FRENCH CONNECTION

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La French, Francia, 2015 Regia Cedric Jimenez Interpreti Jean Dujardin, Gilles Lellouche, Céline Sallette, Mélanie Doutey, Benoît Magimel, Guillaume Gouix Sceneggiatura Audrey Diwan, Cedric Jimenez Produzione Ilan Goldman Distribuzione Medusa Durata 2h e 15′

Marsiglia, 1975. Il giudice Pierre Michel è intenzionato a stroncare il traffico di eroina che ha fatto della città uno dei centri di smistamento cardine tra Asia, Europa e Stati Uniti. Grande padrino e amministratore di quel mondo è il boss Gaetan Zampa, uno che può tutto e che ha legami con la politica e la stessa polizia. Dopo molti intralci, il magistrato riesce a ottenere il mandato per istituire una squadra speciale di indagine e intervento. Sarà una lotta senza quartiere che conoscerà sconfitte e vittorie, magari amare e “di tappa”.

French Connection è un termine che nacque negli anni ’40, per indicare quel mondo criminale non solo marsigliese (prosperava anche a Nizza, a Bordeaux e persino a Le Havre), costituito soprattutto da bande di origine corsa e dedite al commercio di droga. Il braccio violento della legge 1 e 2, rispettivamente di Friedkin e di Frankenheimer, lo hanno ben raccontato nei ’70. Questo di Cedric Jimenez (che è nato lì e ha diretto precedentemente il curioso e da noi inedito Aux yeux de tous, 2012) vuole raccontarci la vera storia, sia pure con molte dichiarate libertà e manipolazioni (ad esempio: tra i due non ci fu mai alcun effettivo facciaa faccia). Risultato: una versione che prevede molta action concentrata, cliché vari e non eventuali più una certa concessione al moralismo tanto caro al cinema poliziottesco più impegnato (il finale poi lascia presagire anche un sequel). Un lato interessante di The French (senza sminuire peraltro il riconoscimento della tensione che il regista sa suscitare quando ricrea i singoli atti delle operazioni della polizia) è sicuramente l’articolazione dei caratteri dei personaggi. E se su quello del giudice “crociato” c’è inevitabilmente assai poco da ricamare (complimenti comunque alla presenza scenica di Dujardin), quello del temibile avversario è al contrario molto disegnato (lo interpreta virilmente Gilles Lellouche che con Dujardin avevamo già visto recitare in Gli infedeli), un intoccabile che nella sua spietata durezza lascia intravedere ogni tanto e all’improvviso lampi di disperata solitudine. Un duello tra uomini super machos che possiede, nella ricostruzione costosa (17 milioni euro di budget!) e altrimenti di genere di Jimenez , un grande pregio collaterale: costumi, ambienti e scelta delle musiche sono assolutamente di prim’ordine. Per un autore che non ha ancora 40 anni, quindi non ha vissuto l’epoca, non è questo fatto da tralasciare. Così come deve essere sottolineata tutta la fatica del progetto: “E’ stato un lavoro appassionante. Eravamo dentro il vero cinema, è stato tutto ricostruito. C’è voluto tanto tempo, tanta preparazione, ricerche, documentazione, per arrivare sino al dettaglio. E’ stato vincolante ma doveva essere così. Il film è stato girato a 35 mm., ma siccome viene visto oggi abbiamo scelto di girare numerose riprese con la cinepresa in spalla, proprio per dare un effetto di immersione e non di film museo”.

 Massimo Lastrucci