Fabio e Damiano D’Innocenzo: «Dostoevskij è il lavoro di cui siamo più fieri al momento»

Presentata alla Berlinale 2024 la nuova serie Tv Sky dei registi di Favolacce, prossimamente al cinema con Vision Distribution

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Damiano e Fabio D'Innocenzo

Alla 74ª edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino Fabio e Damiano D’Innocenzo hanno presentato la serie Sky Original Dostoevskij. Un noir che i registi e sceneggiatori definiscono “un film lungo in due atti”, in cui Filippo Timi (Vincere, I delitti del BarLume, Le otto montagne) è protagonista nei panni di un tormentato poliziotto dal passato doloroso, al suo fianco anche Carlotta Gamba (America Latina), Gabriel Montesi (Favolacce) e Federico Vanni.

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Alla Berlinale 2024 Fabio e Damiano D’Innocenzo sono ormai di casa da quando nel 2018 presentarono il loro film d’esordio, La terra dell’abbastanza, nella sezione Panorama, arrivando poi a vincere nel 2020 l’Orso d’Argento per la sceneggiatura con Favolacce. Dostoevskij, prodotta da Sky Studios con Paco Cinematografica, ora nella sezione Berlinale Special, arriverà prossimamente al cinema in due parti con Vision Distribution e poi su Sky e NOW.

Dostoevskij, la trama

In un lasso di terra scarno e inospitale, il poliziotto Enzo Vitello (Filippo Timi), uomo dal buio passato, è ossessionato da “Dostoevskij”, killer seriale che uccide con una peculiarità: accanto al corpo assassinato lascia sempre una lettera con la propria desolante e chiarissima visione del mondo, della vita e dell’oscurità che Vitello sente risuonare al suo interno.

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Il “romanzo” di Fabio e Damiano D’Innocenzo

Per Dostoevskij i fratelli D’Innocenzo amano parlare di racconto, di un “romanzo” che narra “le estreme conseguenze dell’essere vivi”. “Volevamo raccontare l’inverno di un essere umano – dice Fabio D’InnocenzoVolevamo raccontare un uomo che ha il dovere, ma anche il desiderio di inseguire un altro essere umano, di intercettarne i profumi, i sapori, che sono anche sgradevoli, sanno di morte, in un inverno malinconico che sembra non finire mai”.

La proposta di una serie thriller noir è arrivata direttamente da Sky ai fratelli D’Innocenzo, i quali raccontano di aver impiegato poco più che 10 minuti per ideare il plot originale. Un mese di scrittura per poi cominciare le riprese che hanno richiesto un impegno molto complesso. Ma i due registi gemelli sono assolutamente felici del risultato e si sono detti assai più soddisfatti rispetto al loro precedente lavoro, America latina, presentato nel 2021 alla Mostra del Cinema di Venezia.

So che si parla spesso di oscurità – aggiunge Fabio –, ma questa serie tratta del cambiamento, della possibilità di un cambiamento, che in questo momento è ciò che più accende la speranza nel mio cuore, la possibilità di cambiare, di scegliere cosa diventare. La scelta può essere positiva o meno, etica o no, io sono felice di stare in questo mare ambiguo”.

Per gli interpreti principali, Filippo Timi e Carlotta Gamba, lavorare con i fratelli d’Innocenzo ha rappresentato l’occasione di sperimentare il loro particolare linguaggio cinematografico direttamente sul set. Fabio e Damiano non sono soliti dare indicazioni a voce, ma la loro scrittura è così ricca di descrizioni e attenta ai più piccoli dettagli, da aver consentito agli interpreti di entrare direttamente nell’atmosfera della storia. Una cura quasi “ossessiva” la definisce Timi in quasi 296 pagine di copione che trasmettevano loro tutta la “sensibilità” del racconto.

Prima di essere regista sono spettatore – spiega ancora Fabio – e prima di entrare in una storia devo entrare nell’atmosfera. Volevamo partire con ritmi che concedessero al pubblico di perdersi nei luoghi. Il racconto poi ha una progressione pneumatica. Chiediamo allo spettatore di stare alle regole del racconto, di avere un approccio attivo, deve partecipare, è ciò che io stesso come spettatore chiedo all’autore”.

Dostoevskij continua a raccontare “l’assurda malattia di vivere” che è cifra distintiva del cinema dei fratelli D’Innocenzo sin dall’inizio, ma torna a concentrarsi sugli ultimi della società come era già accaduto ne La terra dell’abbastanza. “La bellezza sta già nella sua ricerca – dice Damiano – Sento che le vite di coloro che non sono gli ultimi della società non ci appartengono. Quando ci siamo concentrati su di loro abbiamo sbagliato, come è accaduto nel nostro precedente lavoro, quelle sono vite che non abbiamo mai conosciuto, che ci interessano meno”.