Anselm, la recensione del documentario in 3D di Wim Wenders a Cannes 2023

Il regista tedesco realizza un documentario su uno dei più grandi artisti contemporanei, Anselm Kiefer

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Anselm

Accolto da grandi e più che calorosi applausi in sala, Wim Wenders presenta al 76° Festival di Cannes Anselm, il suo documentario su uno dei più grandi artisti contemporanei, Anselm Kiefer. Attraverso le sue istallazioni e i luoghi in cui la sua arte prende forma il regista tedesco, già tre volte candidato all’Oscar e vincitore nel 2014 del Premio Speciale della Giuria di Un Certain Regard per Il sale della terra, porta ora tra le Proiezioni Speciale della kermesse francese un’opera che sublima l’arte anche attraverso l’esperienza del 3D.

Anselm, sinossi

Anselm Kiefer è un pittore e scultore tedesco, realizzatore di opere pittoriche dalle dimensioni sbalorditive e di istallazioni artistiche capaci di ricreare e rileggere paesaggi storici e culturali. Anselm è un’esperienza cinematografica unica che fa luce sul suo lavoro e rivela il suo percorso di vita, le sue ispirazioni, il suo processo creativo e il suo fascino per il mito e la storia. Passato e presente si intrecciano, mentre il documentario sfuma e fonde insieme il confine tra cinema e arti figurative.

Anselm, l’opinione

Quando il caos è confinato in un rettangolo diventa un dipinto”, dice Kiefer. Le sue opere che hanno sbalordito il mondo intero in mostre a lui dedicate e con istallazioni capaci di trasformare in arte qualsiasi materiale, sono ora ritratte nel documentario di Wim Wenders, che quest’anno torna al Festival di Cannes con ben due film, Anselm, appunto, e Perfect Days, in concorso.

In Anselm la settima arte sembra mettersi al servizio di quella figurativa creando una nuova forma di installazione. Ciò che da subito colpisce è la capacità di Wim Wenders di proporre il 3D come elemento di un linguaggio artistico visivo specifico. Le inquadrature sono spesso a servizio del risultato finale: immagini che escono dallo schermo e offrono la sensazione di poter osservare in tutta la loro tridimensionalità volti, opere e paesaggi ingigantiti.

E la grandezza è anche una delle cifre distintive dell’artista protagonista del documentario, capace di trasformare non solo qualsiasi materiale in strumento per la realizzazione delle sue gigantesche opere, ma anche di far diventare i luoghi stessi della sua creazione, vere e proprie istallazioni.

Wenders comincia questo viaggio attraverso le fasi della storia artistica di Kiefer proprio partendo da uno dei suoi enormi depositi, sconfinato luogo di ispirazione in cui Anselm si muove con una bicicletta, sceglie tra un’infinità di materiali tra cui foto, pezzi di legno, vetro e macerie, maneggia lanciafiamme, fonde metalli, pietrifica abiti e dirige montacarichi.

In questo percorso artistico Wenders racconta l’arte Kiefer a tutto tondo, mostrando il fascino delle sue opere sia dal punto di vista intellettuale e spirituale che da quello storico. Attraversa epoche, pensieri e stili, dagli anni ’60 a oggi Anselm, dal rivoluzionario lavoro fotografico sul nazismo e i suoi simboli all’“insostenibile leggerezza dell’essere” che da Kundera arriva a Kiefer.

Nel corso del film accade poi che i due artisti, da un lato all’altro della camera, sembrano quasi fondersi in un’unica ispirazione, in un ideale abbraccio tra due forme d’arte che cominciano a dialogare in modo sempre più serrato e diventano funzionali l’una all’altra.

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Il sale della terra (2014), documentario girato a quattro mani da Wim Wenders con Juliano Ribeiro Salgado, che segue quarant’anni del percorso artistico e d’inchiesta di uno dei più acclamati fotografi al mondo.

RASSEGNA PANORAMICA
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