FIGLIO DI NESSUNO

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NiČije dete Serbia/Croazia, 2014 Regia Vuk Ršumović Interpreti Denis Murić, Miloš Timotijević, Pavle Čemerikić, Isidora Janković Distribuzione Cineclub Internazionale Durata 1h e 37

In sala dal

16 aprile

Nell’inverno del 1988, a Travnik, nella Bosnia-Ervegovina, viene trovato tra i boschi e in compagnia dei lupi un ragazzino. Nudo, sporco, si esprime solo ringhiando, mugolando e guaendo. Portato a Belgrado, in un istituto giovanile per ragazzi difficili, viene chiamato Haris Puciriza, soprannominato da tutti Pucka, e tra tante perplessità (“avete idea di cosa fare di lui?”) rieducato. Il film racconta questo percorso, dalla ferinità al rientro nel consesso civile, giusto per essere poi scaraventato nella più incivile tra le istituzioni, la guerra. Quella tra i serbi e i “turchi” della Bosnia.

Storia garantita come vera, che l’esordiente regista, il serbo Vuk Rsumovic, non digiuno di psicologia, racconta con scaltra sobrietà di mezzi. Tanto bastano i meri fatti a creare pathos e sottolineare significati e metafore. Magnificamente immedesimato dall’esordiente 15enne Denis Muric, il ragazzo selvaggio Pucka compie un suo personale percorso di riavvicinamento alla propria umanità, dalle biglie alla luce di una lampada, dalle ombre cinesi alla conquista della parola (la prima è uno sputato “dai!” a chi gli ha rubato una biglia). Anche se questa, più che una conquista, per l’autore, fortemente segnato dall’esperienza della guerra, può anche suonare come un’amara condanna. Proposto all’ultima Mostra di Venezia, sezione Settimana della Critica, ha raggranellato premi del pubblico, Fipresci e Fedeora (questo per la sceneggiatura), così come in molte altre rassegne frequentate. Se il “ricattino” dell’emotività è evidente, così come la tattica del “calvario” di situazioni drammatiche e degradate, nondimeno Figlio di nessuno possiede una assoluta dignità di sceneggiatura, costruzione tecnica e recitazione, senza contare che l’ambientazione nella Serbia malmessa degli anni ’90 non è certo usuale nei nostri schermi. Se poi si vuole rivangare sul tema “cinema, natura e civiltà”, si recuperino i preziosi, articolati e altrettanto basati su fatti realmente accaduti Il ragazzo selvaggio di Truffaut (1970) e L’enigma di Kaspar Hauser (1974) di Herzog.

Massimo Lastrucci