The Old Man, John Lithgow su Jeff Bridges: «Un amico con cui condivido la passione di fare musica»

La serie debutta oggi su Disney+

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«Abbiamo questi due tizi che 30 anni fa hanno fatto qualcosa di buono o, per meglio dire, hanno fatto cose cattive per una buona ragione. C’è stato un evento che hanno dovuto seppellire e tenere segreto tutti questi anni, fino a quando è riemerso, riunendoli di nuovo contro il loro volere. Questa è una premessa favolosa: i due personaggi erano molto vicini, erano davvero buoni amici, ma avevano dovuto cancellare la loro amicizia. Quando tutto riemerge, torna anche l’amicizia». John Lithgow racconta così a Ciak, che lo ha incontrato in esclusiva su zoom, quale sia il cuore narrativo di The Old Man, la serie originale in sette puntate (di cui abbiamo potuto vedere in anteprima le prime quattro), che debutta oggi  Disney+ e di cui è stata già annunciata una seconda stagione.

The Old Man, basata sull’omonimo romanzo di Thomas Perry, è stata sceneggiata e creata per la tv da Jonathan E. Steinberg & Robert Levine e racconta le vicende di Dan Chase (Jeff Bridges) che, fuoriuscito dalla CIA, vive nell’ombra da trent’anni. Quando un sicario cerca di ucciderlo, Chase esce dalla clandestinità e il vicedirettore del controspionaggio dell’FBI Harold Harper (John Lithgow) è chiamato a dargli la caccia, avendo avuto un lungo passato di collaborazione con il fuggitivo, risalente ai tempi della guerra sovietico-afghana (1979-1989). Tra gli altri interpreti Alia Shawkat, E.J. Bonilla, Gbenga Akinnagbe, Amy Brenneman, Bill Heck, Leem Lubany e Pej Vahdat.

Lithgow, 77 anni il prossimo ottobre, leggenda vivente con all’attivo oltre 130 titoli tra film e serie tv e due nomination consecutive all’Oscar (per Il mondo secondo Garp nel 1983 e Voglia di tenerezza nel 1984), nelle sue interpretazioni ha spaziato in tutti i generi, compresa l’animazione (era il malvagio Lord Farquaad in Shrek), mostrando sempre una certa predilezione per i ruoli di villain, una scelta, la sua, che l’attore ci ha spiegato così: «Ogni film, od opera teatrale, ha bisogno di conflitto, dramma e tensione e lo stesso vale per la commedia. Questo è più o meno ciò che offre un attore caratterista e io in fondo sono un caratterista. Recito quel che mi affascina delle persone, che non sono le parti in un’opera teatrale o in un film, ma proprio le persone stesse, con i molti aspetti della loro natura, i loro segreti, i loro conflitti. Ad esempio: il miglior horror viene tutto dalla sorpresa e le sorprese più grandi sono date da persone cattive che fanno cose buone e persone buone che fanno cose cattive. Questo è ciò che amo esplorare: i segreti delle persone. Questo rende un dramma avvincente, perché guardi e ascolti davvero ogni dettaglio, il che accade anche in The Old Man».

Da quanto ho visto mi sembra che il cuore della serie sia nel duetto tra lei e Jeff Bridges. È così?

Sono felice di sentirtelo dire, perché in quello che hai visto finora questo duetto l’abbiamo a malapena annunciato, ma hai già avuto un’idea di quanto i personaggi siano legati. Nelle prime quattro puntate il maggior tempo insieme in scena dei personaggi è stato vederli parlare quando avevano 30 anni di meno ed erano interpretati da due attori diversi da Jeff e me. Ma già così ha funzionato molto bene. Quando vedrai i prossimi tre episodi di questa stagione c’è una tremenda suspense, che si costruisce aspettando il momento in cui gli eventi finalmente ci porteranno in rotta di collisione. È interessante il fatto che durante le riprese di questi sette episodi ci sia stata una pausa di 18 mesi tra l’inizio e la fine delle riprese. È stato solo quando siamo tornati sul set a febbraio e marzo che ho finalmente lavorato con Jeff: in tre anni di lavoro su questo progetto non avevamo mai recitato insieme. L’unica scena che avevo avuto con lui prima di allora era stata quella al telefono nel cuore della notte, ma lui non c’era nemmeno, dall’altra parte del telefono avevo il supervisore della sceneggiatura, che mi dava le sue battute. È stato un grande sollievo recitare finalmente con lui, perché ha funzionato davvero.

Riprendere il ruolo dopo una pausa così lunga delle riprese è stato complicato?

È stato davvero buffo perché avevo dimenticato tutto, cose che succedono quando ti fermi per due anni: ricordavo a malapena il nome del mio personaggio, ma poi mi è tornato tutto. La cosa meravigliosa è che nel momento in cui sono tornato al lavoro, lavoravo finalmente con Jeff e sapevo, ho sempre saputo, che ci saremmo divertiti moltissimo insieme. Ora non voglio rivelare nulla che possa rovinare le sorprese della serie, però posso dirti che quando finalmente ci incontriamo di persona, abbiamo una lunga, lunga scena insieme. Sono circa 25 minuti in cui siamo bloccati in un’auto e ci sono voluti sei giorni per girare questa scena. Jeff ed io siamo rimasti bloccati in quella macchina per sei giorni e alla fine eravamo diventati davvero come vecchi amici. Non c’è stato quasi niente che non abbiamo fatto e che non ci siamo raccontati l’un l’altro. Quell’uomo è una vera gioia: chiunque parli con Jeff subito si sente come fosse un suo vecchio amico, perché lui tratta le persone in modo davvero generoso e ha un grande cuore.

Sbaglio o condividete anche entrambi l’attività parallela di musicisti?

Non sbagli solo se tieni presente che lui è molto, molto più bravo di me in questo. Pensa alla sua fantastica interpretazione da Oscar in Crazy Heart: è un performer perfetto, al livello di musicisti come Leon Russell, Jeff è un artista meraviglioso. Io invece come cantante e chitarrista sono solo un attore molto bravo nel fingere di suonare e il mio pubblico preferito sono i bambini piccoli (N.d’A.: lo dice ridendo). Loro mi garantiscono la maggior parte del divertimento perché sono gli unici davanti ai quali sono abbastanza fiducioso da esibirmi, dato che non capiscono la differenza tra suonare male e bene!