingua inglese impegnati a vestire nella maniera più credibile possibile i panni di personaggi francesi alla corte di Re Sole, l’opera seconda di   Alan Rickman è un piccolo film che ricostruisce Versailles in Inghilterra e che attorno alla figura di una talentuosa donna architetto, pronta a rinunciare ad eleganti corsetti e a sporcarsi le mani con il proprio lavoro, orchestra un dramma sociale che parla di riscatto, creatività e affermazione. Nobile d’animo e pura di cuore, Sabine riuscirà a far breccia nel cuore del Re Sole, stanco – secondo la versione di Rickman che lo interpreta – delle ipocrisie e delle meschinità della blasonata aristocrazia di corte. Gli sforzi della donna di affermarsi professionalmente animano la parte più interessante del film, mentre i suoi fantasmi del passato costituiscono un’inutile sottotesto e stridono con la leggerezza che il regista vorrebbe imprimere all’intera storia.

Alessandra De Luca