In principio fu il rock. Il cinema da Freddie a Bob Marley

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“Elvis è Dio!” affermava con fervore Mr Rabbitte al figlio aspirante manager musicale in The Commitments di Alan Parker. Lo pensano in molti e proprio dal Re del Rock si deve cominciare per delineare la storia delle biografie musicali contemporanee al cinema. Era il 1979 e John Carpenter scelse un allora giovane Kurt Russell per fargli interpretare The King in un TV Movie di quasi tre ore. Film magnifico, visto pochissimo in Italia (passò al Torino Film Festival nel 1999 all’interno della retrospettiva dedicata a Carpenter), grande interpretazione di Russell.

Nello stesso anno esce un quasi biopic, The Rose, diretto da Mark Rydell e interpretato da una potentissima Bette Midler (candidata all’Oscar). È la storia di una giovane rockstar che non regge la pressione del successo e si rifugia nella droga. Di fatto una biografia apocrifa di Janis Joplin, su cui da anni si cerca di fare un film senza riuscirvi. Prima doveva essere Michelle Williams a interpretarla (diretta da Sean Durkin, il regista di The Warrior), poi Amy Adams, ma per entrambe si è trattato di un nulla di fatto. Un paio d’anni fa sembrava stesse per andare in porto una produzione con la popstar Pink diretta da Penelope Spheeris, regista indie dalla grande esperienza, ma anche questo tentativo è naufragato.

Da Buddy Holly a Elvis

Ripercorrendo le decadi, gli anni Cinquanta e la nascita del Rock‘n’Roll hanno avuto la loro celebrazione attraverso il cinema. Un anno prima dell’Elvis di Carpenter, The Buddy Holly Story, con Gary Busey nel ruolo del protagonista, raccontò la breve vita di uno dei più grandi, che con appena due album all’attivo influenzò tutto quello che venne dopo. Holly morì a 22 anni in un incidente aereo, insieme a Ricardo Valenzuela, meglio noto come Ritchie Valens, che di anni ne aveva appena diciotto e che è rimasto immortale grazie a La Bamba. Fu Lou Diamond Phillips a interpretarlo in un biopic del 1987. Gli anni Ottanta si chiuserò con Great Balls of Fire!, la storia del demonio del pianoforte, Jerry Lee Lewis, raccontata dall’anarchico Jim McBride e in cui si gettò anima e corpo Dennis Quaid. Al suo fianco un’appena maggiorenne Winona Ryder, sua sposa bambina.

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A proposito di giovani consorti, dopo la presentazione in concorso a Venezia 80 arriverà presto nei cinema italiani (28 marzo) Priscilla, biografia della moglie di Elvis, e ricordiamo che l’uomo di Graceland aveva già ricevuto degna celebrazione nel 2022 con il film di Baz Luhrmann (per cui Austin Butler avrebbe meritato l’Oscar).

Country, Blues, Soul: la musica della rivincita

Elvis e Jerry Lee si trovarono una volta in studio insieme, accompagnati da Carl Perkins (Paul Mc Cartney disse che senza di lui non sarebbero esistiti i Beatles) e da un giovane di un certo talento: Johnny Cash. Vita travagliata quella dell’uomo che fece copulare rock, blues e country. Se n’è andò nel 2003, fece appena in tempo a collaborare alla sceneggiatura di Walk The Line (in Italia Quando l’amore brucia l’anima), titolo di una delle sue canzoni più belle. Il film, diretto da James Mangold, fece vincere l’Oscar a Reese Witherspoon ma non a Joaquin Phoenix, misteri dell’Academy.

Non si viveva di solo rock negli anni Cinquanta. Elvis fu influenzato da blues e soul, entrambi sinonimi di James Brown, che fu una delle migliori interpretazioni del compianto Chadwick Boseman nel film film Get On Up. Un altro grande fu Ray Charles, che regalò l’Oscar a Jamie Foxx nel 2004 per il bel film diretto da Taylor Hackford.

Da Londra alla California. E ritorno

Attraversiamo l’Oceano Atlantico I Beatles non hanno ancora un film sulla loro storia, e sarebbe impossibile, ci vorrebbe una serie di molte stagioni. Iain Softley raccontò nel 1994 la breve vita del “quinto Beatles”, Stu Sutcliffe, interpretato in Backbeat da un ottimo Stephen Dorff. Da recuperare.

