UNFRIENDED

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Id. Usa, 2014 Regia Levan Gabriadze Interpreti Shelley Hennig, Moses Jacob Storm, Renee Olstead, Will Peltz, Jacob Wysocki Sceneggiatura Nelson Greaves Produzione Timur Bekmambetov, Nelson Greaves Distribuzione Universal Pictures Durata 1h e 22′

In sala dal 

18 giugno

A un anno di distanza dal suicidio della loro amica Laura, alcuni ragazzi si ritrovano a parlare su Skype, ma la chat viene presto interrotta dall’arrivo di un utente anonimo, che poi dichiara di essere Laura. I ragazzi credono che si tratti di un hacker o di qualcuno di loro che sta giocando in modo pesante con gli altri. Ma la presunta Laura conosce troppe cose che riguardano la sua morte, in particolare che aveva compiuto il drammatico gesto dopo che un suo video imbarazzante era stato messo in rete insieme a una serie di anonimi commenti al vetriolo. Secondo lo spirito di Laura i responsabili sono i suoi amici e per questo meritano di essere puniti in modo altrettanto cruento.

Se l’horror degli Anni 80-2000 si giocava in esterni o tra le mura di qualche casa più o meno sinistra (Venerdì 13, Halloween, Nightmare, Scream, La casa, Saw, Hostel), l’evoluzione dal mondo dell’immagine (The Blair Witch Project, Cloverfield) a quello puramente cibernetico sta cambiando il punto di vista di questo genere. Non per nulla il primo titolo pensato per Unfriended era Cybernatural, ma in tempi di Facebook funziona sicuramente meglio il primo. A parte l’avvio, il film è vissuto come un unico piano sequenza che ha come base la pagina di Skype di una delle protagoniste, Blaire, alla quale si connettono gli altri ragazzi (eccezion fatta ovviamente per Laura, che scrive soltanto). Di loro vediamo i volti e le reazioni man mano che la verità del cyber bullismo all’origine del suicidio viene a galla. E ogni cosa è circoscritta a internet: accettando il gioco della defunta ciascuno firma il proprio destino, anche se forse sarebbe bastato che tutti spegnessero il computer invece di riavviarlo. Lo stesso avviene per lo spettatore, che non può fare altro che assistere a una efferata vendetta nei confronti di un gruppo di ragazzi decisamente antipatici e ignobili. La pellicola di Levan Gabriadze funziona proprio se si accetta questo assunto, altrimenti si troverebbero diversi difetti di credibilità, anche nel modo in cui le varie “punizioni” vengono eseguite. Ma il regista sa portare l’attenzione dove vuole, concentrando tutto in soli 82 minuti. E sa ricreare l’effetto della connessione a internet: chi usa ormai quotidianamente Skype, Facebook o YouTube penserà di trovarsi al computer e non davanti allo schermo e a questo punto non sarà facile liberarsi dall’incubo.

Valerio Guslandi

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