ACAB, dal film alla serie per esplorare i conflitti oltre la divisa

Su Netflix le nuove vicende della squadra della Celere al centro del film del 2012. Il regista Alhaique: “Le loro storie pubbliche e private”.

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Tredici anni dall’uscita al cinema, ACAB, il film di Stefano Sollima, rinasce dalle sue ceneri mai spente e si fa serie: le sei puntate dirette da Michele Alhaique sono disponibili su Netflix dal 15 gennaio. Dello storico gruppo di celerini tornerà Mazinga (Marco Giallini), mentre gli altri avranno i volti di Valentina Bellè, Pierluigi Gigante e Fabrizio Nardi.

Adriano Giannini sarà l’anima ‘buona’ della polizia, nei panni del comandante Michele Nobili. Tratta dall’opera letteraria ACAB di Carlo Bonini, la serie, prodotta da Cattleya (parte di ITV Studios) e ideata dallo stesso Bonini con Filippo Gravino, è ispirata al film diretto da Sollima, che in questo progetto ricopre il ruolo di produttore esecutivo. «La sfida – racconta a Ciak Alhaique – non era facile. Il film di Stefano ha segnato quella stagione del cinema, con gli autori abbiamo voluto focalizzare l’attenzione sulle due sfere dei protagonisti, quella intima e quella professionale per provare a capire quanto la loro vita privata influenzasse la loro professione o viceversa».

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La storia prende il via da una notte di feroci scontri in Val di Susa, quando una squadra del Reparto Mobile di Roma resta orfana del suo capo, che viene gravemente ferito. Quella di Mazinga (Marco Giallini), Marta (Valentina Bellè) e Salvatore (Pierluigi Gigante), però, non è una squadra come le altre, è Roma, che ai disordini ha imparato a opporre metodi al limite e un affiatamento da tribù, quasi da famiglia. Una famiglia con cui dovrà fare i conti il nuovo comandante, Michele Nobili (Adriano Giannini), figlio invece della polizia riformista, per cui le squadre come quella sono il simbolo di una vecchia scuola, tutta da rifondare. Come se non bastasse, al caos che investe la nuova formazione nel momento di massima fragilità interna, si aggiunge quello creato da una nuova ondata di malcontento della gente verso le istituzioni.

ACAB. Cr. Marco Ghidelli/Netflix © 2024

«Credo che Nobili – racconta a Ciak Giannini  sia un uomo con un forte senso di giustizia, che cerca di cambiare delle modalità di pensiero e quindi di intervento operativo nella squadra di Mazinga. Non sempre ci riuscirà, ma la visione della giustizia e la sua integrità cambieranno durante la serie». Mazinga invece, non sembra aver imparato molto dagli errori del suo turbolento passato. «Per me era fondamentale – aggiunge Alhaiquenon mettere lo spettatore nella condizione di essersi perso qualcosa. Mazinga all’inizio è il capobranco che ci porta dentro quel mondo, era importante sia per chi ha visto il film che per chi non l’ha visto entrare nel racconto dalla porta principale e scoprire questa squadra e il cambiamento che avverrà. ACAB è una serie complessa, corale, i personaggi avranno un arco di cambiamento necessario».

Da che parte stare, poliziotti o manifestanti? Così come per il film, anche la serie sembra destinata a creare un dibattito, oggi estremamente attuale. «Credo che, per come è strutturato il racconto – spiega Giannini – il pubblico sarà dalla parte dei protagonisti, anche se di loro raccontiamo i lati più oscuri. Non descrivendo gli antagonisti, sarebbe un errore se gli spettatori non empatizzassero con i celerini. Forse qualche dibattito ci sarà, ma spero che si parli più della storia e della qualità della serie, senza inutili strumentalizzazioni: i dibattiti vanno fatti su altri temi, altrimenti si rischia di mettere tutto sullo stesso piano e le vere tematiche rischiano di perdere valore». Dietro la divisa dei celerini c’è un mondo che Alhaique ha voluto esplorare senza paura di affondare la cinepresa nell’oscuro. «Per raccontare questi personaggi bisognava andare oltre la divisa – conclude il regista e vedere cosa succede dentro di loro, nella nostra cultura cinematografica non c’è mai stato il racconto del reparto celere, noi abbiamo provato a restituire una realtà con i suoi conflitti e le sue sfumature. Ma non ci poniamo nella posizione di dare delle risposte. Il nostro è un racconto di intrattenimento».