Francesco Nuti è morto

0

Mettersi dietro la macchina da presa era il passo successivo per Nuti. Dopo Casablanca, Casablanca, un seguito di Io, Chiara e lo Scuro che è un po’ un banco di prova, arriva il suo primo vero film.

Una commedia romantica in cui però non manca di mettere un tema forte, quello della condizione delle carceri in Italia. La claustrofobia dei primi venti minuti, illuminati da una eccezionale apparizione di Laura Betti, vengono cancellati dalla bellezza dei paesaggi. Tutta colpa del Paradiso, inteso come Parco Naturale, e anche di Ornella Muti, che in questo film offre una delle sue migliori interpretazioni in carriera.

LEGGI ANCHE: Tutta colpa del paradiso di Francesco Nuti

Il rapporto con Nuti continua nel film successivo, Stregati, girato in una Genova notturna davvero magica, grazie anche alla fotografia di Giuseppe Ruzzolini (andate a leggere chi era Ruzzolini e capirete). Un film che dopo il successo del primo si indirizzava verso un tono più intimista, senza battute, con molto più romanticismo, una lettera d’amore alla sua protagonista e a un certo modo di intendere il cinema e la vita.

Caruso e Willy, il ritorno alla commedia

Il successo in tono minore di Stregati (rivedetelo, è un film bellissimo) spinge Francesco a tornare a dei toni più leggeri, sempre però con il tono surreale che da sempre lo aveva contraddistinto. Caruso Pascoski di padre polacco è un successo clamoroso, storia di uno psicanalista che non riesce ad accettare di essere stato lasciato dalla compagna e che fa di tutto per riconquistarla. “Caruso, dammi un bacino” è diventata un’espressione di uso comune nella lingua italiana, così come l’accoppiamento tra insaccati e partiti politici metro di giudizio della nostra scena istituzionale.

LEGGI ANCHE: https://www.ciakmagazine.it/news/francesco-nuti-il-ricordo-degli-amici-e-colleghi/

Con Willy Signori e vengo da lontano fa un passaggio simile a quello tra Paradiso e Stregati, ma inserendo una variabile impazzita, il fratello paraplegico interpretato da Alessandro Haber. A rivederlo oggi a un che di profetico, ma in un film in cui si parla di maternità, elaborazione del lutto, senso di colpa, famiglia disfunzionale e di un lavavetri che al semaforo ti fa anche lo shampoo c’è tutto il mondo di Francesco, compreso il desiderio di andare via lontano.

Le Donne con le gonne e la maledizione di Pinocchio

Nuti non è mai stato in grado di scendere a compromessi. Donne con le gonne, commedia in cui si toglie lo sfizio di avere Carole Bouquet come partner, gli attira numerose critiche, viene accusato di maschilismo (ingiustamente) e incomincia così a essere inviso ad alcuni ambienti del cinema italiano.

Quando poi decide di fare il passo più lungo della gamba, inciampando, in molti non vedevano l’ora. OcchioPinocchio è il Joan Lui di Francesco Nuti, un kolossal tratto dalla fiaba di Collodi (un libro che è un serial killer di carriere cinematografiche) che lo mette muro contro muro a un altro toscano dal carattere non facile, Vittorio Cecchi Gori. Sul perché le cose fossero andate così male, ci si potrebbe scrivere un trattato, se ne sono dette tante, compresi alcuni piaceri, o vizi a seconda dei punti di vista, che Nuti non riusciva a negarsi. Tant’è, il film fu un disastro, economico prima di tutto, artistico chi lo sa, perché di fatto un director’s cut non esiste.

Da lì la carriera di Francesco ha iniziato ad annaspare, un po’ per la sua cocciutagine, un po’ perché il cinema è un ambiente che non perdona due cose: il successo e l’insuccesso.

Era il 1994, passano quattro anni e torna al biliardo con Il signor Quindicipalle, ma la voglia se n’è andata. Torna negli ultimi due film, che sono soprattutto la sua maniera per raccontare le gioie e le difficoltà dell’essere padre, Io sono Andrea e Caruso Zero in condotta (titolo che cita sé stesso e Jean Vigo).

Ne aveva in mente un altro di film da realizzare, su un cuoco italiano che si trasferisce in Nord-Africa, me ne parlò molti anni fa durante una chiacchierata. Non lo fece mai. A Francesco si era rotto qualcosa dentro da tempo. La bottiglia diventò sempre più amica, tentò il suicidio.

Il 3 settembre del 2006 cade in coma a causa di un’ematoma cranico conseguenza di una violenta caduta sulle scale della sua casa a Roma. Non si riprenderà più dall’incidente, nonostante gli anni di terapie.

Il 12 giugno 2023 se ne va, la figlia Ginevra, che non lo ha mai abbandonato, al suo fianco fino all’ultimo.

Francesco Nuti di una cosa era sicuro. L’amore è l’unica cosa che conta nella vita. E aveva ragione.