UN ITALIANO A HOLLYWOOD

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Sapevate che il costumista di Divergent e dei film di Terry Gilliam e Spike Lee è napoletano? Carlo Poggioli ci svela i suoi abiti più famosi e di come sta vestendo Il futuro di Paolo Sorrentino

DI ELISA GRANDO

carlEsiste un filo di tessuto ipertecnologico che collega la Chicago distopica di Divergent all’Italia: a tirarlo, non solo metaforicamente, è il napoletano Carlo Poggioli, uno dei costumisti più richiesti a Hollywood, autore degli abiti del film di Neil Burger ma anche di The Zero Theorem di Terry Gilliam, The Raven di James McTeigue, Miracolo a Sant’Anna di Spike Lee e molti altri, simbolo di un’eccellenza italiana nei mestieri del cinema capace di farsi riconoscere anche Oltreoceano. Adesso Carlo si è riavvicinato a casa: sta lavorando con un concittadino d’eccezione, Paolo Sorrentino, che l’ha scelto per il suo prossimo film Il futuro con Michael Caine, Rachel Weisz e Harvey Keitel (le riprese inizieranno a maggio), ma anche per un cortometraggio parte di una serie di eventi per festeggiare i 130 anni della ditta Bulgari.
La strada che porta Poggioli dall’Accademia di Belle Arti di Napoli ai grandi registi passa per Roma, centinaia di bozzetti disegnati a mano e alcuni incontri cruciali: «Subito dopo il diploma, con le mie cartelle di disegni sotto il braccio e nessun contatto diretto, mi sono trasferito nella capitale. Ho avuto la fortuna di conoscere Umberto Tirelli: a 23 anni lavoravo già nella sua mitica sartoria di costumi », racconta Poggioli. «Lì ho conosciuto Gabriella Pescucci, che è stata la mia grande maestra, Piero Tosi e Maurizio Millenotti. Ho fatto da assistente a tutti e tre. A quei tempi dalla Sartoria Tirelli passavano tutti i grandi nomi dei costumi internazionali, da Milena Canonero a Theodor Pistek. E anche oggi rimane il mio piunto di riferimento ». Alla metà degli anni ’80 Gabriella Pescucci porta con sé Poggioli come assistente su set di grandi film: Carlo inizia vestendo Sean Connery e Christian Slater in Il nome della rosa di Annaud, poi Vittorio Gassman in La famiglia di Scola, Daniel Day-Lewis in L’età dell’innocenza di Scorsese. Nel 1988, lavorando a Le avventure del barone di Münchausen, conosce Terry Gilliam: sempre con Pescucci, curerà anche i fiabeschi costumi di I fratelli Grimm. «Molti produttori italiani cominciarono a chiamarmi per film o fiction, ma scelsi di rimanere nella scuola Tirelli e fare l’assistente a grandi progetti, piuttosto che firmare da solo produzioni minori », dice Poggioli. E la sua pazienza viene premiata con un altro incontro di svolta: quello con Ann Roth, che lo prende come assistente per i costumi da Premio Oscar di Il paziente inglese e poi Il talento di Mr. Ripley di Mighella, e infine lo fa co-firmare gli abiti di Ritorno a Cold Mountain. A quel punto, le porte delle grandi produzioni americane per Carlo sono spalancate: alla fine degli anni ’90 firma, finalmente da solo, i costumi di due puntate della serie Tv Le nebbie di Avalon con Anjelica Huston e riceve subito una nomination agli Emmy. Da lì, arriva una cascata di nuovi incarichi: lavora aVan Helsing di Sommers, Doom di Bartkowiak, Lezione 21 di Baricco, L’ultimo dei templari di Sena con Nicolas Cage («ambientato nel Medioevo, epoca per la quale ho cercato pelle, pellicce, lane fatte a mano »). Ma uno dei suoi rapporti artistici più importanti resta quello con Terry Gilliam: «Mi conosce da quando ero giovanissimo, insieme abbiamo lavorato anche a L’uomo che uccise Don Chisciotte, che fu una tragedia (la produzione fallì, come racconta il documentario Lost in La Mancha, ndr.). Terry si è sempre fidato di me. È un regista di grande cultura, con il quale puoi parlare di qualsiasi pittore o fotografo. Ha una biblioteca gigantesca: l’ultima volta che sono stato a casa sua a Londra aveva pile di libri anche nei bagni ». Gilliam vuole Carlo per il visionario sci-fi The Zero Theorem. «Mi ha detto di ispirarmi ai quadri del pittore tedesco Neo Rauch, che mischia colori ed epoche. Ma avevamo un budget ridotto e quindi mi sono inventato di realizzare i costumi con le plastiche delle tende da doccia, delle tovaglie di gomma, insomma con materiali poco costosi. Ne è uscito un mondo fatto di prodotti chimici che rispecchiava perfettamente l’universo del film ». Per Divergent, invece, Carlo sperimenta tessuti ipertecnologici, con effetto 3D. E decide di affidarsi alla manifattura italiana: «Ho studiato e fatto realizzare i tessuti di Divergent a Prato, in un magico laboratorio tessile che si chiama O.B. Stock, e a Como. Il regista voleva costumi credibili: per questo ho spesso corretto a mano i colori industriali. Parto sempre con il mio tintore e grandissimi pentoloni ». L’effetto sul pubblico giovane è dirompente:, tanto che una grande catena di abbigliamento sta per inaugurare una “linea Divergent”.
Dopo tanti fantasy e storie d’epoca, Il futuro sarà il suo primo film in abiti contemporanei: «Ho sempre scelto i progetti che mi stimolavano di più. Il bello di questo mestiere è partire dalla conoscenza di un periodo storico, dei tessuti, delle palette dei colori, per poi allontanarsene e creare ». Altro aspetto fondamentale è il confronto con gli attori: «Conoscono intimamente il personaggio, danno sempre indicazioni preziose. Quando lavoravo a Il rito fu Anthony Hopkins a suggerire che in una scena il suo prete esorcista, sconvolto, uscisse all’aperto nudo con addosso solo la tunica ». Del resto, dice Poggioli, c’è una differenza abissale tra stilista e costumista: «Lo stilista veste un ideale portato al bello, noi costumisti dei caratteri anche brutti, ma che raccontano una storia. Per questo nei miei bozzetti disegno sempre anche la testa, con trucco e parrucco ».

[divider]VESTIRE IL FUTURO DI PAOLO SORRENTINO[/divider]

Lo stile dei protagonisti Caine, Weisz e Keitel

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Michael Caine

Nel nuovo film di Sorrentino, Michael Caine sarà Fred Ballinger, un anziano direttore d’orchestra britannico, ritiratosi dalle scene e in vacanza sulle Dolomiti con la figlia Lena (Rachel Weisz) e Mick (Harvey Keitel), regista e amico di una vita. Fred contempla una placida terza età finché un messo della Regina lo invita a dirigere un concerto a Buckingham Palace. «Per Caine, uomo di naturale eleganza, ho scelto tagli e stoffe molto inglesi: i suoi abiti saranno realizzati dalla sartoria Attolini di Napoli, la stessa delle giacche di Jep in La grande bellezza », rivela Poggioli. «Abbiamo studiato ogni singolo vestito, cravatta e maglione di cachemire. Anche Lena avrà la stessa eleganza inglese, un po’ snob: partiamo da un taglio sobrio, poi subirà una trasformazione, e con lei i suoi vestiti. Per il sanguigno Keitel c’ispireremo a grandi registi americani ».