La fiera delle illusioni, conversazione con Guillermo Del Toro

Abbiamo incontrato il regista di Nightmare Alley, per una lunga intervista esclusiva

0
Guillermo Del Toro

Dopo le prime proiezioni americane La fiera delle illusioni – Nightmare Alley era già tra i favoriti all’Oscar 2022. Guillermo Del Toro lo ha già vinto nel 2018 con La forma dell’acqua. Tra una produzione e lo sviluppo del suo Pinocchio per Netflix, il regista messicano ha anche trovato il tempo per questo progetto a cui teneva da tempo.

LEGGI ANCHE: Pinocchio di Guillermo del Toro arriverà a dicembre su Netflix: il teaser ufficiale

Abbiamo visto La fiera delle illusioni – Nightmare Alley a metà novembre per poter incontrare, almeno virtualmente in videochiamata, Guillermo Del Toro, con cui abbiamo avuto una lunga conversazione in esclusiva. Dopo averla pubblicata sul numero di Ciak di gennaio, ecco la versione estesa e integrale dell’intervista.

Guillermo Del Toro, Nightmare Alley deve essere evidente il suo romanzo preferito e anche il suo film preferito.

Adoro entrambi, soprattutto amo molto l’autore, William Lindsey Gresham, un personaggio molto complesso e una mente altrettanto interessante. Mi sono piaciute tutte le cose che ha scritto e su cui sono riuscito a mettere le mani. Ho fatto anche delle ricerche approfondite sulla sua vita e non escludo di realizzare un documentario su di lui, perché è stato uno dei maestri non riconosciuti del realismo letterario americano.

E del noir, un genere per cui è fondamentale avere gli attori giusti e Cate Blanchett è davvero una moderna Veronica Lake e Bradley Cooper sembra nato per questo ruolo.

Guarda, quando sei il regista devi creare un mondo, ma è il cast a fare il film, sono gli attori a infondere la vita. Questa è stata un’avventura incredibile e abbiamo potuto avere tutti quelli che volevamo.

Bradley è stata una mia scelta, sin dall’inizio, la sua presenza sullo schermo è quella di una star dell’epoca d’oro, di un Gary Cooper. È in grande forma, ha imparato a tirare di boxe apposta, voleva il fisico di un uomo abituato a sopravvivere durante la Grande Depressione, che era in grado di saltare su un treno in corsa, ha un velo costante velo di oscurità e follia nello sguardo. E poi è un collaboratore perfetto, è anche regista, puoi parlare con lui di focali e di lenti.

Guillermo Del Toro La fiera delle illusioni
Bradley Cooper e Cate Blanchett in “La fiera delle illusioni – Nightmare Alley”

Cate è un’attrice che eleva i concetti di eleganza e raffinatezza a livelli di verità e pericolo impensabili.

E poi c’è Richard Jenkins, uno dei miei attori preferiti, a cui ho dato un ruolo molto diverso da quelli a cui ci ha abituati. Anche se Richard in effetti può fare qualunque cosa.

Quando in un film c’è un circo o un luna park oggi il primo pensiero va a Guillermo Del Toro o Tim Burton. Il mio invece ancora Federico Fellini, e La fiera delle illusioni è un chiaro omaggio a La strada.

È così, hai perfettamente ragione, volevo la stessa innocenza di Gelsomina per il personaggio di Rooney Mara e la stessa brutalità di Zampanò per quello di Bradley. E poi ci sono tutta una serie di codici, di piccoli riferimenti, il cappotto che indossa Ron Perlman è identico a quello che usava Anthony Quinn ne La strada.

Abbiamo cercato l’energia che Fellini infondeva nei suoi circhi e nelle sue fiere di paese, mostrando la bellezza nascosta di questi orrendi spettacoli e che mostrava senza renderla artificiale, soprattutto nel suo periodo più neorealista.

Non mettere in scena una versione hipster del luna park è stata una sfida, volevo il realismo della sporcizia, del fungo e anche della bramosia dei suoi protagonisti. Oltretutto sono dell’idea che il noir e il neorealismo molte cose in comune.

Guillermo Del Toro La fiera delle illusioni
Rooney Mara and Bradley Cooper in the film NIGHTMARE ALLEY. Photo by Kerry Hayes. © 2021 20th Century Studios All Rights Reserved

Assolutamente, non a caso Ossessione di Luchino Visconti, che è tratto da Il postino suona sempre due volte di James Cain, viene considerato uno dei primi film del Neorealismo.

E probabilmente Il grido di MichelangeloAntonioni ha due gradi di separazione dal noir.

Facciamo anche uno, ma d’altronde questo amore che ha lei per il cinema è l’elemento che traspare maggiormente da La fiera delle illusioni. C’è Fellini, ma è anche un omaggio al noir di Orson Welles, a La fiamma del peccato di Billy Wilder. D’altronde è per questo che entrambi facciamo questo lavoro, perché amiamo i film.

Vero, e ti dirò di più. Ho scritto il film con Kim Morgan, oggi siamo marito e moglie e la nostra complicità è nata prima di tutto per il nostro incondizionato amore per il cinema, perché entrambi pensiamo che il cinema sia molto più di uno strumento per raccontare delle storie, ma che sia quasi un’esperienza spirituale.

