CANNES, DIARIO DI BORDO 18 MAGGIO: DA “LOUDER THAN BOMBS” AL RITORNO DI SISSAKO

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Oltre al buon cartoon Inside Out e alla Loi du marché, è stato il giorno di Louder Than Bombs e dell’arrivo di Sissako, in concorso lo scorso anno con il magnifico Timbuktu. Quest’anno l’autore mauritano è presidente di Cinéfondation e Giuria cortometraggi.

Louder Than BombsDavanti al dolore degli altri
Louder Than Bombs ha un buon inizio e alcune scene potenti. Bravi e in parte tutti i giovani attori. Nel complesso però il film è un’opera pretenziosa e poco originale. Le sequenze migliori sono quelle sulla normale assurdità della vita quotidiana adolescenziale negli Usa di oggi: i rivoli di liquidi in una notte alcolica, la banalità della prima cotta, certi dettagli sull’ossessione per i videogiochi “sparatutto” di un ragazzino depresso. Niente di nuovo, ma almeno raccontati con uno sguardo sentito e sincero. Quando il regista gioca a fare il visionario alla Van Dormael – con la voce di Isabelle Huppert fuori campo – diventa fastidioso. Senza contare che il soggetto di una fotografa di guerra che si suicida verrebbe bocciato a qualsiasi scuola di sceneggiatura.
Anche se la fotografa è la Huppert.

La lezione di Sissako
Oggi a Cannes c’è stata anche la prima apparizione pubblica del grande regista Abderrahmane Sissako, presidente della Cinéfondation e della giuria cortometraggi. «Non credo di essere un portavoce del cinema africano o dell’Africa. Ogni filmmaker rappresenta il proprio cinema e il proprio sguardo sul mondo. Ho dei valori, ma non credo appartengano a nessun luogo, sono valori del mondo e condivisibili. Nel mio paese i valori in cui credo e a cui tengo spesso sono messi in pericolo di vita ».
In occasione della recente masterclass che ha tenuto all’ottimo Festival del Cinema Africano d’Asia e America Latina di Milano l’autore mauritano ci ha raccontato: «Arrivato alla scuola di cinema mi chiesero i miei film preferiti e io citai Lo chiamavano Trinità e Django perché da ragazzo amavo quel cinema popolare. Di registi non ne conoscevo molti. Solo in seguito ho studiato il neorealismo, il cinema tedesco e quello americano, soprattutto John Ford e John Cassavetes. Ma credo si debbano cominciare gli studi senza troppe influenze, come fu per me ».

Bagatelle in proiezione
In chiusura chiediamo a chi era presente in sala alla proiezione stampa di Mon roi di ieri mattina di aiutarci a svelare il mistero delle grida sui titoli di coda di un giornalista italiano. Si distinguevano un «Dopo… dopo! Canaglia! ». A chi era rivolto? “Canaglia” era dai tempi di Céline che non si sentiva in sala.

Luca Barnabé