Le voci sole – La recensione

La nostra recensione del lungometraggio d'esordio di Andrea Brusa e Marco Scotuzzi (in sala per Medusa), con GIovanni Storti e Alessandra Faiella coppia sospesa tra vecchie e nuove alienazioni.

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Chi sono Le voci sole che danno il titolo al lungometraggio d’esordio di Marco Scotuzzi e Andrea Brusa (anche sceneggiatore), in sala il 4, 5 e 6 luglio per Medusa dopo le anteprime al Seattle International Film Festival (dove ha vinto il Gran Premio della Giuria) e al Taormina Film Fest? Sono gli odiatori seriali, anonimi e frustrati del web, certamente, ma non solo. Perché, nell’epoca e nella società delle nuove alienazioni che si sommano alle vecchie, del lavoro che diventa schiavitù e della comunicazione digital-pandemica frantumata e atomizzata, forse siamo tutti “voci sole”.

Di sicuro lo è Giovanni (Giovanni Storti), che dopo aver perso il lavoro a causa dell’emergenza Covid-19 migra in Polonia per fare l’operaio in una fabbrica. E con l’altra “voce sola” che è la moglie Rita (Alessandra Faiella), rimasta in Italia col figlio Pietro (Davide Calgaro), si tiene in contatto tramite video-chiamate. Quando una di queste diventa virale e trasforma  la famiglia indebitata e divisa in una coppia di star del web, sembra arrivare l’agognato riscatto. Ma ben presto l’Olimpo effimero e invasivo dei social mostrerà il suo lato peggiore.

Dopo la gavetta nei cortometraggi (che con Magic Alps aveva già portato al fertile incontro con Storti), Brusa e Scotuzzi ci offrono un’opera prima di grande interesse, scandita dal cortocircuito tra la materialità de-umanizzata (e de-umanizzante) delle fabbriche nell’odierna globalizzazione e la virtualità affollata quanto vuota delle connessioni telematiche. Così nel film i dialoghi tra i due protagonisti avvengono sempre a distanza, e le parole sui più vari argomenti si sovrappongono alle immagini di fornaci, ruspe, gru, polvere e rottami. È la quotidianità ripetitiva e sfiancante del nostro tempo di diritti sempre più rarefatti, solitudini sempre più profonde e speranze sempre più effimere.

Ci ritroviamo, allora, proficuamente straniati da un film che si misura con la gravità dei temi sociali di oggi senza perdere in (pur amarissima) ironia: quella di tue talenti comici come Storti e Faiella, che sanno reinventarsi efficacemente nei toni e nelle cadenze di uno stile che guarda più a Jarmusch e Kaurismaki che al dramedy italiano contemporaneo. D’altronde non può non venire in mente l’ambigua e agra leggerezza di certa nostra commedia di una volta, qui felicemente ritrovata senza essere imitata. Con l’adorabile burbero del trio formato con Aldo Baglio e Giacomo Poretti che si scopre maschera malinconica di una parabola senza vere scappatoie positive né catarsi tragiche.

Perché nel mondo de Le voci sole, il nostro, siamo pesci in un acquario che comunicano tramite bollicine di pensieri tradotte in inglese da fredde app o gettate nel fiume-scarico dell’Ade social-mediatico. Siamo padroni, operai e prodotto finale dei nostri stessi brand per la nuova cyber-economia, che ci vuole ancora (e ancora più) prigionieri della macchina capitalistico-consumista, offrendoci però di creare noi gli slogan per vendere meglio le rispettive catene («Amore e sudore» è quello scelto dalla Rita neo-influencer). E la soluzione non è certo tornare al passato, né sperare nell’ennesimo Eldorado verso cui partire. L’unica alternativa, forse, è nel contatto con i propri affetti, nel sentirli, toccarli, vederli uscendo per un po’ dalla prospettiva deformata di una webcam. Non è già un punto d’arrivo, ma un interludio di umanità da cui (ri)partire.

RASSEGNA PANORAMICA
VOTO:
le-voci-sole-la-recensioneChi sono Le voci sole che danno il titolo al lungometraggio d’esordio di Marco Scotuzzi e Andrea Brusa (anche sceneggiatore), in sala il 4, 5 e 6 luglio per Medusa dopo le anteprime al Seattle International Film Festival (dove ha vinto il Gran Premio...