Brett Morgen, regista di Moonage Daydream: “David Bowie è parte di noi”

Un doc per conoscere un grande artista del Novecento. Ne abbiamo parlato in esclusiva con il regista

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Sono passati ormai quasi sette anni da quando David Bowie ha lasciato questa terra e l’eredità musicale e culturale lasciata dal Duca Bianco è ancora tutta da scoprire, essendo sempre stato attento alla sua privacy e avendo rilasciato un numero limitato di interviste nell’arco della sua carriera. Moonage Daydream (il titolo di uno dei brani dell’album The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars) è un documento preziosissimo per ripercorrere la sua carriera e la sua vita attraverso le diverse fasi della sua evoluzione artistica.

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A cimentarsi nella non facile impresa, con il benestare degli eredi del cantante, è stato Brett Morgen, documentarista candidato all’Oscar nel 2000 per On the Ropes e che ha in seguito affrontato due leggende del rock come i Rolling Stones e Kurt Cobain. Il film, distribuito da Universal Pictures Italia, è nelle sale dal 26 settembre come evento speciale.

Brett Morgen, il materiale di Moonage Daydream è eccezionale. Quanto tempo a impiegato a visionare l’archivio?

Circa due anni, gran parte era di proprietà della famiglia, ma ho lavorato anche su archivi esterni approvati da loro.

La cosa più difficile era trovare la giusta linea narrativa, Bowie ha avuto tante vite.

Quando lavoro a questi progetti guardo il materiale in ordine cronologico e cerco una linea di demarcazione. Con David non è stato difficile stabilirla, la dichiarava continuamente: caos, frammentazione, transitorietà. In un’intervista che non ho usato dice che i critici sono convinti che la sua carriera fosse caratterizzata dai cambiamenti, ma in realtà si è sempre trattato di transizioni, in un’accezione spirituale prima di tutto.

Quando voleva cambiare lo faceva per provare qualcosa di nuovo per se stesso. Nel 1974 era la più eccitante rockstar del mondo e decise di buttare tutto all’aria e reinventare il modo in cui fare musica, senza alcuna certezza, salvo poi pubblicare uno dei suoi album di maggiore successo. Bowie è una fonte d’ispirazione sul come essere artisti.

C’è dell’altro che ha dovuto lasciare fuori e che avrebbe raccontato al pubblico chi era David Bowie?

No, perché non volevo educare le nuove generazioni su David Jones. Decidere cosa inserire era cristallizzato, a partire dalle performance, solo quelle su cui avrei potuto lavorare personalmente sia sul video che sull’audio, un bel filtro per scremare il materiale. Quando trovavo un concerto non montato, lo montavo interamente per capire quale parte sarebbe stata più utile per i miei scopi. È stato estenuante, ma alla fine era come trovarsi sulla scena di un crimine dopo avere passato il Luminol: le tracce di sangue erano quello che serviva. Dopo due anni di lavoro, sono certo di avere usato i 140’ di cui avevo bisogno.

Ci sono artisti che mancano particolarmente, David Bowie è uno di questi. Quanto sarebbe stata importante la sua figura in un momento complesso quale è l’attuale panorama politico, sociale e culturale globale?

So che quello che sto per dire potrebbe suonare orribile per gli amanti di Bowie, ma credo che artisti come Harry Styles, Billie Eilish che portano avanti discorsi che condividono con un grande pubblico. Naturalmente non hanno il grado di sperimentazione che aveva Bowie, ma oggi David avrebbe 78 anni e non sarebbe in grado di parlare ai giovani come riusciva la sua incarnazione degli anni Settanta.

Ma se tu mi chiedessi se mi piacerebbe sentire la musica che Bowie avrebbe scritto a 79 anni, ti direi che sarebbe sconvolgente continuare a scoprire la sua evoluzione. Ma è anche vero che il messaggio che ci ha lasciato con Blackstar è che ognuno di noi è Bowie grazie a quello che ha condiviso con il mondo nel corso della sua vita e della sua carriera.