Settimo titolo della saga iniziata nel 1979 (senza contare gli scontri con Predator) e sequel diretto del cult di Ridley Scott – oggi produttore – Alien: Romulus di Fede Alvarez ci riporta in quello spazio dove “nessuno potrà sentirci urlare”. Nelle profondità della stazione spaziale abbandonata dove vedremo aggirarsi Cailee Spaeny (Civil War) e il resto del cast, completato da David Jonsson, Archie Renaux, Isabela Merced, Spike Fearn e Aileen Wu. Basato sui personaggi storici creati da Dan O’Bannon e Ronald Shusett, il film è al cinema a partire dal 14 agosto, distribuito da The Walt Disney Company Italia.
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Un gruppo di giovani coloni, esasperati dal lavoro disumanizzante su un pianeta malsano, dove non arriva mai la luce del sole, intravedono una possibilità di salvezza quando avvistano la Romulus, una stazione spaziale abbandonata e alla deriva. L’intenzione è di prelevarne le celle di criostasi, indispensabili per imbarcarsi nel viaggio di nove anni verso il pianeta dei loro sogni. Nelle intenzioni è un’impresa facile: in trenta minuti entrano, prelevano il materiale e partono per la grande avventura. Peccato che l’idea sia pessima perché sulla Romulus dovranno fronteggiare la creatura più pericolosa dell’universo e la loro sopravvivenza sarà decisamente a rischio.
L’OPINIONE
Trovare nuovi spunti narrativi nel franchise di Alien non era una sfida facile da affrontare, ma Fede Alvarez aveva già dimostrato di non temere i rischi nel 2013, dirigendo La casa, sanguinolento sequel/reboot della saga horror creata da Sam Raimi. La chiave del successo di questa operazione è nella scelta di tornare alle origini del mito: il film è ambientato più o meno due decadi dopo gli avvenimenti del primo Alien e nel prologo c’è anche una fugace visione dei resti dell’astronave da trasporto Nostromo, dove avevamo incontrato per la prima volta Ellen Ripley/Sigourney Weaver. Il gruppo di giovani temerari, composto da tre donne (di cui una incinta), due uomini e un androide di vecchia generazione, è quanto di più disfunzionale non potrebbe essere. Quando poi sulla Romulus, oltre agli Xenomorfi, torna una vecchia conoscenza del passato che qui non è lecito rivelare, il cerchio narrativo si chiude, gettando ulteriore luce sugli scopi della Weyland-Yutani, la società all’origine di tutti i problemi narrati finora. Particolarmente godibili gli effetti dell’aggiornamento del software di Andy (David Jonsson), il fratello minore artificiale dell’eroina Rain Carradine (Cailee Spaeny).
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Aver visto il primo Alien (1979), di Ridley Scott Anno è l’unico prerequisito per godere appieno questo film.