Io sono ancora qui, il trailer del candidato brasiliano agli Oscar con Fernanda Torres

In sala dal 30 gennaio il nuovo film di Walter Salles che ha commosso tutti

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Io sono ancora qui (titolo italiano dall’internazionale I’m Still Here) è il nuovo film del brasiliano Walter Salles (Central do Brasil, I diari della motocicletta), già vincitore del premio per la Miglior sceneggiatura all’ultima Mostra del Cinema di Venezia e candidato ai Golden Globe 2025 come Miglior Film Internazionale e Miglior Attrice (Fernanda Torres), oltre ad essere, insieme al nostro Vermiglio, nella shortlist dei 15 migliori film stranieri che concorrono agli Oscar 2025. Arriverà nelle sale italiane dal 30 gennaio con BiM Distribuzione, dopo aver conquistato il Brasile con oltre 10 milioni di dollari al box office e 1.5 milioni di spettatori.

Io sono ancora qui, trama

Rio de Janeiro, 1971: il Brasile vive nella morsa della dittatura militare. La famiglia Paiva vive nell’unico modo possibile per resistere al clima di oppressione che aleggia sul paese: con ironia e affetto, condividendo la quotidianità con amici e parenti. Ma un giorno, i Paiva si ritrovano vittime di un’azione violenta e arbitraria da parte del governo: Eunice (Fernanda Torres) resta d’improvviso senza suo marito Rubens (Selton Mello), sola e con cinque figli, costretta a reinventarsi per proteggere i suoi cari e disegnare un futuro diverso da quello che la società le prospetta.

Tratto dalla vera storia di Marcelo Rubens Paiva e dal suo romanzo Sono ancora qui (edito da La Nuova Frontiera), il film racconta una parte di storia del Brasile tuttora nascosta e la toccante storia di una donna che non si è mai arresa.

Quando ho letto per la prima volta Sono ancora qui di Marcelo Rubens Paiva mi sono commosso profondamente” – ha dichiarato il regista Walter Salles“Per la prima volta, la storia dei desaparecidos, le persone strappate alle loro vite dalla dittatura brasiliana, veniva raccontata dalla prospettiva di chi era rimasto. Nell’esperienza di una donna – Eunice Paiva, madre di cinque figli – c’era sia la storia di come vivere una perdita sia il segno della ferita lasciata a una nazione. È stata anche una questione personale: conoscevo questa famiglia ed ero amico dei bambini Paiva. La loro casa è rimasta impressa nella mia memoria. Nei sette anni in cui abbiamo realizzato Io sono ancora qui, la vita in Brasile si è pericolosamente avvicinata alla distopia degli anni Settanta, il che ha reso ancora più urgente raccontare questa storia.”