#Pesaro59 – Carlo Verdone si racconta e presenta Borotalco

Ospite della Mostra, l'attore e regista ha ripercorso la genesi e l'importanza del film e ha ricordato gli amici Francesco Nuti e Alberto Sordi

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Era una Piazza del Popolo affollata quanto entusiasta quella che il 23 giugno alla 59ma Mostra Internazionale del Nuovo Cinema – Pesaro Film Festival, ha accolto Carlo Verdone, per la presentazione di uno dei suoi primi e più amati lungometraggi, Borotalco (1982). Il popolarissimo attore e regista romano (di ritorno dopo l’estate con la seconda stagione della sua serie tv Vita da Carlo, in streaming su Paramount+) ha ricevuto l’omaggio della città marchigiana per mano del sindaco Matteo Ricci e si è intrattenuto per una lunga e densa conversazione con Barbara Sorrentini e il direttore artistico della Mostra Pedro Armocida.

Tra le altre cose, un momento particolarmente toccante è stato dedicato alla memoria del recentemente scomparso Francesco Nuti: «Nessuna emittente televisiva ha trasmesso un suo film: è grave», ha sottolineato Verdone, rievocando i comuni esordi col programma televisivo Non stop, nel 1978. «Io, Troisi, Nuti (Benigni non lo so fino a che punto…), che eravamo chiamati “i nuovi comici”, riuscimmo a far chiudere i cinema a luci rosse e a portare una ventata nuova di tematiche nella commedia. Francesco lo ricorderò sempre come un caro amico, una persona geniale, purtroppo nato forse sotto una stella non positiva. Però ha lasciato delle pellicole molto buone e lo avremo sempre nel cuore. Io gli vorrò sempre bene».

E a proposito di pellicole rimaste nel cuore, Verdone non ha usato mezzi termini nel descrivere l’importanza avuta da Borotalco per la sua carriera. «Se non ci fosse stato, e se non avesse avuto quel successo, probabilmente non saremo qui stasera a parlare».

Già, perché, racconta l’ospite, malgrado l’ottimo riscontro dei precedenti Un sacco bello e Bianco, Rosso e Verdone, «i produttori, tra i quali c’era anche Sergio Leone, il mio primo padrino artistico che ha creduto in me, si misero in testa, e potevo anche essere d’accordo con loro, che io avendo già “sparato” tutti i personaggi in quei due film, non avrei avuto la capacità di affrontare un film a personaggio “unico”, con la mia faccia, senza parrucche, senza trucchi. E quindi si allontanarono. Io mi ero sposato, era umiliante dentro casa: stavo sul divano, mia moglie usciva e mi diceva: “Ma non lavori oggi? Ma Sergio Leone, la Medusa?”. “Se ne so’ annati”. “Ma perché se ne so’ annati?”. “Perché il cinema è ‘na stronzata!”. Mi misi in testa che forse la mia carriera era già finita».

Segue un periodo durante il quale l’attore-regista pensa addirittura di rispolverare gli studi umanistici e tentare la carriera accademica. Finché il suo agente, Guidarino Guidi, non gli telefona informandolo di aver fissato per lui un appuntamento col produttore Mario Cecchi Gori. Il quale «mi disse: “Ho visto in ritardo Bianco, Rosso e Verdone, m’è piaciuto, ma soprattutto per un personaggio, l’emigrante: ti voglio far firmare un contratto con me. Ma non voglio i personaggi”. Gli dico: “Io la vorrei tanto abbracciare, è il mio sogno!”».

Segue il lavoro sulla sceneggiatura insieme a Enrico Oldoini: «Grazie anche al suo aiuto, in undici mesi scrivemmo Borotalco. Avevamo idee su idee, le cestinavamo ogni giorno. Finalmente l’illuminazione: facciamo una storia d’amore di due mitomani, lui più fragile di lei, che possa rappresentare la musica, i colori, l’atmosfera degli anni Ottanta, attraverso una commedia degli equivoci. Siamo partiti così».

Il film, che è anche e un tributo al cantautore Lucio DallaSecondo me è esploso nella sua piena creatività proprio negli anni Ottanta», afferma Verdone) potrà contare poi su un cast a dir poco azzeccato, la cui formazione viene ripercorsa dal cineasta: «Inizialmente, Oldoini voleva dare la parte di Manuel Fantoni, poi interpretato splendidamente da Angelo Infanti, a Gassman. Io dissi: “Tanto di cappello, ma andiamo su un personaggio nuovo, originale!».

