Mira Sorvino, come sopravvivere a Weinstein e vivere felici

Premiata al Monte-Carlo Film Festival de la Comédie, Mira Sorvino racconta la sua vita dopo lo scandalo del #metoo, la maternità, la sua nuova carriera e il dolore per la morte del padre, dimenticato quest’anno dagli Oscar

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Lo sanno tutti, è stata una delle testimoni chiave dell’affare Weinstein. È anche grazie alle sue rivelazioni infatti che un movimento mondiale come il #metoo è stato in grado di modificare il ruolo delle donne all’interno dell’industria cinematografica (e non solo) aprendo le porte a un concetto di inclusione molto più ampio del previsto. Arrivata con il marito, l’attore Christopher Backus, al Festival della Commedia di Montecarlo ideato e presieduto da Ezio Greggio, Mira Sorvino piange e ride, si entusiasma e si commuove ricordando la morte del padre Paul, scomparso lo scorso luglio, i difficili anni lontana da Hollywood e da una carriera già benedetta da un Oscar per La dea dell’amore di Woody Allen, le seconde chances, la rinascita anche grazie la sua scelta di diventare cattolica. Racconta: «Quando è morto mio padre, cattolico, dopo il funerale nella cattedrale di San Patrick a New York, ho parlato al prete della mia volontà di diventare cattolica. Lui mi ha suggerito di andare a Loreto perché sono sempre stata devota alla Vergine. L’ho fatto e  poi ho cominciato il programma di catechesi per gli adulti. Avevo bisogno di appartenere alla stessa religione dei miei antenati. Emotivamente e spiritualmente questo mi ha portato più vicina che mai a Dio e a Gesù».  

Gli ultimi Oscar hanno dimenticato suo padre Paul tra i grandi del cinema da commemorare nel segmento In Memoriam.

Ero scioccata. Avevo deciso di non guardare lo show per paura di emozionarmi troppo proprio durante la commemorazione dei defunti dell’anno, ma ho cominciato a ricevere messaggi di persone indignate dal fatto che gli Academy avessero dimenticato mio padre. So che il tempo per quel segmento è limitato, ma sarebbe bastato qualche secondo in più. Se avevano così fretta potevano tagliare qualche battuta o il trailer de La sirenetta, ad esempio. Mio padre ha lavorato con i migliori attori e registi di Hollywood, quando è morto tutti i grandi giornali americani lo hanno ricordato con stima e affetto, riconoscendo tutto quello che ha dato al cinema durante la sua vita di attore, con i suoi film iconici che hanno spaziato tra tanti generi e con i personaggi più diversi. Ha fatto cose meravigliose e meritava rispetto. L’Academy se l’è cavata dicendo che tutti i morti sono celebrati sul sito. Il valore di mio padre non è certo definito da quel breve ricordo durante gli Oscar, ma sta nel cuore di tutte le persone che ha toccato con il suo lavoro. È stato una figura fondamentale per la comunità italoamericana e lui prendeva le sue origini italiane molto seriamente. Conosceva anche il napoletano, le canzoni in dialetto. Al Festival di Giffoni aveva cantato O’ sole mio e mi ha raccontato che la famiglia di chi ha scritto quella canzone, Giovanni Capurro, aveva confermato la storia che il testo era ispirato a una zia di mio padre. Questa estate anche io canterò O’ sole mio in un piccolo, leggendario night club di New York, ma in una chiave jazz.

Mira Sorvino con il papà Paul Sorvino

Cosa ricorda di quando lei ha vinto l’Oscar?

Una notte speciale, dal palco ho sentito un’ondata d’amore ed energia, non solo da parte delle persone in teatro, ma da tutto il mondo. Nel mio discorso di ringraziamento dissi che dandomi quel premio l’Academy aveva deciso di onorate mio padre, perché lui mi ha insegnato tutto quello che so sulla recitazione. E lui, che non è mai stato candidato, scoppiò a piangere. Tutti in America ancora oggi ricordano questo grande momento d’amore tra padre e figlia. 

Com’è cambiato il cinema e lo star system negli ultimi anni?

È diventato un mondo più equilibrato e rappresentativo di persone che appartengono a classi, colori e generi diversi. E poi c’è stata un’esplosione di storie da raccontare grazie allo streaming. Oggi il formato lungo compete con i film, alla gente piace seguire storie e personaggi nel tempo. Ora i film devono essere migliori se vogliono competere con le serie che la gente ama moltissimo. 

Molte cose sono finalmente cambiate per le donne.

