“Mektoub My Love: Canto Uno”: l’inno di Kechiche alla giovinezza che agita Venezia 74

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Francia, 2017 Regia Abdellatif Kechiche Interpreti Shaïn Boumedine, Ophélie Bau, Salim Kechiouche, Lou Luttiau, Alexia Chardard, Hafsia Herzi, Delinda Kechiche, Kamel Saadi, Meleinda Elasfour, Estefania Argelish Durata 2h e 54′ Distribuzione Vision Distribution e Good Films

Al cinema dal 24 maggio 2018

Agosto 1994. Aspirante sceneggiatore e fotografo, Amin dopo un anno a Parigi torna al paese, nella Francia del Sud, affacciato sul Mediterraneo. Lì assisterà, testimone comprensivo, alle imprese amorose del cugino Toni, amante di Ophelie a sua volta promessa sposa a un militare in servizio. Non solo, ma in quella luminosa estate (“Dio è la luce del mondo” da San Giovanni, è l’iscrizione che apre il film), altre donne incroceranno la strada dei due giovani dal carattere così diverso, tra fattorie, ristoranti etnici, spiagge e discoteche.

Mektoub My Love: Canto Uno è decisamente una dichiarazione d’amore alla giovinezza (“saggio è colui che ha conservato il suo cuore da bambino”) e alla fertilità femminile (c’è anche ed è un momento quasi religioso e metafisico, la ripresa del parto di una pecora), con la cinepresa che cerca di catturare volti effervescenti di vita con l’abbacinante luce del sole mediterraneo, in un (sin troppo) lungo indugiare su balli, sguardi e deretani (femminili). Come La vita di Adèle, sia pure in maniera meno pregevole, Abdellatif Kechiche racconta della formazione di un carattere, partendo – dicono le testimonianze – da ricordi autobiografici.

Momenti esaltanti, come tanti dialoghi di impressionante spontaneità che rivelano gli psicodrammi in campo, e anche un’eccessiva lunghezza (verso la fine, tra discoteca e balli in albergo, non se ne può più). D’altra parte il suo cinema è così, realismo ad altezza d’uomo, il suo personalissimo privato che si fonde con una visione complessiva della società francese, un filmare che rifiuta ogni artificio di effetti speciali o trucchi spettacolari, insomma nulla che non sia il gioco classico delle inquadrature e del montaggio, con la musica di accompagnamento (da Neil Diamond alla classica alla musica disco) dosata in funzione espressiva. E gli interpreti sono tutti belli, come se la giovinezza non prevedesse altre opzioni.

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