Harry Potter, Chris Columbus ammette di non vederlo da 20 anni e svela una sua grande fantasia

In occasione del 20° anniversario del film, Chris Columbus si addentra nei ricordi, raccontando aneddoti e i momenti più emozionanti del primo HP

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I festeggiamenti per il 20° anniversario di Harry Potter e la Pietra Filosofale sono ufficialmente cominciati. La notizia del ritorno in sala del primo film (leggi QUA per scoprire quando) ha mandato in estasi i fan, soprattutto quelli italiani, prontissimi a celebrare la ricorrenza ed omaggiare il film capostipite dell’amata saga.

Per l’occasione, il regista Chris Columbus si è raccontato in una lunga intervista a Variety, raccontando aneddoti e curiosità su come è riuscito a portare in vita il fantastico mondo dei maghi nato dalla penna di J.K. Rowling. Vi riportiamo qua di seguito l’intervista tradotta:

Data la popolarità dei libri, ha sentito molto la pressione nel fare il primo film di Harry Potter?

Pensavo seriamente che sarei stato licenziato entro le prime due settimane. Ero molto, non voglio dire ansioso, ma consapevole del fatto che se avessi sbagliato, probabilmente non avrei più lavorato. E avrei avuto milioni di fan infuriati alla mia porta. Sapevo che stavo affrontando qualcosa di enorme, non ero mai stato coinvolto in un progetto che avesse così tanto controllo. A parte il fatto che la Warner Brothers mi aveva assunto, dovevo ancora incontrare Jo Rowling. Lei aveva l’ultima parola. Sono volato in Scozia per incontrarla e abbiamo parlato per circa due ore e mezza, forse tre, durante le quali le ho spiegato la mia visione del film. Non ha detto molto. Poi, una volta che avevo finito, mi ha detto: “La vediamo esattamente allo stesso modo”. Ho pensato: ‘Oh, mio Dio, ce l’ho fatta’. Quello è stato un momento di pura euforia, seguito rapidamente dal panico più totale. Sapevo che dovevo realizzare un film che avrebbe dovuto soddisfare non solo i fan, ma anche me stesso, perché ero io stesso un fan. Questo mi ha fatto andare avanti. Mi sono detto: ‘Devo fare questo film per me stesso’. Non ho pensato ai miliardi di occhi che di lì a poco mi sarebbero stati puntati addosso.

Sull’incontro con J. Rowling, aggiunge Columbus:

[..] Aveva partecipato a riunioni con altri registi, che le avevano proposto di unire i primi due libri [in un unico film], o di aggiungere le cheerleader alla partita di Quidditch. Tutte cose che non le piacevano. Con me ha trovato sintonia. Inoltre, ero determinato a mantenere il cast del film interamente britannico. Questa è stata probabilmente una delle cose più importanti per lei.

Com’è stato lavorare con i piccoli Daniel Radcliffe, Emma Watson e Rupert Grint?

Nel primo film, non c’era molta esperienza professionale tra i tre protagonisti. Ecco perché il montaggio è risultato pieno di tagli. Per i primi tre mesi, riuscivo a girare solo un primo piano di uno degli attori prima che perdessero la concentrazione. Le prime due settimane, tutti i ragazzi erano così eccitati di far parte del film di “Harry Potter” che non facevano altro che sorridere alla telecamera. Non riuscivo a farli smettere di sorridere, è diventato davvero un esercizio e una lezione di recitazione per me come regista. Quando siamo arrivati al secondo film, siamo stati in grado di fare riprese in movimento e i ragazzi sono diventati molto più professionali.

Il regista Chris Columbus, il produttore David Heyman con Daniel Radcliffe, Emma Watson e Rupert Grint

Qual è stata la scena più difficile da girare?

Sono state tutte difficili. Il Quidditch mi viene in mente perché c’era molto lavoro sul green screen. Era una situazione in cui i ragazzi non potevano vedere nulla, non avevano niente di tangibile con cui lavorare. In pratica sono diventato il quarto attore in quelle scene, Nella partita a scacchi, sono stati davvero in grado di relazionarsi perché abbiamo costruito tutto da zero. Ci sono alcuni momenti in computer grafica, ma anche le esplosioni erano reali. I bambini dicevano: “Siamo su un vero set con pezzi di scacchi veri e a grandezza naturale”. Le sfide maggiori sono state quando hanno dovuto interagire con cose che non c’erano. Per me, è stato una specie di allenamento. Usavo molto la fisicità per fingere personaggi che non esistevano, dal Voldemort sul retro della testa del Professor Raptor o il Basilisco nel secondo film. Ero fuori campo e fingevo di essere quei personaggi, il che è abbastanza folle se ci si pensa, ma l’unico modo per ottenere quelle reazioni dai ragazzi quando non avevano nulla con cui reagire.

Ha una citazione preferita del film?

Oh, Dio. Non lo vedo da un po’.

Quando è stata l’ultima volta che l’hai visto?

Credo da quando sono andato alla proiezione il primo giorno di apertura. All’epoca ero a Londra, stavamo già girando “La camera dei segreti”. È stato lì che ho visto il film completo. E da allora non l’ho più visto. Detto questo, ne vedo sempre dei pezzi, in particolare dal giorno del Ringraziamento a Capodanno, quando è su ogni singolo canale via cavo 24 ore su 24. Se sto facendo zapping, mi fermo a guardare una scena. È molto malinconico perché sono molto orgoglioso di questo primo film. Poter sorridere e rendersi conto che la gente lo sta guardando tra 20 anni, è una bella sensazione.

C’è una scena preferita?

Il mio momento preferito nel film è quello girato alla fine, alla stazione ferroviaria. C’è Dan [Daniel Radcliffe] che guarda indietro a Hogwarts e dice la sua battuta: “I’m not going home, not really”. Ricordo di aver guardato verso [il produttore] David Heyman, eravamo in piedi uno accanto all’altro, e ho urlato, “taglia”. Io e David avevamo entrambi le lacrime agli occhi. È stato fantastico.

È piuttosto lungo per essere un film per bambini. Avete ricevuto qualche lamentela dallo studio per la durata?

Nient’affatto. Dopo “Home Alone”, ho sempre avuto la superstizione di fare le proiezioni di prova a Chicago, quindi lo studio ci ha fatto volare da Londra a Chicago per proiettare il film. A quel punto, era lungo quasi tre ore. Tutti i genitori si lamentavano che il film era troppo lungo, mentre tutti i bambini dicevano che era troppo corto. Sapevo che stava funzionando quando ho visto i bambini alla proiezione correre per andare in bagno e tornare di corsa perché non volevano perdersi niente.

Ti tieni in contatto con qualche membro del cast?

Con Dan Radcliffe probabilmente più di tutti. Poi anche con Tom Felton, ci mandiamo un sacco di messaggi.

C’è già una serie prequel, “Animali Fantastici“. Pensi che ci saranno altri film di “Harry Potter”?

Mi piacerebbe dirigere “The Cursed Child” [Harry Potter e la maledizione dell’erede]. È una grande opera teatrale e i ragazzi hanno effettivamente l’età giusta per interpretare quei ruoli. È una mia fantasia.