Paolo Virzì alla Festa del Cinema di Roma: «La vita è uno spettacolo da non perdere»

Alla Festa del Cinema di Roma Paolo Virzì incontra il pubblico e si racconta con divertimento e ironia

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Paolo Virzì

Da Pontecorvo a Fellini, Monicelli e Dino Risi, alla Festa del Cinema di Roma il regista Paolo Virzì, recentemente al cinema con Siccità, incontra il pubblico e, partendo dalla sua opera prima, La bella vita (1994), racconta gli esordi della sua carriera e un pezzetto di storia del cinema italiano con i suoi retroscena più simpatici e insospettabili.

Buontempone, allegro e disponibile, Paolo Virzì, regista livornese, Leone d’argento a Venezia per Ovosodo nel 1997 e vincitore di 7 David di Donatello e di 7 Ciak d’oro, scherza, racconta, ma soprattutto si diverte insieme al pubblico nel ricordare gli aneddoti più deliziosi degli esordi della sua carriera.

La conversazione con Virzì prende le mosse dal suo primo film recentemente ritrovato e restaurato dalla Cineteca di Bologna. “Quando si parla di restauro entra in gioco il tema rilevante dell’età e del fatto che non solo non sei più giovane, ma se hai bisogno di essere restaurato sei proprio decrepito, come una mummia! La bella vita è diventato di nuovo guardabile, nonostante la sensazione agghiacciante che mi fa sentire l’orologio del tempo”.

Da qui il regista torna ancora più indietro, ai ricordi di gioventù, quando non aveva ancora in mente una carriera nel cinema e nemmeno aveva mai pensato di poter fare il regista. “Ero un ragazzo di Livorno che aveva la passione per il disegno e la scrittura. Facevo parte di una compagnia teatrale in cui scrivevo testi. Un giorno, avevo 20 anni, un mio testo fu segnalato per un premio e in quell’occasione conobbi questo mitico regista, Giuseppe De Santis, che all’epoca insegnava al Centro Sperimentale e mi suggerì di iscrivermi lì. Allora studiavo storia, già pensavo ad una tesi e non pensavo di fare cinema”.

De Santis gli fece recapitare direttamente a casa già compilata la domanda di iscrizione al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, al giovane Virzì non restava che firmarla, inviarla e dare gli esami. Ma il regista scherza: “In realtà ciò che mi colpì fu una riga in particolare di quella domanda, quella che indicava la cifra della borsa di studio. E così la inviai”.

Raccomandato da un gruppetto di appassionati cinefili del porto di Livorno, con grande ironia Virzì racconta di aver passato gli esami per accedere al Centro Sperimentale grazie a due cose: “Sono stato preso perché facevo pena e perché sapevo fare le caricature”.

Poco tempo dopo Virzì fu chiamato da Furio Scarpelli come aiuto ad un suo lavoro di sceneggiatura e cominciò a frequentare il gruppo di sceneggiatori e registi più affermati nell’Italia di quegli anni. Di quell’epoca Virzì riporta ricordi bizzarri e spassosi, piccole caricature in forma di memoria che dipingono quell’ambiente già raccontato dal regista in un altro suo film, Notti magiche (2018).

Da Fellini, Monicelli, Dino Risi c’erano tutti. Tutti parlavano, litigavano, si mandavano a quel paese, si spernacchiavano e io assistevo incredulo. Erano una generazione di autori uscita fuori da relazioni e riviste umoristiche e questa cosa la porto nel cuore come una delle più belle a cui io abbia mai assistito. Ero commosso di sentirmi parte di questa cosa, era ‘la cucina del racconto’. Quella è stata per me la bottega in cui ho imparato”.

Fu anche il momento in cui Virzì passò dall’idea di fare lo sceneggiatore a quella di regia. “Era un periodo particolare perché il cinema italiano viveva un trapasso emotivo e generazionale epocale e i produttori erano disperati, cercavano nuovi registi. E mi fu proposto di curare la regia di un lavoro che avevo scritto”.

Assumendo poi un tono più intimo ma non meno spiritoso, il regista aggiunge: “La mia non è stata la storia di uno che è arrivato a Roma per fare il regista, è stata la storia di uno che è finito a Roma per caso a fare lo sceneggiatore e che si è molto divertito. L’avrei fatto volentieri tutto la vita se non fosse stato per il fatto che un pomeriggio un produttore mi propose di fare il regista”.

È però al termine dell’incontro che Virzì regala il cuore del suo pensiero sul cinema e sulla vita stessa: “Io scrivo e giro film su quello che mi fa ridere e piangere e quando queste due cose avvengono insieme penso di aver raggiunto qualcosa di vicino al senso stesso del vivere. La vita è così: è feroce ma anche esilarante, è tragica ma anche ridicola. La vita è uno spettacolo da non perdere”.