Thunder Road: parla il regista e protagonista Jim Cummings

Il regista, sceneggiatore e attore Jim Cummings racconta il suo lungometraggio Thunder Road, tragicomica storia di un poliziotto texano. Dal 15 aprile su Wanted Zone e Io Resto in Sala

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Disponibile on demand dal 15 aprile (su Io Resto in Sala e Wanted Zone), distribuito da Wanted Cinema, l’acclamato lungometraggio d’esordio di Jim Cummings, Thunder Road, Premio speciale della giuria al SXSW (South By Southwest) Festival 2018. Un’opera prima che il regista, sceneggiatore e attore protagonista Cummings (a Berlino 2021 la sua ultima fatica, The Beta Test) ha presentato in un incontro online con la stampa italiana, condividendo aneddoti e considerazioni sul film e sul suo percorso nel cinema indie statunitense.

Thunder Road racconta la tragicomica vicenda del poliziotto texano Jim Arnaud (Cummings), alle prese con un travagliato divorzio e con un lutto familiare da elaborare, non meno che con le sue profonde insicurezze e contraddizioni. Non mancano gli spunti autobiografici, come spiega Cummings: «Questo film è costellato di elementi della mia esperienza e del mio vissuto, e penso che la vita del personaggio del film sarebbe stata la mia se non fossi riuscito a gestire al meglio quello che stavo attraversando».

«Da quanto ho visto, dalla mia esperienza personale», prosegue Cummings, che come il protagonista ha dovuto affrontare (nel 2014) un divorzio, «è molto difficile per gli uomini, ma soprattutto per i poliziotti, riuscire a parlare di argomenti come la propria depressione, le proprie ansie, o anche dei pensieri suicidi». E il film, non a caso, è anche e soprattutto una decostruzione del maschio bianco americano, con gli stereotipi tossici che ancora ne caratterizzano l’identità. «Siamo una società guidata dal testosterone», dice Cummings, «tendiamo a celebrare queste figure maschili estremamente forti ma che in realtà sono, obiettivamente, degli stronzi, e che sono estremamente pericolosi».

Una tipologia di uomo che il regista-attore mette in crisi attraverso il suo personaggio «umano e complicato», le cui emozioni erompono dalla divisa e dai baffi d’ordinanza fin dalla prima sequenza, il funerale della madre. Una scena che riprende il cortometraggio omonimo di Cummings (premiato al Sundance 2016) da cui è nato il film. È Thunder Road di Bruce Springsteen, infatti, la canzone preferita dalla madre del protagonista, che prova maldestramente a eseguire il brano durante la cerimonia funebre.

La canzone di Springsteen ha dunque un’importanza notevole nel film, come sottolinea il regista: «Ho voluto prendere tutta l’emozione che si trovava al suo interno, che rappresenta anche l’emotività del momento in cui si lascia la propria cittadina per evitare una vita piena di depressione». Con la differenza che se «nel corto la canzone veniva usata quasi come un karaoke», nel lungometraggio non sentiamo il brano: Cummings, infatti, ha optato per questa variante dopo aver girato diciotto versioni differenti della scena.

Una sequenza difficile da realizzare e di notevole impatto anche per il suo essere girata in piano-sequenza, soluzione stilistica molto rilevante nel film: «Credo che i piani-sequenza aiutino il pubblico a sentirsi parte della scena, a differenza delle normali tecniche di montaggio. Un effetto che mi ricorda un po’ Keaton e Chaplin, inserisce della magia all’interno delle riprese».

L’ironia di Thunder Road, naturalmente, investe anche l’istituzione della polizia statunitense: «Da un lato volevo umiliare la polizia nel personaggio di Jim, che sembra un uomo stupido e incompetente, a cui assolutamente non affideresti l’uso di una pistola». Dall’altra parte c’è però il collega e amico di Jim, Nate (Nican Robinson): «Questo poliziotto di colore, estremamente intelligente e gentile, che fa proprio da contrappeso al protagonista», e che si rivelerà fondamentale anche per la maturazione di quest’ultimo.

Ma oltre al quadro sociale e psicologico complesso, emerge dal film il talento poliedrico di Cummings, ormai affermatosi tra le figure più interessanti del cinema indie recente: «Non so come ho fatto ad arrivare nel ruolo in cui mi trovo ora», confessa Cummings, «non mi aspettavo di avere il ruolo di sceneggiatore, regista e attore, anche perché non ho mai studiato per diventarlo! Era davvero impensabile, per me. Sono partito con un corto, che poi sono riuscito a trasformare in un lungometraggio, poi sono riuscito anche a girare altri film, non ho davvero idea di come sia stato possibile».

Tra gli obiettivi per il futuro annunciati da Cummings, c’è quello di «continuare a creare film che siano scomodi e divertenti», come il più recente The Beta Test, che racconterà di un vero e proprio «collasso» delle agenzie di talent nell’industria cinematografica americana, e sarà quindi «un film estremamente controverso e che probabilmente incapperà in qualche guaio, soprattutto nel mondo hollywoodiano». Ma, soprattutto, Cummings afferma di voler «riuscire ad aiutare gli altri registi del panorama indipendente, affinché si sentano meno soli e meno inadeguati, soprattutto all’interno di un sistema che fa di tutto per reprimerci»