CARTOLINE DA CANNES

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Dopo la partecipazione a Cannes con un documentario, il nostro amico regista Pierre Filmon è tornato sulla Croisette. Ecco il diario di quei giorni particolari, tra visioni e incontri…

Ritornare a Cannes, ma non solo. Non solo ritrovare la sala dove ci fu l’anno scorso la prima del mio film su Vilmos Zsigmond, ritrovare il red carpet, i fotografi, le barriere e la folla tra cui si prova a muoversi per andare ad un appuntamento. Non solo, perché quest’anno è molto particolare per me. Un sogno realizzato, un sogno di cinefilo: vedere tutti i film del concorso, senza i problemi, i litigi e la corsa ai biglietti. Come mai ?
Sono membro della Giuria del Premio Vulcano che dà un premio al miglior tecnico di un film in competizione, per il quale bisogna vedere tutti i film nel concorso. Bisogna. Che fortuna, sì. Questo vuol dire che sono a Cannes per tutto il festival, una cosa che non mi è mai accaduta, tredici giorni e diciannove film da giudicare, ma in modo particolare:  dobbiamo concentrarci sulla tecnica, ovvero montaggio, immagini, suono e direzione artistica. Fate la prova a casa con un film che non avete mai visto  e vedrete che è una sfida affascinante. Cosa ne pensate del montaggio ? Cosa vi piace del suono? Non è facile, vero ? Si deve resistere al piacere del divertimento. Ma che piacere cercare l’invisibile dietro il visibile.
Ho visto la metà dei film in concorso, dal film russo di Zvyagintsev al film svedese di Östlund, passando per  Hazanavicius. Tutti di ottima qualità, offrono una diversità che regala una vista sul cinema del mondo molto eccitante. Cannes, che bellissima e stupenda galleria d’arte contemporanea. Artisti del mondo con una visione. Artisti con una visione del mondo. In mezzo alle proiezioni, corro da un appuntamento all’altro perché non sono solo un membro della giuria, sono anche un regista e a Cannes si trovano dei produttori cinesi, la delegazione ungherese, un direttore di un festival colombiano, i critici mondiali di grande fama, un cinematografo finlandese, l’amico americano. E quello italiano.
E l’evento? Incrociare Uma Thurman nei corridoi ? Vedere Dustin Hoffman ? Abbracciare il caro amico Darius Khondji ? Sì e no ! Domenica c’era una folla incredibile che bloccava l’entrata della sala Bunuel  ma sono riuscito ad entrare. Poi, tutti a tremare prima che entrasse. Che entrasse lui col grande nome sullo schermo. Entra e tutti si mettono in piedi ad applaudire per ben sette minuti, ad urlare, a tifare la grande star, il grande regista, ad emozionarsi respirando la stessa aria di Clint Eastwood.
Vi giuro, non ho potuto togliere la sguardo da Clint dal momento in cui è entrato in sala fino a che se ne andasse. Cosa c’è di tanto affascinante? La sua voce. Tutto il mondo conosce il viso e la voce di Clint. Ma ritrovarsi con la sua voce, la sua modestia. Non c’è paragone. Alla domanda del critico che faceva l’intervista: «Come vede la sua vita?»,  Clint ha sorriso, ha riflettuto in un silenzio assoluto poi ha detto: «Beh, sapete, è come al golf, prima di dare un colpo, si dice: Meglio essere fortunato che essere bravo…».
Pierre Filmon

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