ATTACCO AL POTERE 2

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London has fallen Usa, 2016 Regia Babak Najafi Interpreti Gerard Butler, Morgan Freeman, Aaron Eckhart, Angela Bassett Distribuzione M2 Durata 1h e 39′

In sala dal 

3 marzo

Un mercante d’armi orientale, invischiato nei peggio traffici coi terroristi e quindi assai ricercato, vuole vendicarsi degli occidentali e organizza un complotto a Londra per eliminare una bella quantità di capi di stato in un colpo solo, lì convenuti per i funerali del Primo Ministro. Obiettivo numero 1 è ovviamente il Presidente degli Stati Uniti Ben Asher, ma non ha fatto i conti con Mike Banning, la sua efficientissima guardia del corpo.

La maledizione dei sequel non fa sconti. Se il primo è fracassone, questo lo sarà di più. Se il primo è ideologicamente (diciamo così) tagliato col falcetto, questo sarà ancor più semplificato. Tanto che qui – lo ammetto anche con doveroso senso di colpa – si rischia di tifare per gli efferati terroristi, tanto sono così evidentemente carne da macello. Gerard Butler aumenta i feromoni del suo tipo maschio alfa (“sono cresciuto a bourbon e pessime scelte”) e pur non essendo dotato di super poteri compie l’incredibile per frantumare avversari e proteggere il suo presidente, tra l’altro machista quanto lui e altrettanto smargiasso (“Lo senti? E’ il suono dell’ineluttabilità” osa intimare al suo truce carceriere, sfidando il ridicolo). Tra i Capi di Stato, da scult il leader italiano: si chiama Antonio Gusto, ha la partner giovane e procace (chi ci ricorda?) e quando gli esplode tutto sotto, Westminster e palazzi vari, esclama: “Maronna! Che è successo?”. Ci immaginiamo il regista, l’iraniano Babak Najafi Karami, che pure fu premiato a Berlino nel 2010 come miglior autore debuttante per Sebbe, ingrugnito a coreografare scontri, esplosioni e piroette, inserendo – bene, va concesso – un profluvio di effetti speciali di ogni tipo. La morale è elementare come la trama della storia, le “battutone” si sprecano (quando fa il micione con la moglie incinta – Radha Micthell – Butler spara cose tipo: “non voglio che finiamo come Barbie e Ken: tu tutta rifatta e io senza palle”), il cast rigonfio di bei nomi lavora in souplesse. Peraltro, se preso in un certo verso, è anche divertente.

Massimo Lastrucci