Michele Placido: «Il mio Caravaggio istintivo e carnale»

Il regista e sceneggiatore de L’ombra di Caravaggio svela il perché ha voluto con tanta forza questo film. E spiega: “aveva rappresentato il popolo, metteva paura al potenti”

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Un Caravaggio rock, sesso (molto), droga (abbastanza) e rock‘n’roll, con Riccardo Scamarcio in stato di grazia, un cast prezioso (Isabelle Huppert, Louis Garrel, Micaela Ramazzotti) e una messa in scena barocca, dettagliatissima, illuminata a contrasto dal talentuoso direttore della fotografia Michele Attanasio. Michele Placido porta al cinema il suo L’ombra di Caravaggio, scritto dal sodale Sandro Petraglia – con lui anche per Romanzo Criminale – rileggendo la biografia del turbolento pittore a partire dalla galleria degli “ultimi” con cui l’artista amava passare le notti: ladri e prostitute realmente esistiti e portati qui, per la prima volta, sul grande schermo.

Perché Scamarcio?

Mi avevano proposto quattro o cinque attori, di quelli che vanno per la maggiore. Di Riccardo si dice che sia bravo ma antipatico e scontroso. Non è così, e non solo: lui ha subito capito che volevo una rockstar.

Che ruolo giocò il sesso nella vita di Caravaggio?

Caravaggio era un carnale, un istintivo. Io nel film mi sono persino trattenuto, ma le sue modelle, allora, gestivano il corpo con grande disinibizione. Venivano a Roma per fare carriera e aprire la loro casa di appuntamenti, come fa il personaggio di Ramazzotti. Erano donne sfrontate, non sottomesse. Figure libere e passionali, che Caravaggio amava pur essendo omosessuale.

Però nel film non lo dice. Perché?

Avrei potuto spingere di più da quel lato, invece la sua omosessualità è rivelata solo in una scena di bacio. Potevo metterci un amante maschio, nella scena della vasca da bagno, invece della Ramazzotti? Sì, ma mi è venuto un certo pudore.

Quanto è vera la storia che racconta?

L’unica cosa di cui non siamo sicuri è come sia morto Caravaggio. Ci sono tante fonti ma nessuna certa: qualcuno dice a Portopalo, altri in Maremma. Sicuramente è stata eseguita una condanna a morte. Ma in troppi gli volevano male.

Qual era la sua colpa?

Aver rappresentato la gente del popolo, gli ultimi, nei suoi quadri. Chi andava in chiesa pregava la Madonna senza sapere che aveva la faccia di una prostituta: dopo un po’ la Chiesa ha cominciato a guardarlo con sospetto. Ma lui era così: aveva lo studio a Palazzo Madama, eppure preferiva la suburra romana, la vita notturna e malfamata. Nel film abbiamo voluto raccontare anche quella gente: Anna Bianchini, la prostituta dai capelli rossi, è realmente esistita.

Nel film la interpreta Lolita Chammah, figlia di Huppert: come l’ha scelta?

Su suggerimento della madre. Dopo aver accettato il copione Isabelle mi ha chiesto di prenderla in considerazione. Io l’ho provinata e l’ho trovata bravissima. Ce l’ha messa tutta, anche sul piano emotivo: per girare una scena è stata per otto ore completamente nuda e distesa su un tavolaccio, senza mai lamentarsi.

Dove ha girato il film?

Le chiese romane non ci hanno dato il permesso, dunque abbiamo girato a Napoli, nelle chiese gestite dalle associazioni private. Il resto è tutto ricostruito a Cinecittà. È stato un grande impegno, speriamo che sia ripagato: in Francia il film uscirà nella settimana di Natale. Perché loro, al cinema, ci vanno. Anche a Natale.