Perché vedere Orange is the New Black

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Orange is The New Black è tra le serie più acclamate di Netflix: impossibile resistere alla potenza delle dinamiche del carcere femminile di Litchfield. E’ facile lasciarsi catturare, sconvolgere ed emozionare dall’universo di Piper Chapman, Alex Vause, Red, Crazy Eyes e tutti gli altri personaggi. Ecco qualche valida ragione per cui anche voi, se non l’avete già fatto, dovreste cominciare a seguire questa serie!

1. La metodologia di narrazione: le storie svelate un pezzetto alla volta.

Le storie dei personaggi non vengono rivelate tutte insieme. Nel corso degli episodi sono infatti dilazionate brevi parentesi in cui si aggiunge un tassello in più su questa o quella figura. Così la curiosità rimane costante: il desiderio di risposte e approfondimenti ci accompagna durante tutte le stagioni.

2. La complessità e la costante evoluzione dei personaggi.

Tutto comincia con Piper Chapman, ma non è a lei che si ferma lo show. Più accentrata sulla protagonista soltanto all’inizio, la storia si dirama poi creando una rete fitta e coerente di personaggi. Ognuno ha il suo background ed emerge con una caratterizzazione inequivocabile: impariamo a conoscere e riconoscere Red, Suzanne, Poussey, Tiffany, Dayanara, Nicky, Gloria, Lorna, Norma e tutte le altre. Ognuna delle donne riesce a dare il suo apporto alla storia, con un punto di vista, un’emotività e una durezza tutte particolari. Riusciamo naturalmente a scivolare nei panni delle diverse detenute, cominciando ad andare oltre l’apparenza e scoprendo, nel corso di ogni puntata, qualcosa di loro che cambia radicalmente il modo di rappresentarcele. Ogni personaggio, poi, pur avendo una sua identità precisa è in grado di migliorare, sviluppare e rinnovarsi. Un caso emblematico? Quello di Pennsatucky.

3. La rappresentazione delle dinamiche di potere.

Da un punto di vista sociologico, Orange is The New Black è un vero gioiello. Non soltanto vengono indagate le vite delle carcerate, passate con crudezza sotto la lente d’ingrandimento della serie. Sono inscenate anche le dinamiche di potere, dal basso e dall’alto. Ecco portate in scena, quindi, le difficili relazioni tra le detenute ma anche le imposizioni dei vertici, impersonati da figure come quella di Caputo, Healy, Bennett o della Figueroa. Spesso i capi del penitenziario prendono decisioni che amareggiano il pubblico, fanno venir voglia di intervenire in favore delle carcerate contro chi non ne tutela le condizioni. E’ impossibile non scontrarsi, pur da spettatore, con la burocrazia e le gerarchie interne a Litchfield. La rappresentazione che la serie fa di queste dinamiche va ben oltre l’intrattenimento: si connota dei tratti di una vera e propria denuncia. 

4. La varietà delle storie e la loro profondità psicologica.

Tanto le detenute quanto le guardie hanno una loro storia. Non si tratta mai di qualcosa di approssimativo: tutto ciò a cui viene accennato durante le puntate viene poi approfondito. Nulla è aggiunto per caso, sebbene inizialmente non si disponga di tutti i pezzi per capire il puzzle. Ogni background su cui viene puntata l’attenzione si svela come complesso, psicologicamente intenso, spesso in grado di emozionare e stupire il pubblico. Capita di pensare “non avrei mai creduto che questo personaggio avesse vissuto questa situazione”, eppure tutto ha un suo senso logico.

5. La capacità di fare ironia e smorzare i toni.

La serietà del telefilm non sfocia mai nella noia. Spesso Orange is the New Black riesce a divertire e strappa una risata sincera: anche all’interno del penitenziario, d’altra parte, si possono cercare i lati positivi!

6. L’eterogeneità dei temi trattati e il modo schietto di affrontarli.

Orange is the New Black tratta molte tematiche intricate e lo fa senza girarci intorno: ne risulta una rappresentazione a volte cruda ma sempre efficace. Così la serie spazia dall’omosessualità alla giustizia, dalle dinamiche dei media all’analisi della propria persona, dalla tossicodipendenza a qualsiasi sfaccettatura della moralità. E lo fa priva di mezzi termini o buonismi.

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