L’Esorcista del Papa, la recensione del film con Russell Crowe

Russell Crowe torna a Roma, stavolta in abiti da prete per affrontare il Diavolo. Scopriamo come se l'è cavata.

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Dal 13 aprile è in sala con Sony Pictures L’Esorcista del Papa, il nuovo film di Julius Avery (Samaritan, Overlord) con protagonista Russell Crowe in una delle sue esibizioni più convincenti degli ultimi anni. La sua. Quella del film, un po’ meno.

IL FATTO

Siamo sul finire degli anni Ottanta. Padre Gabriele Amorth (Rusell Crowe) è il capo esorcista del Vaticano. Nonostante non sia ben visto da molti vescovi e cardinali, di lui ha piena fiducia il Papa (Franco Nero), il quale gli chiede di prendere in carico un caso molto complesso in Spagna. Lì, nell’ex abbazia sconsacrata di san Sebastiano, si è appena trasferita – per ristrutturarla, dopo la morte del marito – la statunitense Julia (Alex Essoe) con i suoi figli adolescenti Amy e Henry. Quest’ultimo viene presto posseduto da un potente demone che si manifesta come da ‘manuale’: volgarità, blasfemia, piaghe, vomito e levitazione. Convocato dal parroco locale, padre Esquibel, padre Amorth si prepara a dare battaglia al Demone, finendo per scoprire una cospirazione secolare che il Vaticano ha disperatamente cercato di tenere nascosta.

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L’OPINIONE

Ci vuole poco affinché L’esorcista del Papa si mostri solo liberamente, e molto liberamente, ispirato ai veri scritti di Padre Amorth, il noto esorcista italiano realmente vissuto al quale William Friedkin aveva già dedicato un documentario un anno dopo la sua morte, nel 2017. Nonostante l’inizio piuttosto realistico, il film di Julius Avery impenna rapidamente verso i canoni dell’horror sovrannaturale, diventando un ibrido che potremmo fantasiosamente definire una buddy-priest-action-comedy-thriller. Se volontariamente, o involontariamente, con una sensibilità da B-movie, non siamo ancora onestamente riusciti a decifrarlo, fatto sta che la cosa più riuscita dell’operazione resta senza dubbio l’interpretazione di Russell Crowe.

L’ex Gladiatore interpreta perfettamente l’arguzia secca e pungente del personaggio, un prete/esorcista/giornalista/teologo/ex partigiano anticonformista che beve espresso e gira in Lambretta, accoglie gli insulti con un sorrisetto impassibile e risposte scattanti (la migliore di tutte, quando il demone ringhia di essere il peggior incubo di Amorth, lui risponde: “Il mio peggior incubo è la Francia che vince la Coppa del Mondo“). Nel farlo, Crowe non si spinge mai così lontano da sembrare che stia prendendo in giro il film, anzi, aggiunge anche un discreto spessore, lasciando spazio alle insicurezze di Amorth (che il demone non vede l’ora di attaccare). Simpatica anche l’alchimia raggiunta con l’altro prete, padre Esquibel, in una formula buddy che apre a possibili collaborazioni future, come l’inizio di un sodalizio “professionale” alla caccia di altri demoni sparsi nel mondo. Tutto il resto dei tecnicismi, dalla CGI, all’estetica, ai dialoghi, da rivedere. Anzi, da vedere senza rigore, con un pizzico di ironia.

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Il film padre dei padri, L’esorcista (1973) di William Friedkin o altri titoli sugli esorcismi, da L’evocazione – The Conjuring (2013) a The Exorcism of Emily Rose (2005).

RASSEGNA PANORAMICA
VOTO
lesorcista-del-papa-la-recensione-del-film-con-russell-croweDal 13 aprile è in sala con Sony Pictures L'Esorcista del Papa, il nuovo film di Julius Avery (Samaritan, Overlord) con protagonista Russell Crowe in una delle sue esibizioni più convincenti degli ultimi anni. La sua. Quella del film, un po' meno. IL FATTO Siamo sul...