Malcolm McDowell: «Kubrick? Con lui sapevi quando iniziavi ma mai quando finivi»

Una sfilza di aneddoti preziosi raccontati dall'attore di Arancia meccanica durante la masterclass al Torino Film Festival

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«Sono stupito di vedere così tanti giovani accorsi ad ascoltare un vecchio. Questa cosa mi rende estremamente contento». Non ha deluso le aspettative l’attesissima masterclass di Malcolm McDowell, oramai idolo indiscusso di questo 40° Torino Film Festival, che ieri ha coinvolto una sala gremita di gente (in fila per due ore sotto i portici di Via Po’ per aggiudicarsi un posto) con un incontro frizzante e ricco di aneddoti.

Dagli esordi come teatrante alla Royal Shakespeare Company fino ai suoi ultimi impegni (un film con Jane Fonda di cui si vanta «essere il più giovane sul set»), McDowell ha passato in rassegna oltre 50 anni di carriera, soffermandosi sugli incontri che più hanno segnato la sua vita: quelli con Lindsay Anderson, il regista che lo ha fatto emergere, Mike Kaplan, produttore di Arancia Meccanica e amico di lunga data (presente anche in sala), Robert Altman e ovviamente Stanley Kubrick.

Lindsay Anderson è il regista al quale deve tutto, spiega, colui che «gli ha insegnato ad amare la vita e la recitazione» e che «lo ha ha incoraggiato tantissimo», scegliendolo giovanissimo come protagonista di Se…, film che nel 1969 vinse la Palma d’Oro a Cannes, e nel successivo sequel O Lucky Man! «Con Se… ha pugnalato il cuore dell’establishment inglese. Diventammo una squadra. Era un genio». 

Nel 1971 l’incontro con Mike Kaplan e Stanley Kubrick per Arancia Meccanica, film molto contestato alla sua uscita («la stampa liberale all’epoca lo ha definito fascista»), ma che ha segnato la sua carriera regalandogli il ruolo per il quale è ancora oggi più ricordato, quello di Alex DeLarge: «Kubrick mi aveva richiesto di rendere questo ragazzo immorale, Alex, piacevole al pubblico, ma senza tradirlo. È stata una grande sfida, dovevo cercare uno stile esagerato e pensare più a quello che alle emozioni». E a chi gli chiede se lo abbia turbato interpretare un personaggio così, McDowell risponde: «un attore professionista, a meno che non sia un seguace del Metodo, non porta mai a casa i ruoli che ha interpretato».

Sul carattere e i metodi di lavorazione di Kubrick, conferma: «Era estenuante e chiedeva sempre di più. Quando lavoravi con lui sapevi quando iniziavi ma mai quando finivi. I turni di lavorazione c’erano, ma non venivano mai rispettati, erano interminabili».

Di Arancia Meccanica ha raccontato anche di quando si trovò ad improvvisare l’iconico balletto sulle note di Singing in The Rain o nella scena finale con il Segretario per gli affari interni.

L’amicizia con Mike Kaplan lo portò a lavorare anche con Robert Altman: «se vedi i suoi film e capisci com’era l’America di quel periodo. Altman era straordinario, amava divertirsi».

Tra i racconti di McDowell ce n’è anche uno su Sergio Leone: «Mi chiese di interpretare un ruolo per lui in ‘Giù la testa’. Ricordo che cenammo a Roma insieme, fu una serata bellissima, ma ho dovuto rifiutare perché ero già impegnato con Anderson».