Grand Tour, la recensione del film vincitore per la miglior regia a Cannes 2024

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Grand Tour recensione
Grand Tour

Vincitore del Premio per la migliore regia all’ultimo Festival di Cannes e designato portoghese per la corsa all’Oscar, Grand Tour è diretto da Miguel Gomes, uno degli autori più originali del cinema contemporaneo. Il film, una grande coproduzione europea tra Portogallo, Italia (Vivo film) e Francia, dopo l’anteprima mondiale sulla Croisette ha conquistato i festival di tutto il mondo, da Londra a New York, da Chicago (dove ha vinto i riconoscimenti per regia e montaggio) a Karlovy Vary, da Vienna a Taipei, da Busan a  Marrakech a Melbourne.

IL FATTO

Rangoon, Birmania 1917. Edward, un funzionario dell’Impero britannico, fugge dalla fidanzata Molly il giorno del suo arrivo per il loro matrimonio. Durante il viaggio, però, il panico si trasforma in malinconia. Contemplando il vuoto della sua esistenza, il codardo Edward si chiede che fine abbia fatto Molly. Nel frattempo, la donna, decisa a sposarsi e stranamente divertita dalla fuga di Edward, segue le tracce del fidanzato in un lungo grand tour asiatico.

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L’OPINIONE

Un viaggio geografico ed emotivo nel tempo e nello spazio, tra realtà e finzione, mondo e cinema, commedia e melodramma, per invitare lo spettatore a seguire i protagonisti in un percorso avventuroso e affascinante attraverso l’Asia. Miguel Gomes, uno degli autori più singolari nel panorama cinematografico europeo, in concorso all’ultimo Festival di Cannes, ha cominciato a pensare al film leggendo un racconto di viaggio di Somerset Maugham, “Il signore in salotto”, dove lo scrittore narra il suo incontro con un inglese residente in Birmania scappato dalla fidanzata.

Una storia che gioca su uno stereotipo universale: la testardaggine delle donne che trionfa sulla codardia degli uomini. Le avventure che nascono dagli spostamenti di Edward e Molly sono dunque il motore narrativo del film e il frutto delle interazioni virtuali tra i due, in una sinfonia di incontri mancati provocati dalla casuale intromissione degli altri e del mondo.

Il percorso segue l’itinerario del cosiddetto Grand Tour asiatico, che iniziava dall’India e terminava in Cina o in Giappone e alla base dello script c’è il medesimo viaggio, intrapreso e filmato nel 2020, per creare un archivio visivo e sonoro. Per ottenere un unico “tempo cinematografico” attraverso il montaggio, quelle immagini appartengono al presente, mentre il resto del film, ambientato nel 1918, è stato girato nei teatri di posa di Lisbona e Roma.

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Due precedenti film del regista, Tabù e Le mille e una notte, ma anche Sans Soleil di Chris Marker.

RASSEGNA PANORAMICA
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