Illusioni perdute, intervista al protagonista Benjamin Voisin

Benjamin Voisin, protagonista del film di Xavier Giannoli, è il miglior Lucien dipinto dallo scrittore Honoré de Balzac nel suo romanzo "Illusioni perdute"

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"Illusioni perdute" di Xavier Giannoli

Uno tra i romanzi di maggior successo di Honoré de Balzac si intitola “Illusioni perdute”, oggi, a quasi 200 anni di distanza, il regista e sceneggiatore francese Xavier Giannoli nel suo omonimo film propone, grazie al giovane e promettente attore Benjamin Voisin, quella che sembra la perfetta incarnazione di Lucien, tragico e coinvolgente antieroe protagonista della storia. Il film, presentato in Concorso alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia del 2021, che vede nel cast anche Xavier Dolan, Vincent Lacoste, Cécile de France e Gérard Depardieu, sarà in sala in anteprima in alcune città a partire dal 23 e dal 30 dicembre in tutta Italia distribuito da I Wonder Pictures.

Benjamin Voisin e Vincent Lacoste in “Illusioni perdute”

Illusioni perdute ci riporta nella Francia del periodo della Restaurazione. Lucien Chardon è un giovane che vive nella campagna nei pressi di Parigi. Nel suo piccolo mondo di provincia ha avuto modo di costruirsi grandi sogni di gloria e d’amore alimentati dalla sua passione per la poesia. Le sue aspettative e speranze sembrano concretizzarsi attraverso l’incontro con la sua mentore e amante, la baronessa Louise de Bargeton (Cécile de France). Lucien lascia la tipografia di famiglia per trasferirsi a Parigi dove, dopo un inizio sconfortante, conosce Lousteau (Vincent Lacoste) e riesce a trovare un impiego come autore in un giornale liberale e spregiudicato che propone recensioni di spettacoli e libri. Lucien si accorgerà però presto che il successo ha il suo costo da pagare.

Benjamin Voisin e Cécile de France in “Illusioni perdute”

Benjamin Voisin, giovane e promettente attore francese, ha circa la stessa età del suo personaggio e, data l’incredibile attualità del film stesso, offre davvero l’illusione di essere Lucien. Le speranze e le aspettative che riesce a mettere in scena consentono di vivere l’ascesa e il declino di un personaggio entusiasmante nei suoi conflitti ed errori. La sua parabola di formazione, che passa dall’ingenuità del ragazzo di provincia alla inebriante euforia, non meno ingenua, del giovane sulla soglia del successo, è resa dal regista Giannoli con grande realismo. Le sue illusioni diventano la metafora delle illusioni stesse di una società in evoluzione e il film riesce a raggiungere una dimensione che va al di là del racconto in costume per restituire un’attualità sorprendente in ogni suo tema.

Nell’intervista rilasciata a Ciak Voisin mostra tutta la determinazione di un professionista pur mantenendo l’aspetto fresco e vitale del giovane attore.

Come è stato per lei recitare in un film in costume?

Come spettatore mi annoio terribilmente quando mi trovo a vedere un film d’epoca polveroso che si accontenta semplicemente di ritrascrivere un periodo storico, mentre trovo che Giannoli abbia fatto un lavoro straordinario per far risuonare questa storia con l’attualità di oggi

Quale messaggio lancia secondo lei il film?

Questo film ci mostra a che punto siamo arrivati permettendo al denaro di regnare sovrano e incontrastato e di dominare la nostra vita. 200 anni fa nasceva il capitalismo e nasceva sotto la premessa di una crescita illimitata e siamo arrivati alle società così come le conosciamo ora. Io personalmente condivido la filosofia della crescita, perché a questo punto non possiamo continuare a perseguire la logica del profitto. Sembriamo voler sempre più denaro ben al di là di quelli che sono i nostri bisogni e le nostre esigenze. L’altra questione che il film solleva molto è quella del compromesso. Ciascuno di noi coltiva in sé una aspirazione artistica e una vena creativa, che si può esplicitare in vari mestieri e professioni, la questione critica riguarda il come restiamo concentrati sulla nostra vocazione senza scendere a compromessi, ma cercando di coltivarla

C’è qualcosa nel suo personaggio che l’ha disturbata e cosa invece ha particolarmente amato di Lucien?

Non mi ha disturbato nulla, perché nel momento in cui vado sul set ho ben chiaro l’obiettivo e mi metto al servizio del regista. Però sono tante le cose che invece ho amato nella complessità del personaggio. Mi sono molto piaciute le sue contraddizioni, mi piace recitare utilizzando una modalità contraddittoria: posso fare il cattivo sorridendo o il dolce e il gentile in uno stato collerico. Lucien è un personaggio che parla molto poco e osserva tantissimo, per cui ho giocato anche io molto con le barriere e le contraddizioni che lui ha e che incarna. Da un lato vuole realizzare un suo sogno di artista, ma dall’altro ha una rigidità innata molto forte, rifiuta tutto, non ha la minima eleganza o la minima delicatezza nel cercare di realizzarlo e risulta addirittura essere quasi un po’ odioso, molto francese, molto parigino!”

Secondo lei Lucien rappresenta bene i giovani?

La sua rigidità è tipica dell’età giovanile, quella in cui cerchiamo di vivere come se il mondo ci appartenesse e non viceversa. Io ho cercato di attirare i giovani parlando di loro come io so di essere stato, proprio con questa forma di rigidità e soprattutto verso la fine del film per me è stato un piacere interpretare questo personaggio