LA ISLA MINIMA – LA RECENSIONE

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Id. Spagna, 2014 Regia Alberto Rodríguez Interpreti Javier Gutiérrez, Raúl Arévalo, Antonio de la Torre, Nerea Barros, Salva Reina, Jesús Castro, Manolo Solo Distribuzione Movie Inspired Durata 1h e 45’ Vai al sito ufficiale

In sala dal

3 dicembre

 

Andalusia, 1980. Nelle zone più paludose del Sud della Spagna, là dove vive una comunità “a parte”, opera un serial killer di ragazze. A due detective di Madrid il compito di stanarlo. Sorprendentemente, i poliziotti metropolitani non raccolgono molte simpatie tra le paludi, i fiumi e le terre riarse della zona. Non solo, i caratteri dei due, Juan e Pedro, a contatto stridono e rivelano incomprensioni e visioni della società profondamente divergenti (l’ombra sinistra del franchismo incombe sulle coscienze di molti).

Un poliziesco con tutti i sacri crismi, tanto che a volte sembra di trovarsi nel cuore di quelle indagini impastoiate di superstizioni e folklore contadino tipico di tanti thriller ambientati nel profondo country degli Stati del Sud degli Usa. I clichès (caratteri disturbati degli anti-eroi, particolari su oggetti che saranno in seguito di importanza fondamentale, i caratteri di contorno con tanti tipi bizzarri – e armati – a colorare) sono ossequiati con stile e maniera, in più il regista andaluso Alberto Rodríguez sfrutta una natura splendida (tutti nella provincia di Siviglia, parchi nazionali compresi) e carica l’atmosfera di inquietudini arcane (uccelli, fiumi fangosi, tramonti di fuoco, campi enormi di sterpaglie, impressionanti vedute aeree). Se poi tocca questioni storiche e sociali ben più grandi, il cineasta lo fa con competenza e scioltezza, mentre tutt’altro che puerile appare il suo soffermarsi sui problemi ontologici della fotografia, dell’immagine e gli equivoci della visione (un Antonioni più pulp?). Tanti i Goya (gli Oscar nazionali) vinti (ben 10, tra cui film, regia, premi tecnici e al protagonista Javier Gutierrez e alla rivelazione Nerea Barros), mentre San Sebastian lo ha segnalato sempre per Gutierrez e per la splendida fotografia di Alex Catalàn.

Massimo Lastrucci