Ci sono attori, registi e produttori che hanno fatto cose terribili a donne e uomini, ma è stato tenuto tutto in silenzio in passato. Questo genere di predatori è sempre esistito in ogni epoca e in ogni ambiente, ma è sempre stato protetto e valorizzato, mente le vittime erano ridotte al silenzio e schiacciate. Oggi è diverso. Non ho più fatto studio movies per venti anni, dal 1998 al 2018, ma solo piccoli film indipendenti. La terza volta che sono sfuggita a un assalto do Weinstein è stato durante il Festival di Cannes, subito dopo la fine della mia relazione con Quentin Tarantino. Harvey ha pensato che, vista la mia fragilità, era il momento buono per riprovarci. Lui ha completamente distrutto la mia carriera. Avevo appena vinto un Oscar, lavoravo con registi eccezionali, poi tutto è finito. Nel 2018 Peter Jackson mi ha scritto una lettera di scuse per aver obbedito a Weinstein che gli chiedeva di non prendermi per Il signore degli anelli. Hanno fatto la stessa cosa con Asley Judd. Pensate all’impatto sulla mia carriera se avessi preso parte a Il signore degli anelli. Invece la mia carriera si è interrotta. Anni fa inoltre c’era una netta separazione tra cinema e tv quindi ho rinunciato a molti progetti di serie anche perché nel frattempo ho avuto i miei quattro figli: volevo essere una buona madre e non potevo permettermi di lavorare per mesi sul set di una serie. Nella vita bisogna fare delle scelte e io non avrei mai rinunciato per niente al mondo al tempo trascorso con i miei figli, che sono la parte migliore della mia vita. Sono felice che oggi mi abbiano dato nuove possibilità per recitare, che è la mia grande passione.  E che queste chance siano date a donne della mia generazione. Abbiamo cose da offrire per tutta la vita, siamo interessanti e vitali fino al giorno della nostra morte. Il mondo dello spettacolo sta cominciando a riflettere questo cambiamento. Negli anni Ottanta le donne dopo i quarant’anni non riuscivano più a lavorare, c’erano ruoli stereotipati per loro come la strega o la madre psicotica. La vita va bene ora per me, sono felice ogni volta che metto piede sul set. Ho appena fatto un piccolo film con John Cusack, Fog of War, ambientato durante seconda guerra mondiale.  

Come si è sentita in questi vent’anni di assenza da Hollywood?

Nessuno mi chiamava più e ho cominciato a pensare che c’era qualcosa che non andava in me. Forse non era abbastanza brava o bella. Forse dovevo rifarmi il naso o dimagrire. Temevo che fosse colpa mia e che dopo aver iniziato alla grande, fare l’attrice non era il mio destino. Poi sono arrivate grandi gratificazioni dall’essere madre e dal lavoro fatto con le Nazioni Unite come ambasciatrice contro il traffico degli esseri umani. Ho viaggiato il tutto mondo rappresentando l’Onu, ho lavorato con ONG americane e fatto tre film sul tema, di cui due documentari. Quando ho deciso di raccontare la mia storia non come fonte anonima, ma usando il mio nome e cognome, sapevo che probabilmente mi sarei dovuta trovare un altro lavoro. La gente diceva “ah, ecco cosa è successo a Mira Sorvino!”.  Da una parte è stato bello scoprire tanto interesse su quello che mi era accaduto, dall’altra sentivo addosso la pietà, la commiserazione. E poi, come dicevo, ho scoperto che era stato Weinstein a distruggere la mia carriera. Non solo mi aveva molestato più volte, ma è stata una mano malevola che ha cambiato la mia vita. È stato estremamente difficile fare i conti con questo e sono stata molto male. Ma se voglio guardare l’altra faccia della medaglia allora penso che se avessi fatto Il signore degli anelli non avrei mai incontrato mio marito e non avrei mai avuto proprio quei figli. E che se avessi continuato a lavorare moltissimo non mi sarei potuta prendere cura dei miei figli. Come diceva sempre mia nonna italiana, non tutti i mali vengono per nuocere. Ho ricostruito la mia vita con molta gratitudine, lavoro con persone meravigliose, mi diverto moltissimo e riesco ancora a essere una buona madre. Sono ricca? No. Ma sono piena d’amore.

La scelta del Cattolicesimo

L’anno scorso sono riuscita a recuperare il certificato di battesimo di mio nonno, nella chiesa dove era stato battezzato. Ho fatto la richiesta per diventare cittadina italiana, lo desidero molto, stiamo seguendo tutte le procedure. Mi sento davvero italiana nelle ossa. Felice quando sono in Italian, come una bambina. Sono recentemente diventata cattolica, alla vigilia di Pasqua. Mia madre è episcopalica, chiesa anglicana d’America, e mio padre cattolico. Dopo la sua morte abbiamo partecipato a un funerale meraviglioso nella cattedrale di San Patrick a New York e c’era una tale grazia in questa messa, il prete meraviglioso al quale ho detto della mia volontà di diventare cattolica. Lui mi ha suggerito di andare a Loreto perché gli avevo detto di essere sempre stata devota alla Vergine. L’ho fatto e quando sono tornata a casa sono andata alla scuola cattolica dei miei figli e ho cominciato il programma di catechesi per gli adulti. Avevo bisogno di appartenere alla stessa religione dei miei antenati. Emotivamente e spiritualmente mi ha portato più vicina che mai a Dio e a Gesù. Una cosa nuova per me, sono molto felice.