The Fabelmans, la recensione

Dal 21 dicembre nelle sale italiane

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Nel 1952 il piccolo Sammy Fabelmans ha solo sei anni e al cinema non ci vuole andare, ma una volta scoperto il fascino di raccontare storie unendo la poesia e l’immaginazione che vede in sua madre, una pianista, e la tecnica di cui gli parla il padre, ingegnere informatico, comincia a usare amici e parenti per giocare con i generi, scoprendo la magia della settima arte.

L’OPINIONE

Dopo Cuarón e Almodóvar, Branagh e Iñárritu, Gray, Sorrentino e Bruni Tedeschi, anche Steven Spielberg realizza il suo Amarcord e con The Fabelmans firma il suo film più intimo e personale, pieno di tenerezza, meraviglia e stupore. Interpretato da Gabriel LaBelle, Paul Dano, Michelle Williams, Seth Rogen, il film è una lettera d’amore che il regista scrive al cinema e alla propria famiglia, per celebrare le passioni che lo hanno spinto dietro alla macchina da presa, le persone che hanno accompagnato e incoraggiato i suoi primi passi. In un’opera potentissima, raffinata e commovente, Spielberg racconta di quando i sogni sullo schermo gli sembravano troppo grandi per non averne paura, di come lo spettacolare deragliamento di un treno in Il più grande spettacolo del mondo di Cecil B. DeMille cambiò per sempre la sua vita, del fascino di un’arte capace di cambiare le carte in tavola, sconvolgere, tradire, restituire, esaltare, nascondere, celebrare. Ma soprattutto di come il cinema ci consenta di scoprire e osservare ciò che non sapevamo neanche di aver visto. Poesia e tecnica sono due mondi lontani, ma pronti a incontrarsi in tutti i film del futuro regista, che ancora giovanissimo è costretto a fare i conti con il primo grande strappo della sua vita, il divorzio dei genitori. Spielberg si racconta come non ha mai fatto prima e grazie ad alcuni preziosi consigli sulla necessità di trovare i propri orizzonti (la scena finale del film è strepitosa, così come quella della scoperta del grande segreto di famiglia), imparerà a giocare con quei giganti dello schermo che da bambino tanto lo spaventavano.

SE VI È PIACIUTO GUARDATE ANCHE… Belfast, Dolor y gloria, È stata la mano di Dio.

RASSEGNA PANORAMICA
VOTO
the-fabelmans-la-recensione Nel 1952 il piccolo Sammy Fabelmans ha solo sei anni e al cinema non ci vuole andare, ma una volta scoperto il fascino di raccontare storie unendo la poesia e l’immaginazione che vede in sua madre, una pianista, e la tecnica di cui gli...