“INFERNO”: LA RECENSIONE IN ANTEPRIMA

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Quando il professor Robert Langdon (Tom Hanks), rinomato simbolista di Harvard, si risveglia in un ospedale di Firenze affetto da amnesia, si lascia aiutare da Sienna Brooks (Felicity Jones), la dottoressa che sta tentando di fargli recuperare la memoria. Langdon infatti non sa nemmeno perché si trovi nel capoluogo fiorentino e perché abbiano tentato di ucciderlo. Insieme proveranno a rimettere insieme un complesso puzzle, viaggiando da Firenze a Venezia e Istanbul, in una corsa contro il tempo per fermare la follia di un uomo, il carismatico milionario Bertrand Zobrist (Ben Foster), intenzionato a scatenare un virus globale, che potrebbe uccidere metà della popolazione dalla Terra.

Per la terza volta nei panni dell’”uomo più intelligente della terra”, come l’ha definito lo stesso attore, Tom Hanks è ormai una sorta di 007 chiamato a risolvere misteri che si celano nell’arte del passato, con tanto di “Langdon girl” al suo fianco, ogni volta diversa, ovviamente, ma senza il fardello di stucchevoli storie d’amore. Lontano da angeli e demoni, stanze vaticane e improbabili genealogie che riconducono niente di meno che a Gesù Cristo, la nuova avventura cinematografica del professore, nelle sale dal 13 ottobre, diretta ancora una volta da Ron Howard a partire dall’ultimo best seller di Dan Brown e presentata pochissime ore fa in anteprima mondiale al Teatro dell’Opera di Firenze, addobbato con un red carpet hollywoodiano, si muove con maggiore disinvoltura tra gli enigmi, scoperti o inventati, nascosti dietro La divina commedia di Dante Alighieri e i dipinti di Giorgio Vasari, il Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze, teatro di una delle scene più spettacolari del film, piazza San Marco a Venezia e la suggestiva Cisterna Basilica di Istanbul. Il tutto mescolato con la più grande paura evocata dagli ambientalisti, terrorizzati dalla sovrappopolazione e dall’eccessivo sfruttamento del pianeta, ovvero l’imminente estinzione del genere umano.

La trama, che frulla dunque arte, letteratura e genetica e che vede fronteggiarsi anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità e un’organizzazione criminale internazionale, è assai intricata, ricca di colpi di scena (per i lettori del romanzo non sono un segreto) e la facilità con cui Langdon arriva alla comprensione di un mistero o alla soluzione di un problema fa spesso sorridere, così come la camicia sempre perfettamente stirata addosso a James Bond. Quindi lasciate ogni pretesa o voi che entrate, abbandonatevi all’impossibile, godetevi lo spettacolo di una Firenze riconoscibile, ma inedita al tempo stesso, e il fascino di un poema, quello dantesco, alle cui visioni è debitore tutto il cinema horror realizzato finora.

Si corre, e tanto, tra le strade affollate della città, perché Langdon ha sempre poche ore per trovare il bandolo della matassa e salvare la pelle. Il tempo, scandito da scritte sullo schermo, gioca sempre un ruolo fondamentale nei romanzi di Brown (alla fine del film Hanks ritrova il suo vecchio orologio di Topolino perduto durante un’aggressione, proprio lui che è stato Walt Disney sullo schermo) sempre concepito come una frenetica caccia al tesoro, mentre monumenti, affreschi, chiese e ponti diventano protagonisti della storia, così come Parigi lo è stata in Il codice da Vinci e Roma in Angeli e demoni. L’ironia, grazie a Dio, si affaccia spesso tra i dialoghi e due battute sembrano  chiaramente alludere, con un pizzico di sarcasmo, a noti fatti di cronaca italiana: l’imbarazzante menzogna di Berlusconi sull’identità di Ruby e il pasticciaccio brutto di Amanda Knox.