Isola del Cinema: Wild Nights with Emily Dickinson, la recensione

Diretto dalla regista indipendente Madeleine Olnek, il film ha riempito il Cinelab di Isola del Cinema e presentato una versione inedita dell’illustre poetessa

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Amherst, 1862. Emily Dickinson (Molly Shannon) inizia a essere conosciuta come “Il Mito”. Il nomignolo non si riferisce, però, alla produzione della poetessa, quanto più al suo ostinato negarsi alla vita mondana; pare infatti che la donna vivesse reclusa e che fosse praticamente impossibile incontrarla. A raccontarci la cosa, con una punta di orgoglio, è colei che “meglio la conobbe”, la prima editrice di Emily Dickinson: Mabel Loomis Todd.

Tuttavia, mentre Mable snocciola con arguzia le sue mezze verità, attribuendo alla protagonista una liaison con un tale Master – “Potrebbe essere stato un uomo… forse più uomini, e più contemporaneamente” –, si accavallano sullo schermo le immagini dell’unico grande amore vissuto dalla poetessa: quello con la cognata Susan Gilbert. Emily Dickinson conobbe “Sue” negli anni dell’adolescenza e le visse accanto per una vita intera. È a Sue, difatti, che ha dedicato la quasi totalità della propria produzione letteraria, ed è intorno alla sua figura che vortica la vera vita della poetessa.

Wild Nights with Emily (2018), terzo lungometraggio della regista indipendente Madeleine Olnek, esplora una volta ancora – dopo Codependent Lesbian Space Alien Seeks Same (2011), e The Foxy Merkins (2013) – l’amore tra donne. Allontanandosi dalla parodia del debutto e rimanendo sul filo della commedia romantica, l’autrice decide di aprire il film con una verità ch’è mistificazione, e di impostare la regia su continui slittamenti tra la narrazione di quanto Emily “visse” e di quanto, invece, di lei “si disse”. Sagace, talvolta agrodolce e irriverente, il film si basa sulla corrispondenza e sugli scritti autografi della Dickinson, messi a disposizione della regista grazie al supporto della Harvard University Press e della Guggenheim Foundation.

“Volevo raccontare il lato comico di Emily Dickinson”, ha dichiarato la Olnek, “poiché si è creduto troppo a lungo che fosse una donna fredda, miserabile e antisociale… in realtà era una persona ironica e divertente”.

Adorabile, in tal senso, è l’interpretazione di Molly Shannon, che nel ruolo della protagonista adulta sa strappare ben più di un sorriso. Se qualcosa qui manca è una qual sorta di completezza, di riscatto nei riguardi dell’impegno con cui la poetessa cercò di essere pubblicata. A dispetto di una società che si diceva già moderna – ancora governata dal patriarcato e dall’insindacabile giudizio degli uomini – la Dickinson non fu mai veramente compresa: dei quasi 1800 componimenti prodotti, soltanto otto poesie furono stampate quand’era ancora in vita. È un tema che Wild Nights sfiora solo di passaggio, favorendo la romance come fulcro della narrazione.

SE VI È PIACIUTO GUARDATE ANCHE… La versione anacronistica e young della vicenda: Dickinson (2019), una serie ideata da Alena Smith sulla falsariga di Bridgerton.

RASSEGNA PANORAMICA
VOTO
wild-nights-with-emily-dickinson-la-recensioneAmherst, 1862. Emily Dickinson (Molly Shannon) inizia a essere conosciuta come “Il Mito”. Il nomignolo non si riferisce, però, alla produzione della poetessa, quanto più al suo ostinato negarsi alla vita mondana; pare infatti che la donna vivesse reclusa e che fosse praticamente impossibile...