Louis Garell e «La crociata» della generazione Greta

Il regista e attore francese racconta il suo nuovo film, una commedia ecologista che ha anticipato i Fridays for Future. Nelle sale da 5 gennaio.

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Louis Garrel e Laetitia Casta in "La corciata"

Il mondo sarà salvato dai ragazzini? Louis Garrel ritiene di sì, e nel suo nuovo film da regista e attore, La crociata (La croisade), al cinema dal 5 gennaio per Movies Inspired dopo le anteprime a Cannes e alla Festa del Cinema di Roma (nella sezione autonoma Alice nella Città), racconta come potrebbe accadere. Eppure, fino a pochi anni fa, Garrel non avrebbe mai pensato che i teenager odierni potessero costituire l’avanguardia ecologista. Più di lui, ci credeva Jean-Claude Carrière, il grande sceneggiatore (da Bella di giorno e Il fascino discreto della borghesia a Cyrano de Bergerac) scomparso a febbraio 2021. Da Carrière nasce l’idea de La crociata. Che, prima dei Fridays for Future, immagina una rete mondiale di giovanissimi per il contrasto al cambiamento climatico.

«Mi disse che in aereo aveva scritto la prima scena di un film», racconta Garrel, «La scena era bella, ma l’ossessione di un personaggio così giovane per la crisi climatica non la trovavo credibile. E gli risposi che mi sembrava l’idea di un adulto trasposta in un bambino. Lui mi disse: “Stupido!”». Qualche mese dopo, esplode il fenomeno Greta Thunberg. Allora, prosegue Garrel, «ho chiamato Jean-Claude e gli ho detto: “Sei un profeta!”. E gli ho chiesto di scrivere un personaggio… cretino, come sono io». In effetti Garrel si diverte molto a interpretare Abel, il quale assieme alla consorte Marianne (Laetitia Casta) scopre che il figlio tredicenne Joseph (Joseph Engel) sta vendendo oggetti costosi e inutili dei genitori per finanziare con i coetanei un piano contro l’apocalisse ambientale. Tutto in forma di commedia, «perché Jean-Claude diceva sempre che con la commedia si possono aprire più porte», specifica l’attore-regista.

C’è anche una sequenza che ha anticipato il lockdown, dove vediamo i personaggi costretti in casa e con mascherine dall’aumento delle polveri sottili. «Avevo paura che il pubblico l’avrebbe presa come una scena di fantascienza. Ma quando l’abbiamo girata era appena arrivata la pandemia, il set è stato chiuso, mi trovavo a casa, le strade vuote, e mi sono detto: “Emmanuel Macron è un direttore di produzione geniale!”». Garrel, come il suo film, si dichiara comunque «ottimista, perché credo che questa generazione abbia più capacità di capire i problemi e di agire. Li vedo molto più aperti a tutto, anche sulle questioni del femminismo, dell’orientamento sessuale, dell’identità di genere. E le istituzioni non sono più sintonizzate con la realtà della loro vita».

Insomma, una presa di coscienza per Garrel, e una tappa in più nella maturazione da regista: «Ho imparato che devo delegare. Non sono l’artista maledetto che lavora da solo, non sono così talentuoso. Ho bisogno di una squadra». Di cui fa parte la moglie Laetitia Casta: «Mi piace lavorare con persone che conosco. E Laetitia ha un modo di recitare mai convenzionale». Tra le passioni di Garrel (che tra i ruoli da attore vanta The Dreamers di Bertolucci), c’è anche l’Italia. «Mi sento più italiano che francese», confessa. Non a caso, ha adorato lavorare con Pietro Marcello per il film L’envol: «Lui è fantastico, lo chiamo “Il Napoletano”. Mi è piaciuto dal primo secondo: intelligente, libero. Il film è molto originale. Per questo sono un po’ invidioso: fare un film che non assomiglia a nessun altro è la cosa più bella». Garrel, dal canto suo, è già all’opera sul prossimo progetto da regista, un’altra commedia. Ma, stavolta, «una commedia nera».