Nel 1967 i Fab Four incisero uno dei due album più belli della storia del rock, Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band. Un anno prima, a Los Angeles, i Beach Boys, sotto la guida di Brian Wilson, incidevano l’altro, Pet Sounds. Genio e sregolatezza, Wilson ebbe la vita segnata dai demoni che popolavano la sua testa e dalle persone che se ne approfittarono. Il tutto lo trovate in Love & Mercy, con Wilson interpretato da Paul Dano e John Cusack, entrambi magnifici.

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Restiamo in California, dove proprio nel 1967 si forma un alone di leggenda attorno a una giovane band e al suo leader carismatico. Il gruppo aveva preso il nome da un saggio che Aldous Huxley scrisse per documentare le sue esperienze con l’LSD, Le porte della percezione. The Doors si chiamavano, Jim Morrison ne era il profeta. Nel 1991, vent’anni dopo la morte di Morrison nel suo appartamento del Marais a Parigi, Oliver Stone racconta la breve epopea della band, con Val Kilmer nel ruolo principale. Opera lisergica ed eccessiva, ma permeata da un fascino non scalfibile.

Tra i celebri morti del rock, l’unico a essere stato raccontato, e solo nel periodo londinese, è stato Jimi Hendrix in un non memorabile film del 2013 interpretato da André Benjamin e diretto da John Ridley. Molto meglio fece Alex Cox nel 1986 quando in Sid e Nancy sintetizzò l’essenza stessa del punk in un film sporco, essenziale e ancora oggi modernissimo, con Gary Oldman Sid Vicious inarrivabile.

Rock Parade

Negli ultimi anni il genere ha avuto un’accelerazione grazie al successo di Bohemian Rhapsody, romanzata storia dei Queen e di Freddie Mercury (leggete la biografia di Peter Freestone, assistente personale di Freddie per undici anni, per sapere come stanno le cose). 910 milioni di dollari incassati e l’Oscar come miglior attore a Rami Malek. Molto più interessante Rocketman, biografia praticamente scritta dallo stesso Elton John, interpretata magistralmente da Taron Egerton e diretta da Dexter Fletcher (che aveva anche completato Bohemian sostituendo Bryan Singer ricusato dalla produzione).

Rocketman

Nel futuro, immediato e venturo, ci attende, oltre a Bob Marley: One Love il biopic su Amy Winehouse, Back to Black, dal titolo del suo album di maggiore successo. Appuntamento per il 18 aprile e lo stesso giorno del 2025 arriverà il film sulla vita di Michael Jackson, interpretato dal nipote del Re del Pop, Jafaar Jackson.

Nello stesso anno è previsto un progetto assai atteso, A Complete Unknown, la biografia di Bob Dylan interpretata da Timothée Chalamet, che offre l’occasione per chiudere questa lunga storia del rock in celluloide con tre film imprescindibili. Due sono di Todd Haynes. Velvet Goldmine racconta lo straordinario periodo che vide convivere David Bowie con Iggy Pop, i Velvet Underground, la scena artistica newyorkese di Andy Wahrol, il sound e la cultura britannica e l’energia della Berlino Ovest degli anni Settanta, il tutto frullato in un’opera distopica interpretata da Jonathan Rhys Meyers nei panni della misteriosa rockstar Brian Slade. Abbagliante.

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Haynes ha già raccontato il Complete Unknown Dylan nel folgorante I’m not There (impropriamente tradotto Io non sono qui, che ribalta il senso del titolo), in cui il menestrello di Duluth viene interpretato da sei diversi attori, tra cui Cate Blanchett, altrettanti personaggi in cerca del loro autore Bob.

Infine, non c’è biografia più straziante di quella della breve vita di Ian Curtis, leader dei Joy Division, band che con l’immenso album Unknown Pleasure ha instradato i successivi due decenni: New Wave, Brit-Pop, Post Punk, rock elettronico, viene tutto da lì. Control, diretto da Anton Corbijn, già fotografo della band, è probabilmente il più bel rock biopic mai realizzato.