Tim Burton alla Festa di Roma: “lavorare per la Disney mi ha traumatizzato”

Il regista risponde sul suo cinema e si confessa pubblicamente.

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Tim Burton (Ansa)

Sono tutti per lui il pubblico e la platea della Festa di Roma, che da giorni aspettava l’arrivo di Tim Burton come un vero e proprio avvento. E il miracolo si è compiuto. Il regista ha risposto a ogni tipo di domanda, su di sé e sul suo cinema, dal suo film preferito ai personaggi più cari, nonostante la “paura” di essere sul palco dell’Auditorium che non lo ha fatto dormire ieri notte e dove riceverà un importante Premio alla Carriera.

Scherza ovviamente, affrettandosi a definire gli incontri in programma “meravigliosi, con persone fantastiche”. Ma non scherza quando si parla della sua ultima fatica, il Dumbo del 2019 che qualcuno vorrebbe rivedere in un sequel, ma che il regista ricorda ancora senza molto piacere…

“Dopo quel film ho avuto quasi un esaurimento nervoso. Mi son reso conto che era la mia storia, io ero Dumbo, una specie di creatura che lavorava alla Disney. Alla fine del film mi sono accorto che era una sorta di autobiografia. E’ anche per questo che non ho più fatto film da allora. Sono ancora traumatizzato”.

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In compenso negli ultimi mesi ha lavorato alla serie su Wednesday, in Romania, che vedremo tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023. “Il personaggio principale è simile alla Lydia di Winona Ryder in Beetlejuice – Spiritello porcello, ma con più spessore”, racconta aprendo il capitolo relativo al suo cinema. Il suo film preferito, tra i tanti fatti? “Forse Vincent, perché dura solo 5 minuti”. E tra i personaggi? “Edward mani di forbice ed Ed Wood. Non indosso abiti femminili, ma a parte ciò… sono quelli che mi assomigliano di piu”.

Proprio Edward però potrebbe avere un seguito, soprattutto ispirandosi al fumetto di Kate Leth e Drew Rausch. “Dopo aver visto la versione porno Edward Penishands del 1991 mi son detto che forse lo avevano già fatto. Son sempre pronto alle sperimentazioni, ma quanto a questa, lasciamo perdere…”, ha scherzato il Burton, che parlando di esperienze passate e future è tornato sulla collaborazione con la Walt Disney, chiamata in causa per le versione Live-Action dei suoi classici. “Sono responsabile anche io, ma francamente non sono più un grande fan di questo tipo di film e non avrei voglia di rifarne. Con una sola eccezione, quella di Red e Toby nemiciamici.

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E quanto alla Stop motion a lui tanto cara? “E’ uno strumento importantissimo. Ho sempre qualcosa in mente – ha rivelato, – ma niente di particolare in cantiere. Ci vogliono grandi artisti per quel tipo di animazione, e ogni volta che l’ho fatta ho sempre radunato un team di persone dalla grandissima professionalità. Di certo, ho intenzione di continuare a farlo in futuro”.

Nessun rimpianto sui film fatti? “No, nessuno. Non mi piace nemmeno il concetto. Una volta qualcuno ha detto che tutti i film sono come dei figli. Si possono fare degli errori, ma c’è sempre un motivo per tutto quel che ho fatto. Se qualcosa non è andato bene, pazienza, ma quello che fai è parte di te. Di ogni progetto ti restano ricordi belli e brutti, forse alcune cose non le rifarei, ho imparato la lezione, ma niente pentimenti. Almeno non ancora”.

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Un bilancio che viene da un processo creativo che nasce sempre da argomenti o passioni fortemente sentite. “Sono un paio di anni che non faccio film, ma è ancora così – conferma il regista. – Anche quando si è trattato di progetti non miei, è sempre necessario che io provi passione, entusiasmo, una emozione forte che mi porti a scegliere qualcosa che mi attira”. Sul quale lavorare con una formula molto particolare: “In genere si va a un bar e si prende da bere, un paio di bicchieri e poi si vede”, scherza, prima di tornare serio: “Oggi come allora, passo molto tempo a guardare il cielo, fuori dalla finestra, è importante guardare le cose per scorire qualcosa di diverso. Sognare a occhi aperti è qualcosa che ho sempre fatto, ma mi sono sempre sentito diverso dagli altri, e ho sempre visto le cose in maniera differente, ma non è stata una scelta”.

Un sognatore, insomma, oggi come ieri, sin da ragazzino? “Ho sempre avuto sogni. Non a caso adoro il cinema, e lo adoravo da piccolo. Mi considero fortunato, in fondo questo mestiere mi permette di continuare a sognare a occhi aperti. Ma essere creativi aiuta, in qualsiasi campo ci si muova, credo sia importante per se stessi”.

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Appuntamento dunque sul Red Carpet e nell’Incontro Ravvicinato che lo riguarda e nel quale gli verrà consegnato il Premio alla Carriera della Festa del Cinema di Roma. “Un po’ come essere al proprio funerale, sei morto e qualcuno ti premia, – si schermisce. – Scherzi a parte, è un premio importantissimo che viene da una città e un Paese che amo. Come ho sempre amato Bava, Fellini, Dario Argento, grandi registi italiani, o Dante Ferretti, con il quale ho lavorato, tutti artisti che hanno un posto speciale nel mio cuore”.