Al 78° Festival di Cannes è il giorno dell’anteprima mondiale di Mission: Impossible – The Final Reckoning, l’atteso ottavo film della serie cinematografica che vede protagonista Tom Cruise. Salvo un possibile e nuovamente sorprendente red carpet, non erano previsti incontri con l’attore in occasione della presentazione del film, ma allo sceneggiatore, produttore e regista degli ultimi quattro capitoli della saga, Christopher McQuarrie, era dedicato il primo dei Rendez – Vous With… che a sorpresa Cruise ha entusiasticamente interrotto facendo irruzione sul palco accolto dalla standing ovation di un pubblico estasiato.
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Sceneggiatore premio Oscar per I soliti sospetti di Bryan Singer, talentuoso regista di Jack Reacher e di 4 film della saga di Mission: Impossible, Christopher McQuarrie in un sodalizio di successo con Tom Cruise ha fatto delle più avvincente scrittura degli action movie il suo marchio distintivo.
“Mi sento un po’ strano ad essere qui, non è un posto dove mi sarei mai aspettato di essere. Sono molto lusingato”, dice McQuarrie in apertura di un incontro che comincia tranquillo, pronto ad offrire una carrellata sulla sua carriera e sulla sua straordinaria esperienza nel cinema, in cui la presenza di Tom Cruise aleggia ma resta sospesa.
La carriera di Christopher McQaurrie
Parla dell’ambiguità dei personaggi da lui creati McQuarrie: “Penso che derivi dal fatto che non approfondisco molto il background. Mi viene spesso chiesto qual è stata la mia prima esperienza. Quando ho saputo di voler diventare un regista? Qual è stato il primo film che ho visto? Non ho memoria del mio primo film o della prima storia che ho raccontato, la prima storia che ho scritto. Ho raccontato storie e ho amato le storie da che ho memoria. E i miei ricordi di film tendono ad essere, se ci penso, abbastanza noir. Molti film degli anni ’40 e ’50, che sono quelli con cui sono cresciuto e penso che sia da lì che potrebbe essere venuta una parte della mia sensibilità noir. Penso che sia qualcosa che ho nel sangue”.
Nel 1995 McQuarrie ottiene un riconoscimento internazionale come sceneggiatore de I soliti sospetti (The Usual Suspects) diretto da Bryan Singer. Il lavoro gli vale un Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura Originale e il film diventa rapidamente un cult, noto per il suo intricato intreccio e il colpo di scena finale. Dopo quell’iniziale successo, McQuarrie lavora a diversi progetti con risultati alterni, fino al suo esordio alla regia con The Way of the Gun (2000).
“Il mio percorso è abbastanza insolito. Dopo il mio primo film non ha avuto molto successo, sono stato retrocesso nelle leghe minori e ho dovuto risalire. Ho lavorato come regista e poi non ho avuto problemi a tornare a lavorare come sceneggiatore o co-sceneggiatore su un gran numero di film di qualsiasi genere. Non avevo alcun giudizio particolare sul materiale su cui stavo lavorando”.
Scrivere o dirigere?
Quando gli chiedono quale sia la differenza tra scrivere e dirigere, McQuarrie risponde: “Scrivere è come spingere un masso su una montagna; dirigere è come correre giù dalla montagna con il masso che rotola dietro di te. E più grande è il film, più grande è il masso, più veloce devi correre. Mission Impossible si trasforma in una valanga. E non hai davvero tempo di assimilare quello che hai fatto finché non è finito”.
“La verità è che non ho mai fatto nessuno dei film che mi ero prefissato di fare”, rivela il regista, che allo streaming dice di preferire il grande sempre il grande schermo per una ragione personale: l’uscita in sala comporta un rischio più alto di fallimento e “il fallimento è una parte essenziale del successo”.
Artista o intrattenitore?
“Se Tom fosse seduto qui sarebbe d’accordo con me”, dice McQuarrie a proposito del difficile equilibrio tra arte e intrattenimento che lui e Cruise vanno continuamente cercando. Una cosa che li accomuna così come l’amore per il cinema: “Quando mi sono seduto per incontrare Tom, stavo per smettere con il cinema, l’ho incontrato solamente per curiosità. Sono rimasto molto sorpreso quando ho incontrato Tom Cruise, lo conoscevo dai suoi film e dalla pubblicità e avevo un’immagine molto diversa di chi fosse. Poi ho scoperto che amavamo gli stessi film e che siamo cresciuti in circostanze molto simili. Ciò che ci ha reso compatibili è il nostro amore per il cinema e il fatto di sentirsi sempre uno studente. Nonostante Tom sia da così tanto tempo nel mondo del cinema, è molto desideroso di imparare dalle persone che lo circondano”.
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Ed è su questa riflessione che a sorpresa fa il suo ingresso Tom Cruise, riceve applausi calorosi e finalmente aggiunge il suo punto di vista: “È molto semplice, amiamo i film, amiamo raccontare storie. Lui non scrive soltanto per me, lui scrive per l’attore”.
Cruise racconta che MacQuarrie crea un personaggio e la sua storia, ma man mano che l’attore entra nel personaggio la storia evolve con lui. “È un lavoro molto meticoloso – spiega Cruise – Significa avere la capacità di vedere quella luce e stare al suo servizio in modo che tutti si elevino. Questa è la bellezza”.
“Mi piace molto stare sul set. Mi piace far parte di quella luce. Ci sono molte volte in cui esploriamo il set e cerchiamo di scoprire le varie opportunità. Cerchiamo un lampo di genio dal basso, non solo da me stesso, ma da tutta la nostra troupe e dal nostro passato. Sanno tutti che c’è tempo e spazio per chiunque abbia un’idea, chiunque voglia provare a fare qualcosa. Ecco perché faccio molte prove. C’è molta preparazione e non si tratta solo di imparare le battute e farlo. Cerchiamo di scoprire il tono e lo inseguiamo costantemente, lo alimentiamo, lo spingiamo fino a quando non prende vita“, prosegue Cruise.
“L’azione per noi è solo spettacolo senza il personaggio“, aggiunge McQuarrie. Un lavoro, quello sui personaggi, che regista e attore fanno costantemente, attenti ad ogni dettaglio con una disciplina che Cruise fa risalire alle tecniche degli attori del cinema muto e che meticolosamente coinvolge l’attore nella sua interezza fisica.