Il buco in testa – recensione – TFF38

In anteprima al TFF il nuovo film di Antonio Capuano (in uscita nel 2021), con Teresa Saponangelo, Tommaso Ragno e Francesco Di Leva. Lo hanno presentato il regista e l’attrice.

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Tommaso Ragno e Teresa Saponangelo. Credit foto Nunzia Esposito

Al Torino Film Festival è il turno di Antonio Capuano, che ha presentato nella sezione Fuori Concorso il suo nuovo film Il buco in testa (online fino a giovedì alle 14), insieme all’attrice protagonista Teresa Saponangelo. E proprio nell’anno in cui a Venezia ha fatto discutere il Padrenostro con Pierfrancesco Favino, arriva un altro film che rievoca le ferite (o i “buchi”) degli Anni di Piombo, segno di un’elaborazione tuttora in corso da parte del nostro immaginario, cinematografico e non solo. Nel caso di Capuano, si parte dalla vicenda reale di una donna, Antonia, figlia di un poliziotto ucciso (quando lei non era ancora nata) nel 1977, che decide trent’anni dopo di incontrare l’assassino del padre. Una storia che il regista ha scoperto casualmente, ascoltando la radio: «Subito pensai che quell’emozione, quella storia, dovevo trasferirla, muoverla avanti», racconta Capuano, «la vita di quella ragazza “nata morta”, come lei diceva di sé, bisognava farla conoscere, rivivere».

Dal confronto con la vera Antonia nasce Maria, la protagonista de Il buco in testa. E il film, come ha sottolineato il regista, vuole essere prima di tutto il ritratto di una donna, di «quello che lei cerca, quello che lei tenta affannosamente di capire»: tra solitudine, dubbi, difficoltà affettive e lavorative, e soprattutto una rabbia che potrebbe persino esplodere in vendetta, o forse mutare in qualcos’altro. Le dà corpo e voce un’intensa Teresa Saponangelo (tra i molti premi della sua carriera teatrale, l’Ubu nel 2000 per Il tartfuo), che proprio con Capuano ebbe uno dei suoi primi ruoli cinematografici, nel film Pianese Nunzio, 14 anni a maggio (1996). Un’interpretazione, quella per Il buco in testa che «mi ha permesso di esprimere anche il mio dolore», racconta l’attrice, lei stessa rimasta orfana di padre in tenera età: «quando uno perde una figura così importante è diffidente nei confronti nella vita». Parlando invece di Capuano, l’attrice lo definisce un «regista coreografo: devi imparare a seguire il suo ritmo che è un ritmo interiore, emotivo».

Francesco Di Leva e Teresa Saponangelo. CREDIT_FOTO-Nunzia-Esposito

Attorno a Maria, una galleria di personaggi non meno sfaccettati e sofferenti: dalla madre (Vincenza Modica) chiusa luttuosamente nel mutismo e in un lavoro frenetico, all’amico Fabio (Francesco Di Leva), insegnante diviso tra l’impegno con i ragazzi e la tentazione di farsi giustizia da sé in una società sempre più ingiusta e malata. Proprio il circolo della violenza è uno dei temi chiave dell’affresco umano e sociale  di Capuano, che ancora una volta lavora sui contrasti tra brutalità e tenerezza, dannazione e grazia che ci caratterizzano: «Siamo meravigliosi e pessimi», sintetizza. E complesso è anche il personaggio di Guido Mandelli (Tommaso Ragno), ex militante di Autonomia Operaia che in quel giorno di maggio 1977, nel clima avvelenato da bombe e strategie golpistiche, cede per la prima, fatale volta alla tentazione di usare la pistola, provocando la morte di un altro ragazzo sfruttato dal sistema, come gli rinfaccerà la stessa Maria.

Come in tutto il cinema di Capuano, poi, co-protagonista fondamentale è la città di Napoli (a cui si alterna qui una Milano sospesa tra passato e presente), restituita tra afflato emotivo e attenzione al malessere sociale. E c’è l’amore per il cinema, in un film dedicato agli «antenati e maestri» Lumière (apre, non a caso, l’arrivo di un treno) e allo scomparso Gianni Minervini, amico di Capuano e produttore dei suoi primi film. A produrre Il buco in testa, invece, è stata la Eskimo di Dario Formisano (con Rai Cinema, Minerva Pictures e Mad Entertainment). Uscita prevista nel 2021, per un’opera che certo meriterebbe una visione in sala, come sottolinea Saponangelo: «Non puoi apprezzare un’inquadratura di Capuano, come un piano-sequenza sul mare di Torre del Greco, ridotta in un telefono o in un computer». E d’altronde, come dice con una punta di sano ottimismo lo stesso Capuano, «il cinema al cinema esisterà sempre».