Leonora addio, il saluto di Paolo Taviani a Pirandello e a suo fratello Vittorio alla Berlinale 2022

Leonora addio è l’omaggio di Paolo Taviani a Pirandello e a suo fratello Vittorio presentato alla Berlinale 2022 e in uscita dal 17 febbraio al cinema con 01 Distribution

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Paolo Taviani

Le ultime volontà di Luigi Pirandello, ma anche quelle di Vittorio Taviani, Leonora addio, primo film che porta la firma di Paolo Taviani senza il compianto fratello scomparso nel 2018, è un omaggio e un saluto in memoria del grande drammaturgo siciliano e insieme anche del grande cineasta toscano. Senza nascondere una certa commozione, Paolo Taviani ha presentato oggi il suo film in Concorso alla Berlinale 2022, che uscirà nelle sale italiane a partire dal 17 febbraio con 01 Distribution.

Una grande passione e reverenza ha sempre legato i fratelli Taviani alla personalità e alle opere di Pirandello, i quali dopo Kaos (1984) non hanno mai smesso di pensare alla possibilità di realizzare altre pellicole ispirate alla vasta letteratura del drammaturgo premio Nobel. Dopo la scomparsa del fratello Vittorio, in Paolo è cresciuto il desiderio di portare a compimento questo progetto e lo ha fatto con Leonora addio mettendo insieme diversi spunti.

Al termine della presentazione di Kaos a Parigi, dissi che il film non era finito lì e che Vittorio e io ne avremmo realizzato un altro sulla storia delle ceneri di Pirandello. Allora, era l’85, non si poté fare perché non c’erano soldi. Da quel momento però si parlò tantissimo di queste ceneri ed è rimasto il desiderio di fare un film che fosse legato all’emozione che avemmo mio fratello ed io quando lo avevamo pensato”: racconta Taviani a Berlino.

Leonora addio

“Il chiodo”, episodio conclusivo di Leonora addio, era la novella pirandelliana che più di tutte era rimasta nelle intenzioni dei due fratelli. Mentre la prima parte del film si dedica al racconto della morte e del lungo viaggio delle ceneri di Pirandello fino alla meta finale, la villa dell’autore nella contrada Caos ad Agrigento.

Anche il titolo riecheggia una novella pirandelliana, che ha poi ispirato la pièce teatrale “Stasera si recita a soggetto”. Il racconto non è nel film, ma il suo contenuto, appassionato canto del cigno di una donna che rimpiange la propria gioventù e poi muore, si sposa perfettamente con i suoi temi.

Il regista spiega di aver voluto mantenere questo titolo: “Perché sono un bugiardo. Inizialmente c’era nella sceneggiatura, il COVID mi ha bloccato, è passato il tempo, ma il titolo è rimasto quello perché era così bello!”.

La morte, i ricordi di una vita e le ultime volontà sono i fili su cui si sviluppa Leonora addio. Paolo Taviani a Berlino spiega che il film si apre e si conclude proprio come uno spettacolo teatrale e l’accento cade soprattutto su quel sipario che si chiude sull’esistenza, ma non sull’opera, che sempre rimarrà viva. E mentre il regista parla della grandezza di Pirandello non si può fare a meno di pensare all’ammirazione e all’affetto da lui nutriti anche verso il fratello e che certamente hanno ispirato il film.

Pirandello diceva di non aver scritto queste novelle da solo, diceva di averlo fatto sentendo il fiato sul collo della donna di servizio, un’umile contadina, che gliele aveva raccontate. Sosteneva di non aver fatto altro che trascriverle. Quando mi sono tuffato in questo film sentivo il fiato di Vittorio addosso e ancora ora lo sento”: continua Taviani.

Fabrizio Ferracane in Leonora addio

La prima parte di Leonora addio, dedicata alla strana storia dei funerali di Pirandello, ha l’aspetto e lo stile della novella che l’autore non ebbe mai modo di scrivere. Da grande studioso e ammiratore del drammaturgo, Taviani ha letto tra le righe del testamento che Pirandello lasciò in eredità prima di morire alla luce di quelli che furono poi i tre funerali dedicati a lui dedicati.

Per riuscire a rispettare le ultime volontà dello scrittore, infatti, il funerale di Pirandello dovette svolgersi in tre diverse fasi nell’arco di quasi 3 decenni. Le sue ceneri attesero la fine della Seconda guerra mondiale, per intraprendere il viaggio da Roma alla Sicilia, dove gli fu reso un secondo, sentito, ma complicato omaggio prima che queste potessero arrivare alla meta definitiva.

Mi sono documentato, ma ho anche ho inventato – prosegue il regista –. È tutto vero, ma non è vero il contorno. I personaggi li ho inventati tutti, con la gioia di avere la possibilità di rivivere la mia esperienza da ragazzo nel dopoguerra su un treno. Alcune scene fanno parte dei miei ricordi personali rielaborati in funzione della storia. Non posso dire quale sia la logica che sta dietro al film, ma solo il piacere che ho provato nel farlo”.

Questa prima parte di Leonora addio si avvale di diversi inserti esterni, scene di film rubate al neorealismo dalle opere di Visconti, Rossellini, Lizzani e De Sica. Nonostante i materiali di repertorio offrissero numerosi spunti, per descrivere quegli anni durante e dopo la guerra Taviani ha preferito rifarsi al cinema.

Nel materiale di repertorio di Cinecittà c’erano elementi straordinari – spiega il maestro -, ma quella non era la verità che io ho conosciuto. La verità che avevamo vissuto l’ho trovata con Vittorio nel cinema neorealista, in De Sica, uno dei più grandi artisti del secolo scorso. Con quei film mi sono commosso nel veder la mia giovinezza e nel ritrovare la ragione per cui faccio il cinema”.

Leonora addio

Al termine di questo racconto Taviani aggiunge in Leonora addio la trasposizione di un’altra novella di Pirandello, “Il chiodo”. In essa l’autore narra una bizzarra storia che vede protagonista un ragazzo siciliano immigrato negli USA che a Brooklyn, mosso da un incomprensibile istinto, uccide una bambina con un chiodo trovato accidentalmente per strada. Nella trasposizione di questa novella Taviani racconta di aver voluto “affondare il coltello nel surreale”.

Leonora addio commuove sin dal cartello iniziale, che recita una dedica al fratello Vittorio. “Siamo cresciuti insieme – dice il regista –, e anche ora lui era dietro di me. Il fiato di Vittorio c’è sempre stato e lui sarebbe stato molto contento di poter lavorare al set. Il set è il mio elemento naturale e lo era anche per lui, ci litigavamo le scene addirittura. In questo primo film senza di lui, ogni volta che terminavo una scena mi voltavo in cerca della sua approvazione”.

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