“American Assassin”, da studente a killer contro i terroristi: la recensione

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Usa, 2017 Regia Michael Cuesta Interpreti Dylan O’Brien, Michael Keaton, Sanaa Lathan, Shiva Negar, Taylor Kitsch, David Suchet, Navid Negahban, Scott Adkins Distribuzione 01 Distribution Durata 1h e 52’

 

Al cinema dal 23 novembre 2017

IL FATTO – Quando la fidanzata rimane uccisa in un efferato attacco terroristico, allo studente Mitch Rapp scatta quell’impulso alla vendetta che lo trasforma in un killer spietato. Forse un po’ troppo emotivo secondo gli standard della Cia che lo ingaggia e lo mette a disposizione del veterano Stan Hurley, incaricato di organizzare una speciale squadra di agenti pronti a tutto e soprattutto a eseguire gli ordini senza discutere. Ma per Mitch questo è impossibile e, coinvolto in una missione per recuperare del plutonio arricchito in grado di attivare un ordigno nucleare che fa gola – sembra – agli iraniani, sceglierà di fare di testa sua.

L’OPINIONE – Michael Cuesta (tv, tra cui Homeland, e cinema, tra cui La regola del gioco) riprende un romanzo di Vince Flynn (autore di 15 libri sul personaggio) per attualizzare il più possibile il fortunato modello dell’agente segreto con licenza di uccidere. Magari ponendo qualche questione “etica” (si fa per dire), vedi il dialogo significativo in Piazza Navona tra Hurley/Michael Keaton (sempre un piacere vederlo) e Rapp/Dylan O’Brien (faccetta acqua e sapone a dispetto del ruolo, recuperato da Teen Wolf e la serie Maze Runner): “seguo gli ordini” (Rapp), “No li segui quando ti conviene. Per te è solo un mezzo per raggiungere un fine…Pensi di essere qui per dare sfogo alla tua autocommiserazione, alla rabbia e al senso di colpa vero?…Quel fetore che senti e che ami chiamare vendetta per noi è solo merda. Appena inizia a piacerti non sei più un professionista” (Hurley).

Ovviamente l’antifona è puro pretesto peloso per non esultare smaccatamente alle imprese di un superman “dalla parte giusta”, un American Assassin (ma il titolo presenta una certa ambiguità in questo senso) che nel corso dei 112 minuti della durata praticamente fa il castigamatti e salva il mondo. Il film è giusto una macchina per produrre facile adrenalina, con tutte le caratteristiche là dove debbono esserci (comprese le belle spie, i doppiogiochisti, l’ex che tradisce e diventa il pericolo numero 1, l’addestramento dementemente macho e violento, più un pizzico di tortura che i nostri subiscono senza lamentarsi più di tanto) e un po’ di località sparse nel mondo a fare da set, tra cui in evidenza Roma, tanto nei suoi quartieri degradati (il Corviale che debuttò come location nientemeno che nel 1983 in Sfrattato cerca casa equo canone con Pippo Franco), quanto tra le sue vie più caratteristiche, usate, come nell’ultimo Bond movie Spectre, come piste per inseguimenti al cardiopalma.

Niente di nuovo sotto il sole del nazionalismo ultra insomma, compresa l’impeccabile confezione da film della domenica che apparentemente non lascia tracce (tranne forse un po’ di voglia di menare le mani).

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