È vero che chi ama il cinema e questo genere potrà vedere tracce di William Wyler, Billy Wilder, Otto Preminger, Ed entrambi siamo molto influenzati dal cinema precedente all’entrata in vigore del Codice Hays perché il pubblico stesso aveva abbracciato quell’assoluta mancanza di moralismo che lo caratterizzava.

Infatti ne La fiera delle illusioni non ci sono regole, se non una, che infatti non viene rispettata dal protagonista, dietro cui si rifugia lei stesso, perché in fondo Stan è un regista cinematografico che mette in scena le sue finzioni.

Credo ci siano due categorie di registi. C’è quello che preferisce mentirti a proposito del mondo e quello che te lo vuole rivelare. Di questa seconda categoria fanno parte Martin Scorsese, che magari te lo racconta attraverso un crime movie, ma anche Wes Anderson con Ie sue perfette costruzioni ornamentali barocche.

Entrambi ti stanno raccontando la loro visione della realtà. Mi infastidisce molto quando leggo o sento che l’horror o il noir sono dei generi offensivi, non sono d’accordo, trovo molto più offensive quelle commedie romantiche che ti mentono sapendo di farlo, perché appunto c’è una categoria di registi che invece vuole dirti che le cose vanno sempre bene. E che la società funziona, che ti devi comportare bene, e questo è uno spettacolo da mentalista molto simile a quello di Stan nel film.

Guillermo Del Toro La fiera delle illusioni

Il mentalismo è uno spettacolo d’illusionismo molto interessante. Uno dei più famosi mentalisti si chiamava Aaron Brown, era inglese e quando iniziava il suo numero dichiarava al pubblico che “tutto quello che state per vedere è un trucco”. Eppure mentre il numero va avanti senti emozioni sempre più forti, convinto che forze sovrannaturali siano al lavoro, finché non ricordi che ti è stato detto che è tutta un’illusione. E va bene così, è solo un modo diverso di raccontare una storia.

Ora mi è perfettamente chiaro perché ha girato una commedia romantica tra un mostro marino e una donna che non può parlare.

E non hai idea di quanto a lungo ci abbia provato, perché nessuno vuole una favola dove il rospo non diventa il principe azzurro, ma io volevo che fosse la principessa a diventare un pesce, o a rivelare che è sempre stata un pesce.

D’altronde lei è stato uno dei primi a cimentarsi con il cinecomic contemporaneo, e uno dei suoi primi film, El Espinazo del Diablo, è diventato il prototipo di un certo tipo di horror. Cosa le piacerebbe che diventasse nel tempo La fiera delle illusioni?

La mia speranza è che possa servire a rivalutare il fatto che il noir è sempre stato, e lo è tutt’ora,  uno specchio della società. E credo sia un momento perfetto perché questo accade, succede anche da voi grazie a molti vostri scrittori di genere, come Massimo Carlotto di cui ho letto molte cose, penso analizzino la realtà italiana molto meglio della cronaca. Allo stesso modo credo che il genere possa fare con gli Stati Uniti di oggi. Poi chi lo sa, ho fatto Crimson Peak pensando di far tornare di moda il romanzo gotico, ma non è andata come speravo. Ma chi lo sa, in fondo non puoi mai predire come andranno le cose. Pan’s Labyrinth, ad esempio, ha cambiato molto l’approccio al fantasy, sia dal punto di vista visivo che narrativo, ma certo non me lo aspettavo mentre lo stavo girando.

Il noir credo sia il genere che riflette al meglio i tempi che stiamo vivendo. Il fatto che La fiera delle illusioni sia ambientato durante la Grande Depressione e la presidenza di Franklin Delano Roosevelt ha molto a che fare con quanto sta succedendo negli Stati Uniti oggi, con il Presidente Joe Biden che sta cercando di dare al paese un New New Deal. Oggi come allora, in un momento di grande crisi, sono le storie a salvarci, in particolare quelle raccontate attraverso il cinema. Che ne pensa?

Penso che siamo tutti animali che si nutrono di storie. Guarda noi due, un messicano e un italiano che si esaltano a parlare proprio di questo. Durante la pandemia tre cose sono state fondamentali per le persone: medicine, cibo e storie. Di queste ultime ne abbiamo consumate più che in qualunque altro momento della nostra vita e il genere, e il Noir in particolare, è perfetto per parlare di argomenti fondamentali affrontandoli in maniera obliqua, il che permette alle persone di scavare e riflettere. Il Noir ha lo stesso potere di una parabola.

Ha citato prima Massimo Carlotto, il che mi ha piacevolmente sorpreso. Mi permetto di segnalarle un altro autore italiano che potrebbe piacerle, Maurizio De Giovanni. Un suo personaggio, il commissario Ricciardi, che lavora nella Napoli degli anni Trenta, durante il ventennio fascista, sono convinto le darebbe grandi suggestioni.

Un noir nella Napoli degli anni Trenta? Fammi lo spelling, adesso cerco i suoi romanzi, già mi piace!