Presentato al 42° Torino Film Festival, dall’8 maggio al cinema potrete scoprire una storia italiana che vale la pena essere conosciuta, quella che racconta L’amore che ho (una produzione Moonlight e Dea Film, che lo distribuisce) del Paolo Licata di Picciridda, che dedica a Rosa Balistreri il film liberamente tratto dal libro “L’amuri ca v’haiu” di Luca Torregrossa, nipote della cantautrice, una delle cantanti folk più note in Italia.
Tre attrici interpretano la cantante nelle diverse fasi della sua vita e tengono il filo di un racconto che non procede in ordine cronologico, ma ricompone attraverso relazioni, tragedie, successi, sfide e dolori la storia di un’artista nata dal nulla: Anita Pomario (Le sorelle Macaluso) la incarna negli anni della gioventù, Lucia Sardo (I cento passi) nell’ultima fase, la più decadente della sua vita, e Donatella Finocchiaro (I Leoni di Sicilia) nel momento del suo maggior successo.
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“Rosa per noi siciliani è sempre stata un mito assoluto e fare un film su di lei è stato un sogno che si è realizzato – ci racconta la Finocchiaro. – Appartiene alla nostra tradizione, è la voce della nostra terra. Era sola, isolata, ma con il suo canto disperato ha dato voce agli emarginati e ai poveri. Il suo è stato sempre un canto politico tanto che Carmen Consoli la definisce la nostra Amalia Rodriguez“.
E proprio Carmen Consoli, cantautrice siciliana in un certo senso erede di Balistreri, ha composto le musiche de L’amore che ho, oltre ad averne preso parte in una scena e ad aver sostenuto come vocal coach le tre protagoniste, che nel film sono anche interpreti delle canzoni di Rosa. “Questa è stata la cosa più difficile – continua l’attrice. – In realtà da ragazza volevo fare la cantante, non l’attrice, e ho studiato canto lirico, poi però sono passati tanti anni e con questo film ho voluto mettermi alla prova anche cantando dal vivo. Rosa però aveva una potenza sonora e una qualità della voce rare e non volevamo ovviamente imitarla. Carmen ci ha guidate nel reinterpretarla a nostro modo“.
Oltre alla sfida del canto le tre interpreti de L’amore che ho hanno dovuto affrontare anche la difficoltà di restituire un personaggio femminile sfaccettato, che ha costantemente ridefinito il suo ruolo tanto come cantautrice nel panorama musicale dell’epoca quanto come donna nelle sue relazioni sempre tormentate.
“Rosa aveva una grande gioia, una grande leggerezza, ma nello stesso tempo era una donna molto forte e determinata. Ha subito molta violenza dagli uomini. All’epoca, parliamo della Sicilia degli anni ’40, il patriarcato era forte e Rosa ha subito molestie prima dal padre, poi dal marito e infine dal prete. Questo era il destino della povera gente e soprattutto delle donne in quel periodo storico. Rosa però ha avuto la fortuna di essere liberata dal canto, con cui è riuscita ad evolversi e a trovare un riscatto sociale e personale, perché attraverso l’arte ci si può sempre salvare“.
Attrice orgogliosa delle sue origini siciliane, che per lei rappresentano comunque una risorsa anche in un mondo, come quello cinematografico, molto restrittivo per le donne, Donatella Finocchiaro racconta di aver sentito una profonda connessione con il personaggio di Rosa Balistreri:
“L’ho sempre sentita molto vicina a me. Era una forza della natura, era ironica e sempre pronta alla battuta. Una cosa che sicuramente mi accomuna a lei è la voglia di urlare ‘no’, Rosa lo faceva di continuo. Io sento il desiderio di urlare ‘no’ all’uomo possessivo, all’uomo violento, all’uomo che impone la propria volontà, non solo in amore, ma anche sul lavoro, nei rapporti e nella vita di tutti i giorni. Purtroppo, anche io come lei ho subito le figure maschili e ancora oggi ho voglia di gridare sempre il mio nome come faceva Rosa“.