QUANDO IL MONDO ERA A COLORI

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Trent’anni fa usciva Non ci resta che piangere, un capolavoro comico in cui l’affetto e l’alchimia fra Massimo Troisi e Roberto Troisi diedero risultati straordinari: una ventata di spensieratezza impensabile oggi

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SCHEDA FILM

Non ci resta
che piangere
(Italia, 1984)

Regia Massimo Troisi, Roberto Benigni
Interpreti Massimo Troisi, Roberto Benigni,  Amanda Sandrelli
Etichetta Cecchi Gori
Dati tecnici Audio Dolby 2.0 Video 1.66:1
Edizione Italiano
Sottotitoli Italiano
Durata 1h e 47′

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Amanda Sandrelli (49)
Amanda Sandrelli (49)

Non ci resta che piangere, sembra un titolo di film per questi anni spaventati e neri. Provate a osservare l’uscita da un liceo italiano o anche occidentale. I ragazzi, le creature umane che dovrebbero vivere il tempo più sfolgorantemente carico di sogni e di speranze, sono tutti vestiti di nero. Un colore che racconta il loro rapporto col futuro e forse col presente. I ragazzi degli anni Sessanta, dopo i Beatles, smisero di andare a scuola in giacca e cravatta e cominciarono a vestirsi di mille colori, fino all’arcobaleno hippie. Quell’esplosione di tonalitá descriveva il nascere di un’energia collettiva volta a conquistare il mondo o a cambiarlo. Oggi siamo ritornati al bianco e nero, anzi solo al nero. Quest’immagine mi è venuta in mente pensando al film di Troisi e Benigni. Alla camicia hawaiana di Benigni, nel prologo, e ai colori sgargianti dei vestiti rinascimentali della popolazione di Frittole, il fantastico luogo della Lucchesia dove i due, non si sa perché, sono precipitati dagli anni Ottanta. Il viaggio nel tempo è un classico dell’immaginario cinematografico ed è un genere il cui fascino non è mai consumato. Qui è puro pretesto, dimensione che esalta lo spaesamento che è caratteristica naturale dei due protagonisti. Sono trascorsi trent’anni da quando i due geni inventarono quella storia e quei personaggi. È pura commedia dell’arte, una storia che si potrebbe raccontare in sette righe. Ma la vicenda conta poco, se in scena ci sono due talenti naturali, due persone felici di essere strane come Troisi e Benigni. Staresti per ore a sentirli parlare nel loro italiano meraviglioso, una lingua che avrebbe fatto felice Pasolini, innervata com’è dalla forza espressiva dei dialetti, toscano e napoletano, che danno corpo e anima a ogni battuta. Alcune scene di quel film sono passate alla storia: quella della tassa del «fiorino » che i due dovettero girare a ripetizione tanto gli veniva da ridere, quella in cui Amanda Sandrelli, giovane candida e rapita, ripete più volte le parole che le piacciono, quella in cui i due cercano di spiegare a Leonardo da Vinci cosa sia un treno. E poi la magnifica ripresa affettuosa della celeberrima sequenza del geniale Totó , Peppino e la malafemmina in cui i due protagonisti, arrivati a Milano con colbacco e caciocavallo, scrivono una lettera alla donna del loro nipote Teddy Reno. In quella scena c’è tutta l’incredibile molteplicità di registri comici di Totó e Peppino, che oscillano tra il surreale, il gioco di parole fino alla meraviglia dell’improvvisazione, tipica del classico teatro del varietà. Solo Benigni e Troisi potevano arrivare fin lassù, irriverenti e giocosi. Hanno tempi comici diversi e complementari e, quando li esaltano, la sfrontata velocità dell’uno e la dubbiosa lentezza dell’altro sono in grado di occupare una vasta gamma del piacere comico. Si volevano bene, e si vede. Benigni, guardando il film con gli occhi di oggi, sembra quasi proteggere Troisi, accompagnarne con dolcezza quella tenera fragilità che é stata tanta parte dell’affetto che non smette di circondare, come è giusto e bello, il suo ricordo.

Nella foto in apertura: Massimo Troisi (1953-1994), Paolo Bonacelli (75 anni, nei panni di Leonardo da Vinci) e Roberto Benigni (61).[/column]