“MAD MAX: FURY ROAD”: LA RECENSIONE

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Id. Australia/USA, 2015 Regia George Miller Interpreti Tom Hardy, Charlize Theron, Zoë Kravitz, Nicholas Hoult Sceneggiatura George Miller, Nick Lathouris, Brendan McCarthy Produzione Kennedy Miller Productions, Village Roadshow Pictures Distribuzione Warner Durata 2h

In sala dal

14 maggio

colpo di fulmine«Il mio modo è fuoco e fiamme ». Si presenta così, di spalle, il nuovo Max, affacciato su un deserto arancione. Un momento di pausa, brevissimo, giusto il tempo di salire sull’impolverata automobile modificata ed essere catturato da una banda di simil zombie biancastri (in realtà sono altra cosa). Lo attenderebbe una squallida fine, diventare una sorta di vivente bombola di sangue per un “kamipazzo figlio di Guerra” (si chiamano così), se non scoppiasse nell’impazzito e imbarbarito dominio di Immortan Joe una grossa crisi. L’imperatrice Furiosa (nome non del tutto appropriato data la sua lucida determinazione) inviata in missione in cerca di approvvigionamenti (tutto si basa sul petrolio, persino la religione tecnoteutonica), in effetti sta fuggendo, portando con sé tutte le mogli (sane, splendide e destinate alla riproduzione) dell’orribile despota che è a sua volta un frutto marcio e pustoloso delle contaminazioni, esattamente come i suoi figli. Inizia così la spietata caccia alla donna e al suo fondamentale carico e Max riuscirà a liberarsi giusto per essere coinvolto – dapprima controvoglia – nell’eroico e disperato tentativo.

Timore e tremore accompagnavano l’uscita di questo remake-sequel della trilogia di George Miller all’epoca (1979-1981-1985) davvero seminale (per il cinema action in generale, visto che ha generato il sottofilone dei postatomici e per l’autostima dell’allora emergente New Wave Australiana). Invece è più che una bella sorpresa, due ore nette di pura adrenalinica avventura, senza cedimenti o concessioni corrive al sentimentalismo, all’humour o al machismo viriloide (anzi tutt’altro). Non solo probabilmente il migliore della serie, ma anche uno dei più bei fanta-action degli ultimi anni. Miller from Queensland (Australia) è un appassionato adepto del cinema cinema, probabilmente reso anche cinico dalla lunga frequentazione hollywoodiana, avendo saltellato con sorpresa di tutti tra mèlo, commedie per ragazzi, cartoon (L’olio di Lorenzo, Babe, Happy Feet). Qui ha rispolverato conoscenza del mestiere, gusto superiore per la messa in scena e il senso del ritmo che mixa la frenesia del postmoderno con la cadenza del cinema western classico (parossismo di azione, rallentamento, altra azione, pausa di atmosfera e riconsiderazione dei personaggi, apoteosi finale). C’è una felice – e feticissima – cura del dettaglio, dell’oggetto così come dell’inquadratura e dei colori. Le notti tinta metano, il deserto e le tempeste di sabbia hanno una terribilità persino aliena, da pianeta Marte. Ha studiato John Ford il vecchio Miller e qui lo mostra, come pure l’erotico furore dell’heavy punk (c’è un chitarrista in tunica rossa agganciato a un cofano di camion che è un’apparizione da urlo), ma ha anche la sorprendente originalità di fare del personaggio di Charlize Theron il vero centro luminoso della scena, mentre Tom Hardy/Mad Max, “colui che fugge sia dai vivi che dai morti”, ci regala la passività iper-romantica del reduce, quasi un cupo cavaliere della valle solitaria (oh yes) condannato a girare senza meta e pace. Particolare nota di merito infine per gli stunt: Mad Max: Fury Road è decisamente il campionato mondiale delle scene rischiose e qui tanti sono i campioni (e i numeri) in mostra.

Massimo Lastrucci