Django, torna nella serie Tv Sky firmata da Francesca Comencini

Francesca Comencini svela il suo spaghetti western al via su Sky e Now il 17 febbraio, ispirato al celebre film di Sergio Corbucci

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Matthias Schoenaerts, Django

Francesca Comencini ci sta lavorando da anni, è stato un tuffo in un mondo, quello del western, con cui è cresciuta e che voleva raccontare a modo suo, e ora che finalmente Django, la serie originale Sky e CANAL+ omaggio al classico western di Sergio Corbucci, è in arrivo su Sky e in streaming su Now, dove sarà disponibile dal 17 febbraio, l’emozione non molla la presa.

Io sono follemente emozionata, è una cosa incredibile, per me è sempre come una prima volta. Resto terrorizzata, ma ormai ho imparato ad accettare il fatto che le sfide pericolose mi piacciono”. Comencini, regista di quattro dei dieci episodi della serie, di cui è anche direttrice artistica, con Matthias Schoenaerts nei panni dell’iconico personaggio del titolo, Nicholas Pinnock in quelli di John Ellis, il visionario fondatore di New Babylon, mentre Lisa Vicari interpreta Sarah, la figlia di Django e Noomi Rapace è la potente e spietata nemica di Ellis, Elizabeth Thurman.

Dopo quattro stagioni di Gomorra ero alla ricerca di un progetto che potesse essere sfidante, pur avendo dei grandi rischi – racconta la regista – e poi forse ho detto sì anche perché mi toccava molto la tematica padre-figlia e mi entusiasmava l’idea di raccontare una crisi della virilità con i codici che erano stati stabiliti dal western, all’interno del western. Un paradosso interessante”.

Liberamente adattato dal cult movie di Sergio Corbucci, Django è la storia di un uomo che, partito in cerca degli assassini della sua famiglia nel Texas di fine ’800, raggiunge una città riarsa, sul fondo di un cratere: è New Babylon, dove scopre che sua figlia Sarah è sopravvissuta, ha ormai vent’anni e si appresta a sposare John Ellis, che di New Babylon è il fondatore.

Disposto a tutto per riconquistare l’amore di una figlia che lo accusa di aver lasciato che l’intera famiglia morisse, Django non lascerà nulla d’intentato pur di avere un’altra possibilità. “Questo senso di redenzione, la voglia di cercare una possibilità, presente già nel film di Corbucci – spiega ancora Comencini – è il tema che accomuna tutti i nostri personaggi. Ma più che un tema è uno stato d’animo che tocca tutti noi che viviamo in un tempo in cui moltissimi dei grandi ideali sono crollati e di fronte abbiamo un orizzonte abbastanza fosco”.

Nelle dieci puntate c’è tutto il pathos e l’epica del western, di cui gli autori Leonardo Fasoli e Maddalena Rava hanno ridisegnato i tratti fondamentali, consegnando alle figure femminili quella centralità che nei vecchi spaghetti western appartenevano soltanto agli uomini.

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L’idea che l’antagonista fosse una donna – prosegue la regista – è stato un altro elemento decisivo per me. Le figure femminili nel nostro racconto sono protagoniste in modo naturale, sono anche storte e cattivissime, come lo è Elizabeth interpretata da Roomi Rapace, un’attrice che mi ha molto ispirato, è stata molto propositiva, insieme abbiamo costruito diverse scene che ci hanno permesso di aggiungere strati a questa cattiva estremamente moderna, perché ci dice come le donne possono diventare guardiane dell’ordine stabilito, un elemento presente in molte leader moderne, capaci di essere molto conservatrici”.

Del film originale firmato da Sergio Corbucci, Francesca Comencini ha voluto mantenere alcuni elementi fondamentali. “Ho tenuto il fango – sorride – Django è stato tra i primi western che affondava nella terra, la città in cui Franco Nero arrivava sembrava apocalittica, fatta di legno bagnato, con un aspetto ingrigito che ho cercato di mantenere. Ho anche cercato di trovare con Matthias alcune caratteristiche comuni per questo antieroe pericoloso, a tratti anche violento, che rappresenta lo straniero per antonomasia ed è in cerca di redenzione. Mi sono fatta portare molto dal racconto e dalle emozioni delle scene, ho cercato con umiltà di portarmi dietro lo spirito indomito di Django, la sua libertà e la sua audacia. Mi sono servite per impadronirmi di un genere leggendario, perché in fondo il western è uno stato dello spirito e della mente, che appartiene a chiunque nel mondo”.

Nel suo essere un genere cinematografico, il western è fatto di sparatorie, inseguimenti, corse a cavallo, scazzottate, duelli, un intero aspetto spettacolare in cui la regista ha affondato le mani e le camere. “È l’aspetto più divertente del western – conclude – Tutti abbiamo giocato a fare i cowboy, tra sparatorie e duelli, io ho cercato di mettere delle sospensioni nelle scene di azione, momenti in cui due personaggi si guardano, in cui stanno forse per morire utili da una parte a richiamare l’epica del western, dall’altra a rendere la narrazione ancora più potente”.