Alla co-protagonista Eleonora Giorgi, si uniscono poi «Isa Gallinelli, una ragazza che faceva teatro in strada ad Ostia, molto brava, poi Mario Brega, che ripresi da Bianco, Rosso e Verdone e Un sacco bello, Christian De Sica che fa il mio compagno di stanza: un bel mosaico di attori. Alla fine è nato questo film che mi ha dato tante soddisfazioni, tanto successo, facendomi sentire per la prima volta un attore che ce la poteva fare da solo pur non facendo i personaggi».

Qualche problema lo diede il titolo: «L’ho inventato io, come quasi tutti i titoli dei miei film. Perché questa storia era come una nuvola di borotalco, leggera se vogliamo, candida, gradevole, fumettistica, da piccolo fotoromanzo». E però, quando iniziò la promozione, «immediatamente la Manetti & Roberts ci fa scrivere dagli avvocati che ci avrebbe fatto causa. Dissero che il borotalco l’avevano inventato loro, non esisteva come sostanza. Cecchi Gori partì con la macchina per fare una lunga trattativa. Chiesero dei soldi, lui disse: “Facciamo una cosa: se il film va bene per voi è una pubblicità spaziale, se il film va male vi do una parte di quello che mi avete chiesto”. Il film andò talmente bene che la Manetti & Roberts stette buona».

Verdone si è soffermato anche sull’origine del cameo di Moana Pozzi (incontrata per caso nell’appartamento di Trastevere che doveva fare da casa al personaggio di Eleonora Giorgi, poi di nuovo a cena da Massimo Troisi) e sul forte apprezzamento che il film suscitò anche in suo padre, il docente e critico cinematografico Mario Verdone, che lo ritenne il preferito tra i lavori del figlio, «a prescindere da quello che farai».

Borotalco è certamente un’opera chiave anche per la rappresentazione delle figure femminili nel cinema verdoniano. Al tempo, dopo le battaglie femministe, l’immagine della donna «era completamente cambiata: ecco perché la Giorgi è molto più dinamica e svelta di me, e io molto più imbranato. Sia io che Troisi abbiamo creato dei personaggi molto imbranati di fronte alle donne, che erano completamente diverse dalle interpreti degli anni Sessanta e in parte Settanta, “rimorchiate” da Sordi, Gassman, Tognazzi».

Una situazione che, ammette il regista-attore, «per me era l’ideale perché io, se voglio dare il meglio nella performance, devo essere costantemente messo in difficoltà nei miei film, e chi meglio di una donna mi può mettere in difficoltà?». Sempre riguardo al suo rapporto con l’altro sesso, confessa: «Nella mia vita privata ho più amiche che amici, non so per quale motivo. Io ho sempre stimato di più le donne, perché ascoltano di più, sono più “psicologhe”, più forti, per lo meno quelle che ho conosciuto e conosco io». Laddove l’uomo, spesso, «è molto infantile». L’ospite ha chiosato: «Vorrei essere ricordato come un regista che esaltava e amava le sue attrici».

Durante la serata, Verdone ha inoltre parlato del suo importante legame artistico e umano con Alberto Sordi: «Lo ricorderò sempre come qualcuno che mi ha veramente voluto bene, e io ho veramente voluto bene a lui. Non era facile diventare amici di Alberto Sordi, perché nel pubblico aveva sempre la sua risata contagiosa, ma quando tornava a casa era un uomo molto austero, era un po’ Dr. Jekyll e Mr. Hyde, era geloso della sua privacy. Probabilmente era una reazione al grande, continuo abbraccio della folla».

Tra i momenti più emblematici del rapporto tra i due, l’anteprima alla Fonoroma per la commedia In viaggio con papà, con il giovane Verdone già preparato a vedere sforbiciate le scene dove compariva lui. E invece il regista-protagonista Sordi «non solo aveva lasciato tutta la mia parte, ma aveva tagliato la sua. Questa cosa mi colpì molto».

Il mattatore di Un americano a Roma fu anche presente in due circostanze particolarmente significative della vita di Verdone, la malattia della madre e la nascita della figlia Giulia. Durante la cena a casa per festeggiare quest’ultimo evento, Sordi «si presentò con un vaso di orchidee e disse: “Questa è per Giulia, piantatela bene perché deve vivere sempre, quest’orchidea”. Ci commosse. E l’orchidea, dal 1986, è ancora viva. E ogni volta che la vedo penso a Alberto Sordi».